Tre ore e mezzo di confronto serrato non sono bastate. E, viste le premesse, lo si poteva quasi mettere in conto. Così venerdì sera, poco prima di mezzanotte, i vertici del Partito democratico hanno deciso di «sospendere» l’assemblea provinciale (troppi gli interventi ancora in scaletta per evitare di fare le ore piccole). Per riconvocarla la prossima settimana — probabilmente venerdì — e arrivare (forse) a una decisione.M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 11 marzo 2018
Sul tavolo, le dimissioni del segretario Italo Gilmozzi. E la proposta del coordinamento dem di creare un quadrumvirato composto dalla presidente del partito Donata Borgonovo Re, dal capogruppo provinciale Alessio Manica, dal vicepresidente di Piazza Dante Alessandro Olivi e dal senatore Giorgio Tonini che si occupi, nelle prossime settimane, di elaborare un documento politico di rilancio del partito, di riprendere in mano l’accordo con l’Upt e di confrontarsi con il centrosinistra autonomista. Per arrivare quindi alla scelta di un traghettatore o alla convocazione (più difficile) di un congresso.
Ma l’indicazione di una soluzione unitaria, come si sa, non è proprio la specialità dei dem. E anche venerdì la linea non è cambiata, lasciando molti punti in sospeso.
Con i candidati «bocciati» domenica alle urne — Elisa Filippi, Mariachiara Franzoia e Michele Nicoletti — i democratici (un centinaio quelli presenti) si sono concentrati sull’esito del voto. Senza sconti sul fronte della critica («È mancata la presenza sul territorio» è stato il commento rimbalzato in più di un intervento) ma con lo sguardo proiettato al futuro. «C’è voglia di rilancio» ha spiegato più di un esponente all’uscita della riunione. Sulla questione della leadership, però, ci si è arenati. O meglio, se ne riparlerà la prossima settimana. Non senza incognite.
Gilmozzi, infatti, presentando le sue dimissioni ha fatto capire di non voler tornare indietro. Pur non usando mai la parola «irrevocabili», il segretario ha legato la sua decisione di lasciare a motivazioni politiche (con termini anche aspri: ha parlato infatti di «inadeguatezza») ma anche a questioni più personali: da tempo l’assessore comunale mostra segni di stanchezza e la partita per la definizione delle candidature lo ha definitivamente «sfiancato».
«Siamo tutti colpevoli del risultato elettorale: per questo Italo deve rimanere» ha però precisato nel suo intervento Elisa Filippi. Una considerazione condivisa da molti componenti dell’assemblea.
Quindi? Vista la sospensione di mezzanotte, l’assemblea non ha votato alcuna risoluzione, rinviando per ora le dimissioni. Senza, peraltro, alcuna certezza che venerdì prossimo diventino effettive, con l’avvio del lavoro del quadrumvirato. Nel partito, infatti, le posizioni vanno in direzioni diverse. E a sette giorni dall’assemblea è difficile dire quale prevarrà.
Una cosa è certa: Gilmozzi non è intenzionato a fare dietrofront. E, con buona pace di chi vorrebbe mantenerlo alla guida del partito, difficilmente cambierà idea. Allo stesso modo, sono in molti a vedere di buon occhio la costituzione del quadrumvirato, con mandato a tempo (si parla di un paio di settimane) e la scelta, alla fine del lavoro, delle modalità di guida del partito: un congresso per l’individuazione di un nuovo segretario o la nomina di un traghettatore. Ipotesi, quest’ultima, che sembra preferita alla prima: convocare un congresso in piena campagna elettorale per il delicato appuntamento alle urne di ottobre sembra a tutti infatti una sorta di «suicidio». Ma anche la proposta di un traghettatore non sembra incassare tutti questi favori in casa dem.
Il quadrumvirato, però, non piace a tutti. Chi vorrebbe mantenere Gilmozzi alla guida del partito — per vari motivi — ovviamente non sorride all’idea di doversi rapportare, invece che con l’assessore di Palazzo Thun, con un gruppo di quattro figure non proprio di secondo piano all’interno dei dem. Non è escluso, quindi, che da qui a venerdì ci si muova per cercare di «smontare» la prospettiva e spingere invece verso una soluzione di continuità.
Intanto, gli occhi sono puntati su Roma: domani si riunirà la direzione nazionale del Pd convocata per affrontare la questione delle dimissioni del segretario nazionale Matteo Renzi e decidere come muoversi. Le indicazioni dei vertici romani, soprattutto sulla convocazione del congresso, peseranno sugli orientamenti del partito locale, che venerdì dovrà tener conto anche di questo fattore.
Sullo sfondo rimane un dibattito interno alla coalizione che, per ora, resta «appeso» alla discussione del suo partito più rappresentativo. Se venerdì il vertice regionale è stato rinviato per attendere le decisioni Pd, di sicuro Rossi non potrà convocarlo la prossima settimana.
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