Sulla doppia preferenza di genere manca ormai solo il voto finale dell’Aula. Il disegno di legge che riporta in auge sia il tema della doppia preferenza che la parità nella composizione delle liste, si avvia verso l’approvazione. Con un’incognita, tuttavia: se la legge non venisse approvata da una maggioranza qualificata di 24 consiglieri, le opposizioni potrebbero chiedere un referendum.
E. Ferro, "Corriere del Trentino", 1 dicembre 2017
Votando oggi, tuttavia, potrebbe comunque essere fissato al massimo fra sette mesi e mezzo, in tempo, dunque, per poter votare a ottobre con, eventualmente, le nuove regole.
Ieri, intanto, la strategia concordata dalla maggioranza ha funzionato: assenti il presidente Ugo Rossi e l’assessore Michele Dallapiccola (entrambi a Roma) e sparito dall’Aula, a un certo punto, anche Pietro De Godenz, è emersa evidente la volontà di poter terminare la discussione stamattina per poter contare sui voti anche di chi ieri mancava e arrivare, così, a ottenere il numero di consensi necessario per evitare il ricorso al referendum popolare confermativo. Che tuttavia potrebbe non esserci comunque: Giacomo Bezzi (Forza Italia) ha dichiarato infatti di essere «favorevole al referendum, al quale voterei sì — ha detto in Aula — e ci metto la faccia, perché un dibattito sul territorio sarebbe utile alla crescita culturale del Trentino». Anche Walter Viola, in procinto di entrare nel Patt, non sembra intenzionato a concedere il proprio voto. Nemmeno Massimo Fasanelli, che a un certo punto era dato come possibile ago della bilancia, si dichiara favorevole in toto: «Sono sempre stato d’accordo con la parità nella composizione delle liste — dichiara — ma non con il resto: non è con una forzatura della legge elettorale che si favoriscono le condizioni per la partecipazione». Insomma, il rischio referendum non è scongiurato.
Ieri, intanto, è stato portato a termine l’esame di tutti e 37 gli articoli e dei relativi emendamenti del disegno di legge proposto da Manuela Bottamedi (Gruppo misto) e Giacomo Bezzi che mirava originariamente a reintrodurre l’elezione indiretta del presidente della Provincia e il sistema proporzionale: sono stati votati tutti gli emendamenti necessari per sopprimere 35 dei 37 articoli del testo originario, in modo da lasciare solo quelli «blindati» da Bottamedi e Maestri con appositi emendamenti, per garantire la parità di genere sia nelle liste dei candidati (50-50) che nel sistema di voto (con il limite delle due preferenze). L’articolo 19, emendato, è stato approvato con 20 sì e 10 no, l’emendamento di Bottamedi all’articolo 25 ha ottenuto 20 sì, 6 no, 2 astensioni e 3 non partecipazioni al voto.
Quando, alle 18.30, il presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti ha sospeso la seduta, la consigliera del Gruppo misto era «felicissima» mentre Lucia Maestri ha sottolineato come «la maggioranza abbia votato compatta contro l’emendamento e il subemendamento presentati da Gianfranco Zanon» (che chiedeva la composizione delle liste al 40-60 e l’introduzione di una terza preferenza oltre quella di genere e per i quali aveva chiesto il voto segreto). «Per me questa legge vale l’intera legislatura» aggiunge Bottamedi.
«Tecnicamente perfetta», come dice Alessio Manica, la strategia della maggioranza che, dopo che le minoranze prima avevano puntato sull’allungamento dei tempi chiedendo sospensioni per poi, all’improvviso, puntare tutto sul voto subito una volta capito che i rivali politici non disponevano dei numeri, ha chiesto a sua volta una sospensione: la tecnica si è palesata al voto dell’articolo numero 7, quando Donata Borgonovo Re ha preso la parola per dieci minuti rievocando tutto il percorso che ha portato al sistema elettorale maggioritario. Lo stesso hanno poi fatto Avanzo, Passamani e la stessa Maestri: tutto calcolato per arrivare alle 18.30 con l’esame degli articoli completato. Oggi, dunque, il verdetto finale.