Il suo è un osservatorio privilegiato. E non è un modo di dire. Michele Nicoletti, onorevole uscente del Pd, dallo scorso 23 gennaio è presidente dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Nicoletti, docente universitario, la scorsa legislatura venne eletto sul proporzionale. Ora corre nel collegio della Camera di Rovereto, prestando attenzione ai problemi del territorio, ma l'esperienza europea gli restituisce una "lettura" del Trentino diversa, meno permeata di localismo. E con una valenza molto interessante.G. Tessari, "Corriere del Trentino", 15 febbraio 2018
Nicoletti, l'Europa "conosce" l'esistenza di un Trentino autonomo, speciale?«A livello europeo noi siamo ben conosciuti per la nostra autonomia. E questo vale per il modo in cui abbiamo risolto pacificamente, e positivamente, la convivenza tra comunità diverse e la tutela delle minoranze linguistiche. Questo, anche aldilà delle nostre aspettative, è un modello studiato e spesso portato come esempio soprattutto nelle situazioni di crisi che si registrano, per esempio, in Europa orientale».
Modello vero, concreto, aldilà della retorica, insomma.«Veniamo citati quando si discute, per esempio, delle minoranze russe in Ucraina. Per non citare la Catalogna: il modello regionale del Trentino Alto Adige è considerato tra i più avanzati ed è annoverato, diciamo così, tra le storie di successo. Sono stati rispettati i diritti delle minoranze che si sono bene integrate in una comunità nazionale. E tutti sanno che da noi la qualità della vita è molto alta».
E l'aspetto contrario? Come vedono i trentini l'Europa? E' vero che in molti casi la gente si lagna per le regole che impone Bruxelles? O è una caricatura?«Debbo dire che, parlando con la gente, io non raccolgo questa impressione negativa. Sì, ci può essere della sofferenza nei confronti di alcune misure considerate troppo vessatorie a livello di burocrazia. Ma mi sembra di poter dire che i cittadini che incontro io sono molto europeisti. Sanno perfettamente che il futuro della nostra società, quello dei nostri figli, può essere garantito solo da una forte integrazione europea. I trentini sanno perfettamente bene un'altra cosa».
A che cosa si riferisce?«Che se ci dovesse essere una chiusura nazionalista le prime vittime saremmo noi: rifarebbero la frontiera al Brennero e la nostra ricchezza, quella di essere un canale di comunicazione, si andrebbe ad esaurire».
L'Europa dovrà occuparsi in maniera sempre più completa della gestione dei grandi flussi migratori.«Assolutamente sì. In questa legislatura si è lavorato per realizzare quest'obiettivo, reagendo dopo la tragedia di Lampedusa con l'operazione Mare Nostrum: prima era solo italiana poi, in cinque anni, si è arrivati ad un 'operazione coordinata».
Onorevole, torniamo in Trentino. Anche qui si può fare di più sul tema.«Sì, non in tutti i Comuni è scattata l'accoglienza diffusa. Ma noi non dobbiamo cercare solo delle soluzioni di abitazione, i nostri cittadini vogliono vedere un'integrazione positiva, quindi con i profughi accolti positivamente. Se contribuiscono alla vita della comunità sono accolti, questo vale dappertutto, in modo positivo. Le soluzioni solo assistite alla lunga non vengono capite».
Cosa coglie girando in questi giorni per il suo collegio, quello di Rovereto?«Ci sono ancora i segni di una crisi economica, molto significativi soprattutto nel settore dell'edilizia. Quindi dobbiamo avere un'attenzione particolare sulla questione del lavoro. Sono zone che hanno pagato un prezzo alto alla crisi e che hanno bisogno di un approccio speciale, anche se la Provincia è già intervenuta in modo significativo. C'è ancora un disagio ed una sofferenza da ascoltare e sui cui intervenire».
Cos'altro?«Registriamo una notevole sfiducia nei confronti della politica. Qualche volta questo atteggiamento è dovuto ad una macchina amministrativa che è percepita come complicata e lenta. Una burocrazia che rende difficile la vita non solo alle imprese ma anche alle scuole. Quello della semplificazione è un grande tema cui noi dobbiamo mettere mano».
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