L’offerta, per quanto tacita, è piuttosto chiara. Ugo Rossi rinuncia a rafforzare la sua posizione con liste centriste che l’Upt vive come concorrenti e il Pd come un tentativo di ridurne il peso in coalizione. In cambio, Pd e Upt smettono di lavorare alla sostituzione di Rossi alle provinciali del 2018. Il tempo dirà se la svolta «normalizzatrice» attuata dal governatore pagherà.T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 13 dicembre 2017
Di certo c’è che, nell’immediato, sarà lui a doverne pagare il conto: Carlo Daldoss non è uno che parla molto, ma non ha gradito di veder cancellato un progetto che Rossi stesso gli aveva commissionato, con l’imbarazzo di dover spiegare alle persone mobilitate che, al limite, qualcuno di loro potrà trovare spazio nel Patt.
Tiziano Mellarini cerca di non far trasparire troppo la soddisfazione per la fine del progetto. «Sappiamo tutti che il collega Daldoss di incontri per questa lista ne ha fatti molti. Poi avrà fatto le sue valutazioni». La lettura che circola nell’Upt dopo la gradita notizia è che Rossi si sarebbe mosso a più miti consigli perché, fallito il tentativo di agganciare i civici di Francesco Valduga e giudicati insufficienti i risultati prodotti da Daldoss, avrebbe giudicato più prudente fare di necessità virtù e riproporsi agli alleati come figura di garanzia. «Il presidente — continua Mellarini — si è confermato uomo del centrosinistra e ci ha comunicato di non vedere oggi la necessità di nuove liste all’interno della coalizione». A dirla tutta, Rossi ha anche invitato l’Upt a chiarire il proprio di rapporto col mondo civico. «Anche noi — spiega il segretario Upt — non siamo interessati a far entrare nuove liste in coalizione, continuiamo però a portare avanti il nostro progetto di costituente che non mira semplicemente a rafforzare l’Upt con nuovi ingressi (vedi invece Viola nel Patt, ndr ) ma a dare vita a un nuovo soggetto di cultura politica popolare. Stiamo dialogando con il mondo civico». Tradotto: la porta a Valduga e ai suoi è ancora aperta, se vorranno entrare nell’Upt questa cambierà nome per accoglierli.
In casa Pd, all’indomani dela novità, per il segretario Italo Gilmozzi le priorità sono due: dimostrare che il Pd non è sordo al dialogo col civismo e che non subisce passivamente le decisioni di Rossi. «Ribadiamo che un confronto con il mondo civico va portato avanti. Cosa diversa è immaginare una lista civica che entra in una coalizione politicamente connotata. Anche la Margherita era una civica, ma aveva una dimensione politica chiara. Su temi come i profughi, o i diritti civili, la differenza tra destra e sinistra c’è eccome. In ogni caso — conclude Gilmozzi — le decisioni sugli assetti della coalizione appartengono ai partiti».
Franco Panizza, che da tempo aveva predetto l’ingresso di Daldoss nel Patt, chiosa il pensiero di Rossi. «Siamo e restiamo favorevoli a nuovi ingressi che rafforzino la coalizione, ma non a liste che indeboliscano i partiti che la compongono. Di qui la decisione di non dare vita a una lista Daldoss. Quanto ai civici di Valduga, i segnali che arrivano sono francamente poco chiari a cominciare dalla scelta di nominare portavoce una figura distante dal centrosinistra. Apprezziamo senz’altro l’anti-populismo, ma da solo non basta e nemmeno si può pensare di snaturare un’intera coalizione per facilitare l’ingresso dei civici». Quanto al futuro presidente, Panizza è sereno. «I risultati, dall’A22 alle centrali idroelettriche ai rapporti con Bolzano non mancano. Non vedo motivi politici che possano imporre un cambio nella leadership». Figure come Paride Gianmoena ora dovranno decidere cosa fare. «Ho sempre pensato che un movimento civico avrebbe fatto bene anche ai partiti, anche se capisco che la sua praticabilità dipende da tante cose. Al di fuori di questo progetto, al momento non mi sbilancio». La candidatura nel Patt, insomma, è di là da venire per un sindaco da sempre di area Upt.
Intanto, a Roma, comincia a prender forma la «cosa centrista» che affiancherà il Pd alle politiche. Lorenzo Dellai ha scritto ieri una «lettera aperta rivolta tra gli altri a Beatrice Lorenzin, Gianpiero D’Alia, Giuseppe De Mita, Bruno Tabacci, Pino Pisicchio». L’obiettivo, sulla carta, è «immaginare un percorso nuovo e di lungo periodo».
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