I nuovi spazi si faranno, ma la Provincia ha inviato una lettera di protesta a Roma affinché il Ministero riveda la propria posizione. Sono perplessi il governatore Ugo Rossi e l’assessore Luca Zeni a fronte del diktat di Roma che impone la riapertura del punto nascita di Cavalese a patto che vengano realizzate due nuove sale operatorie. Critico Ioppi (presidente dei medici).
M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 24 marzo 2018
La «controreplica», annunciata, è arrivata a stretto giro di posta: di fronte ai «paletti» posti da Roma per la riapertura del punto nascita di Cavalese (Corriere del Trentino di ieri), il governatore Ugo Rossi e l’assessore Luca Zeni ieri hanno messo nero su bianco, in una lettera inviata al Ministero della salute e al Comitato percorso nascita nazionale, la loro «sorpresa e la perplessità» di fronte a una posizione giudicata «eccessivamente formalistica». Chiedendo allo stesso tempo di rivedere l’indicazione e quindi di poter riaprire il punto nascita fiemmese senza dover realizzare le due nuove sale operatorie prospettate. «Non condividiamo l’interpretazione data» ha chiarito ieri al termine della riunione di giunta Zeni, che però nel frattempo, in attesa di conoscere la risposta del ministero, è corso ai ripari. E ha avviato l’iter per la costruzione dei nuovi locali (una seconda sala parto e una sala operatoria sempre pronta per le emergenze del blocco travaglio-parto). «Gli spazi, nell’attuale ospedale di Cavalese, ci sono» ha assicurato l’assessore. «Ora — ha aggiunto — l’Azienda sanitaria avrà il compito di effettuare tutte le verifiche. Ci vorrà un po’ di tempo». Eppure, poco distante, sorgerà il nuovo ospedale. Uno spreco? Zeni ha allontanato l’idea: «Quando c’è una transizione da un ospedale all’altro — ha spiegato — si creano queste situazioni. Come sta succedendo per il Santa Chiara. Del resto, dobbiamo garantire la funzionalità del servizio».
L’assessore, presentando la richiesta da inviare a Roma, ha ripercorso la tormentata vicenda. Soffermandosi sull’ultimo parere, datato fine febbraio. «Per la prima volta — ha sottolineato — il comitato nazionale sancisce il fatto che si possano impiegare liberi professionisti se il primario si assume la responsabilità». C’è però l’altro punto. Meno positivo per Cavalese: «L’interpretazione del comitato tratta la sospensione dell’attività come una chiusura e considera quindi la riapertura come una nuova struttura, con la necessità di possedere quindi tutti gli standard. Questo è un principio nuovo». Che Piazza Dante, ha aggiunto Zeni, ha provato subito a contrastare: «Abbiamo chiesto una verifica rispetto al contenuto, per capire quali margini potevamo avere. Ci hanno confermato quanto espresso e quindi abbiamo avviato le verifiche tecniche. Ma nel frattempo chiediamo al comitato nazionale di rivedere l’interpretazione data, che non è basata su disposizioni vincolanti e che non condividiamo: la nostra intenzione è di procedere alla riapertura senza dover fare i lavori».
L’assessore ha risposto anche alle critiche. «La minoranza — ha detto — è sempre in campagna elettorale. Sia chiaro: sul piano della sicurezza delle donne, non è in dubbio il fatto che la procedura che c’era in passato e che ci sarebbe con la riapertura rimane la stessa. Vale a dire: tutti i parti non fisiologici devono essere accentrati a Trento. In sostanza, se una gravidanza presenta dei problemi, va gestita al Santa Chiara. Lo Stato consente di dare delle deroghe, a certe condizioni, per mantenere aperti dei punti nascite. In questo caso considerando un disagio orografico. Questa, dunque, è una scelta politica, per venire incontro a un territorio di montagna».
Ma nonostante le spiegazioni dell’assessore, sulla questione le critiche del centrodestra non si placano. Anzi. «I cittadini sono stati presi in giro, Zeni ammetta la chiusura definitiva del punto nascite» tuonano Claudio Cia, Manuela Bottamedi, Walter Kaswalder e Maurizio Fugatti. Lo stesso Fugatti, insieme alla compagine parlamentare leghista, ha presentato una interrogazione al Ministero per chiedere la riapertura della struttura di Cavalese. Cgil, Cisl e Uil infine invocano l’accantonamento di «polemiche e strumentalizzazioni» politiche, per realizzare «in tutte le valli presidi sanitari di qualità, che garantiscano tutto il percorso nascita. L’obiettivo deve essere la tutela della donna e del bambino».