I numeri parlano chiaro: alla fine del 2009 i municipi trentini erano 223, oggi sono 176. Nel 2020 diventeranno 166 (Corriere del Trentino di domenica). Ma la cosiddetta «contro-riforma Daldoss» ancora divide, più che unire. Tra chi preferirebbe qualche aggiustamento, chi la rifarebbe in toto e chi preferisce trincerarsi dietro un «no comment» carico, in realtà, di significato.
S. Pagliuca, "Corriere del Trentino", 9 gennaio 2018
«La riforma dei Comuni è un buon risultato che tutta la maggioranza deve rivendicare, ma sulle Comunità di valle dobbiamo rimettere in discussione quanto fatto» — riflette il capogruppo Pd, Alessio Manica. Il problema principale sta nella coerenza: «Non possiamo chiedere alle Comunità di essere sempre più centrali per le questioni urbanistiche e per il sociale, vedasi la recente riforma sul welfare anziani, e poi depotenziarle politicamente» — affonda Manica. E chiarisce: «Nella prossima legislatura bisogna rimettere mano al tema dell’elezione indiretta, sulla quale per altro ho sempre avuto delle perplessità, puntando a una maggiore coerenza tra legittimità politica e competenze istituzionali». Chi invece sulle Comunità di Valle si scalda davvero è Geremia Gios che non lesina stoccate alla precedente riforma targata Dellai – Gilmozzi. «Quel testo era chiaramente incostituzionale tanto che abbiamo fatto ricorso e abbiamo vinto. Anche oggi, però — rileva — le cose non vanno meglio». La causa? «Un errore ideologico: il potere si condivide, non si delega. E con l’attuale riforma siamo nella seconda situazione — chiosa il professore auspicando una revisione dell’impianto. E provoca — se le Comunità devono essere ciò che sono oggi, tutto questo apparato non serve». Spostando poi il fuoco su fusioni e gestioni associate (a oggi 126), il giudizio non cambia. «La riforma presenta difficoltà di partenza, non riduce i costi e aumenta le inefficienze» — chiosa Gios. Secondo il preside della Facoltà di Economia e presidente della Cassa Rurale di Rovereto, infatti, è scorretto puntare tutto sul criterio geografico. «Considerate le nuove tecnologie informatiche, credo sia necessario pensare alla complementarità delle competenze dei singoli soggetti per poter parlare di fusioni e di gestioni associate» — suggerisce.
A Manica, in questo caso, la parte del difensore: «È evidente che le gestioni associate fanno più fatica a partire perché sono oggettivamente una “forzatura” ma l’impianto è corretto. Le istituzioni locali dovevano alleggerirsi e con le fusioni ci siamo riusciti». «Un risultato che dobbiamo rivendicare tutti come maggioranza» — precisa, rispondendo alla provocazione dall’assessore alla coesione territoriale, Caro Daldoss, che aveva lamentato: «alla riforma abbiamo creduto solo io, Rossi e Gianmoena». Non passa, del resto, inosservata la scelta dell’Upt di non commentare.
Ma a sollevare l’attenzione sul tema è anche il consigliere di Forza Italia Giacomo Bezzi che avanza un’interrogazione alla Provincia per capire quali siano i risparmi prodotti dalle gestioni associate e se siano state compromesse possibilità di assunzione con la riorganizzazione degli uffici comunali. «Il servizio di gestione associata dei Comuni sta mostrando degli evidenti difetti — scrive in una nota — a molti cittadini sono state recapitate richieste di pagamento relative agli anni in cui la competenza era dei singoli Comuni. I disagi per gli utenti sono palesi».