«Pd e Upt sfidino il Patt con programma e leader»

«Rossi e il Patt stanno da tempo lavorando per trasformare il centrosinistra autonomista da una coalizione politica a una "coalizione del presidente" il cui collante è aggiungere posti a tavola. Ma più che lamentarsi, Pd e Upt dovrebbero reagire prendendo l'iniziativa politica». Alessandro Olivi torna a incalzare nei giorni in cui la coalizione fibrilla per l'ultima campagna acquisti del Patt che ha assoldato Walter Viola e incassato l'endorsement di Mario Malossini.
C. Bert, "Trentino", 7 dicembre 2017

 

 

Vicepresidente Olivi, quindi ora siete in coalizione anche con Viola e Malossini. Cosa le sembra? In questa vicenda vedo tre piani. Il primo è di rapporti con le persone e con Viola personalmente ho lavorato bene, con un atteggiamento sempre rivolto a trovare soluzioni. Il secondo riguarda l'autonomia di un partito, che legittimamente si muove come meglio crede, anche se posso avere delle perplessità. Il terzo riguarda le implicazioni sulla coalizione.

Il segretario Gilmozzi ha detto che questo cambia il Dna della coalizione, è d'accordo?Secondo me è evidente che da una coalizione politica stiamo andando verso una coalizione del presidente, dove chi partecipa più che in una sfida politica si riconosce in un accordo espansivo. Una coalizione modellata su Rossi e un partito concentrati sull'amministrare, dove ognuno porta un pezzo di consenso.

E quindi? Il passaggio di Viola sarebbe quasi irrilevante se fosse un fatto individuale, ma questo processo di allargamento va avanti da tempo. Rossi e il Patt stanno tentando di costruire una coalizione molto eterogenea dove si aggiungono posti a tavola.

L'endorsement di Malossini a Rossi è parso imbarazzare Pd e Upt più del passaggio di Viola, è così? Vedo da parte del Patt una strizzata d'occhio a uno scenario politico nazionale che sta cambiando. Se il centrodestra dovesse ottenere alle prossime politiche un risultato importante, avere qualche aggancio locale aiuta. È una coalizione che oscilla tra un baricentro culturale che abbiamo cercato di costruire in questi anni e una politica che aggiunge pezzi in un mosaico dai bordi piuttosto labili. Ma una coalizione non si allarga spostandola verso aree di consenso che prescindono da una spina dorsale, allargare significa convincere quanti più cittadini possibili con la forza di una proposta politica.

Lei dice che legittimamente il Patt fa la sua partita. Quindi non serve un chiarimento, come chiesto da Pd e Upt? Il problema non è l'operazione di Rossi e Panizza, cominciata da tempo. Non basta chiedere chiarimenti e incontri, dobbiamo fare qualcosa di più competitivo e qualificante.

Cosa esattamente? Più che lamentarsi di cosa fanno gli alleati, Pd e Upt prendano loro l'iniziativa politica e nel giro di poche settimane presentino una loro proposta competitiva, fondata su un progetto politico, un nuovo dialogo sul territorio e una squadra. Non mi riferisco ad alleanze di ceto politico, ma c'è un'area di civismo progressista, del sociale, una parte più avanzata dell'economia con cui il centrosinistra dovrebbe intessere un confronto.

Una proposta con quali priorità programmatiche? Penso all'economia, alla crescita fondata sull'apertura e non su una continua rincorsa a emulare l'Alto Adige. A un welfare che faccia i conti con una demografia che degrada, a un'autonomia in prima fila sui diritti, a un'università che non si può ridurre a questione contabile e alla percentuale tra iscritti trentini e non trentini.

E la leadership? Io penso a una squadra. Un partito muore se rinuncia a proporre un progetto per vincere.

Lei si candiderà al parlamento? Non mi attrae, per la mia storia ed esperienza mi sento più adatto a un ruolo di amministratore, mi vedo ancora in Trentino.

In che ruolo? Credo che dobbiamo costruire una squadra rinnovata. Io non sono per le rottamazioni, ma per le rotazioni. In politica mi porto dietro uno spirito agonistico, non sono ossessionato dalle cariche ma ho ancora motivazioni e spero di essere considerato ancora utile al progetto.