TRENTO Nella generale difficoltà nel reperire persone disponibili a impegnarsi in politica, i segretari di maggioranza e opposizione sembrano abbastanza tranquilli: al prossimo appuntamento elettorale le donne ci saranno, e in numero sufficiente."Corriere del Trentino", 3 dicembre 2017
La percentuale approvata in consiglio, dunque, non pare allarmare più di tanto i partiti. «È chiaro che questo è l’inizio di un percorso, e in questo momento la gioia è più forte di ogni altro pensiero. Certo, siamo consapevoli che questa legge è uno strumento, ma sicuramente non risolve di colpo il problema dell’assenza di donne in politica», commenta la presidentessa del Pd Donata Borgonovo Re. «Abbiamo un anno di tempo: da un lato dobbiamo coinvolgere nuove persone, dall’altro occorre lavorare già con quante sono attive in politica, e ce ne sono tante devo dire. Deve esserci sicuramente un lavoro di valorizzazione, quello che non deve più accadere — ammonisce Borgonovo Re — è la telefonata il giorno prima della chiusura delle liste semplicemente per “fare numero” e chiudere l’elenco. Le donne devono essere supportate adeguatamente, e su questo il tema della conciliazione è reale. E mi chiedo: se avessimo avuto già tanto tempo fa più donne in politica e nelle istituzioni, la situazione attuale del welfare sarebbe forse stata migliore? Io credo di sì».
Fiducioso sulla possibilità di costruire agilmente le liste anche il segretario dell’Upt Tiziano Mellarini: «Se si presenta un progetto credibile le persone si trovano, e parlo sia di uomini che di donne. Ci stiamo attivando e devo dire che per noi il coinvolgimento delle donne è sempre stato un punto fermo, tanto che sin da subito abbiamo sostenuto la proposta di legge». Eppure, attualmente l’Upt conta cinque eletti in consiglio provinciale, e tutti uomini: «È un dato di fatto, inutile negarlo. Adesso, però, credo che lo spazio per le donne ci possa essere davvero».
Sul fronte dell’opposizione, invece, non sembra esserci preoccupazione anche alla luce, però, dell’ipotesi referendaria. «Noi abbiamo tante attiviste donne, dunque non credo che ci sarebbero difficoltà nel formare le liste. In ogni caso noi confidiamo soprattutto nel referendum, dunque che queste siano le regole definitive è ancora tutto da vedere», spiega Filippo Degasperi, consigliere del Movimento 5 Stelle, che rispetto all’eventuale cospicua spesa per indire la consultazione ritiene «da privilegiare l’aspetto della partecipazione democratica dei cittadini. Sarebbe il primo referendum in provincia senza il quorum».
Sereno anche Claudio Cia, segretario di Agire: «Dal punto di vista politico è chiaro che questa legge scombina le strategie di tutti quei partiti ad egemonia maschile. Con una riforma del genere pochi avranno il lusso di presentarsi in corsia singola, mentre c’è chi come Agire, fin dal suo esordio, sta investendo su donne su cui puntare e sulle quali è stata già data ampia fiducia dal momento che molte cariche importanti all’interno del movimento sono ricoperte proprio da loro».
Rodolfo Borga, consigliere di Civica trentina, che pure non esclude l’ipotesi referendaria, si sente relativamente tranquillo: «Già alla precedente tornata avevamo un terzo dei candidati donne, le troveremo anche questa volta. Certo, facciamo tutti fatica a trovare persone che si vogliano candidare in generale. Comunque ci prenderemo un po’ di tempo per valutare la richiesta del referendum».
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Fatta la legge, bisogna trovare le donne. Alle ultime elezioni provinciali le candidature rosa erano 281, pari al 38%. Numero che - considerando la nuova norma approvata l'altro giorno dal consiglio provinciale - dovrebbe salire di almeno 90 unità, fino a quota 370. Naturalmente alla prossima tornata elettorale, prevista nell'autunno 2018, le cifre potrebbero essere diverse ma il Trentino ha voluto comunque analizzare i dati del 2013 per capire quanto dovranno cambiare i partiti trentini e quanto dovrà cambiare la disponibilità delle donne a mettersi in gioco. Risposta: molto. A partire proprio dai partiti di governo che nel 2013 - in particolare Patt e Upt - risultavano agli ultimi posti per candidature femminili e per preferenze ottenute dalle donne in corsa.
E poi bisognerà vedere se - con l'obbligo della preferenza di genere, che impone a chi vuole esprimere due preferenze la scelta di due candidati di sesso diverso - cambieranno anche le scelte degli elettori. Diciamola tutta: nel 2013 (sempre per restare alle elezioni analizzate dal nostro giornale) non c'è stata una grande disponibilità degli elettori a votare per le donne. Lasciamo parlare i dati: le candidature rosa erano il 38 per cento, ma le preferenze rosa sono state solo il 26 per cento. Questo significa che le donne in lista sono state premiate dagli elettori in misura minore rispetto ai colleghi uomini. Con alcuni esempi particolarmente negativi: Insieme per l'Autonomia (una delle liste che sosteneva la candidatura di Diego Mosna) oppure la Civica Trentina di Rodolfo Borga (sempre in sostegno di Diego Mosna).
Pare che la disponibilità a votare le donne sia scarsa soprattutto tra gli elettori del centro destra. Ma in realtà quasi tutte le liste in corsa hanno visto le donne poco considerate dagli elettori, con alcune eccezioni dove i risultati sono stati superiori alle aspettative: Autonomia 2020 (con Caterina Dominici capolista, non eletta nonostante l'ottimo risultato personale); il Movimento 5 Stelle (dove le preferenze rosa di Manuela Bottamedi fecero sballare le statistiche); idem per Giovanni Giugni (non eletta nella lista Sel) e per le donne candidate nel Pd (dove Donata Borgonovo fece il pieno di preferenze). Bene anche per le donne di Rifondazione Comunista.Gli altri partiti avranno un duro lavoro da fare in vista del voto, anche solo per raccogliere un numero di candidature rosa sufficiente per partecipare alle elezioni: nel 2013 molti partiti si fermarono poco oltre il 30% (all'epoca la soglia minima) e non sarà facile raggiungere il 50 per cento previsto dalle normativa. Insomma una novantina di candidature in più rispetto all'ultima tornata elettorale.
Osservando i numeri di cinque anni fa solo due liste - all'epoca - rispettavano i requisiti previsti per l'autunno 2018: la lista di Agostino Carollo (60,7% di candidature femminili) e quella di Forza Trentino (50% di candidate donne).L'ultimo aspetto da considerare sarà la disponibilità degli elettori (finora scarsa) a esprimere più preferenze: nel 2013 i 416 mila elettori votarono solo 285 mila presenze. Cambieranno abitudini per dare un voto in più alle donne?
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