Il padre dell'Ulivo commosso a parlare di Paolo alla Fondazione Kessler: "Da Rettore vide in anticipo le potenzialità di questa Università". "'Autonomia in Trentino è costruttiva e lo è in una situazione politica non facile".
G. Tessari, "Trentino", 14 dicembre 2017
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Il ricordo del fratello Romano«Un’Autonomia responsabile fu anche il suo obiettivo», M. Damaggio, "Corriere del Trentino", 14 dicembre 2017
Nessun accenno alle turbolenze politiche che gli gravitano attorno. «Questo è un incontro tra amici», ha ribadito Romano Prodi, pacato quanto risoluto nel glissare analisi pre-elettorali. Saluti accorati, strette di mano, ricordi familiari per una volta restituiti alla platea.
Nel giorno dedicato a Paolo, quinto di nove figli, l’ex premier ha voluto menzionare l’intesa intellettuale («Era il mio punto di riferimento»), il temperamento («Razionale e radicale al tempo stesso») e le ambizioni del compianto fratello: «Ha seguito le trasformazioni di Trento, dalla miseria del dopoguerra rurale, passando attraverso la nascita del Pup e dell’università che hanno portato alla città del futuro di oggi: l’esperimento è quindi riuscito». Merito, a detta di Prodi, «di un’autonomia costruttiva», ben diversa dalle recenti spinte che portano a «un’autonomia distruttiva». Un riferimento, fuori di metafora, «al caso della Catalogna», e «ai proclami» di Veneto e Lombardia.
Unico fratello ad aver intrapreso una carriera accademica in ambito umanistico, Paolo Prodi è stato a lungo mentore di Romano. «Oggi conservo sessant’anni di chiacchiere, ore e ore spese a confrontarci anche sulla terrazza di Martignano» ha esordito l’ex premier. Fondatore dell’Istituto storico italo-germanico (Isig) e suo primo direttore, dal 1973 al 1997, Paolo Prodi ha trovato nel Trentino la culla ideale di un progetto, culturale e politico insieme: «Il suo grande sogno era un’università italo-germanica, un progetto reso difficile dal momento storico dei primi anni Settanta ma che s’è tradotta comunque nell’Isig — ha ricordato Prodi — L’istituto è infatti ponte culturale in un luogo, Trento, che è cerniera tra due mondi».
L’ipotesi di completare il disegno regionale, attraverso una federazione fra atenei di Trento e Bolzano annunciata dal rettore Collini, per Prodi è motivo d’orgoglio: «Le relazioni dell’Euregio sono sempre più strette ed è un grande risultato — ha detto — Certo ci sono voluti cinquant’anni, ma è un bene che oggi comincino simili percorsi». Di più: «In questa Europa che si dilania abbiamo bisogno di cerniere, di un’autonomia attiva e costruttiva come quella del Trentino — ha aggiunto — pensiamo a cosa accade in Catalogna, in Scozia, in Irlanda: rispetto a tanti esempi di autonomia distruttiva dobbiamo riconoscere che qui c’è stata tanta saggezza».
Il merito, ha rimarcato Prodi, va a chi ha allacciato rapporti cooperativi con Roma, anziché scegliere l’isolamento: «Penso a chi, come Bruno Kessler, ha costruito con pazienza perché l’autonomia si crea cucendo, non rompendo». Kessler, Beniamino Andreatta, lo stesso Paolo Prodi, a detta dell’ex Premier «hanno contribuito a creare un clima di autonomia responsabile che è indispensabile per il futuro».
Quanto, ancora, agli esempi problematici d’espressione dell’autonomia, Prodi mostra qualche riserva sui referendum di Veneto e Lombardia: «Certamente — ha concluso — sono partiti da proclami, di per sé rischiosi». Così non è per l’Emilia Romagna che ha scelto la via della trattativa con lo Stato: «In questo caso ha prevalso il dialogo che mi auguro venga preso d’esempio».
«È possibile un’università regionale», M. Damaggio, "Corriere del Trentino", 14 dicembre 2017Quell’espressione utilizzata informalmente, quasi a voler ricordare con affetto vent’anni spesi all’estremo nord del Paese, nel 2015 è diventata titolo di un libro: La mia avventura trentina . Una sorta di retrospettiva accademica — e per certi versi politica — sulla missione di Paolo Prodi nella città del Concilio. Dal 1972 rettore dell’ateneo di Trento, fondatore e direttore dell’Istituto storico italo germanico (Isig) fino al 1997, nel tempo ha dovuto accantonare un solo progetto: la creazione di «un’università regionale, ponte tra cultura mediterranea e cultura germanica». Troppo avveniristica l’idea per gli anni Settanta, segnati da un dialogo difficile fra Trentino e Südtirol. Ma a un anno dalla morte di Prodi, la sua eredità intellettuale non è caduta a vuoto e il rettore Paolo Collini se ne farà carico: «L’università regionale che Prodi immaginava allora può essere riproposta». Come? Superando lo schema esistente «degli accordi bilaterali» e, piuttosto, pensando alla via «della federazione tra atenei». Una formula prevista, in concreto, dalla riforma Gelmini.
Storico, ricercatore, docente, da sempre vicino a Bruno Kessler: il legame di Paolo Prodi con il Trentino ha segnato due decenni e ieri, a un anno dalla sua morte, nella sede cittadina di Fbk s’è tracciato un bilancio del suo lascito. «La sua è una figura che ha contribuito a rendere stabile il riscatto di questa terra» ha esordito il governatore Ugo Rossi. Piano urbanistico provinciale (Pup), di cui oggi si festeggia mezzo secolo, e fondazione dell’università a detta del presidente hanno permesso al territorio di conoscere progresso e benessere. «Ora — ha aggiunto — attraverso un forte patto dobbiamo rinnovare l’impegno con università e centri di ricerca, per costruire assieme proposte innovative per la nostra terra, in una dimensione internazionale, consapevoli degli spazi che grazie all’autonomia possono aprirsi».
Rettore dal 1972 al 1978, Paolo Prodi ha guidato l’università negli anni dell’ampliamento dell’offerta formativa (è con lui che nascono le facoltà di Scienze ed Economia). Tant’è che nell’ultima seduta del Senato accademico si è deciso di ricordare il professore: «Il palazzo di Lettere, in via Tommaso Gar, verrà intitolato a Paolo Prodi: la nostra casa sarà la sua casa», ha annunciato Collini.
Non solo. Riflettendo sul progetto tanto desiderato da Prodi di un’università regionale, autonoma e plurilingue, il rettore Collini ne sottolinea il valore «attuale», «moderno», «ancora oggi valido». «L’idea di una sinergia fra Trento e Bolzano era un’intuizione forse precoce negli anni Settanta, ma oggi meritevole d’essere riabilitata — ha detto Collini — Se il disegno ambiziosissimo di Prodi non trovò la strada giusta, oggi possiamo lavorare per realizzarlo, andando al di là della collaborazione bilaterale fra le università di Trento e Bolzano». La cornice normativa introdotta con la riforma Gelmini consente ampi margini: «Esiste infatti lo strumento della federazione tra atenei — ha ricordato Collini — Un’idea attuale per costruire una federazione tra università di ricerca e di frontiera».
Uno scenario, potenziale e futuribile, che Francesco Profumo, presidente della Fondazione Bruno Kessler, sposa in pieno: «Ancora una volta — ha detto — il Trentino e l’Alto Adige possono diventare laboratorio di buone pratiche da esportare nel resto del Paese, specie nell’ambito dell’istruzione e della ricerca».