In una società che cambia rapidamente, è dovere della società - e delle istituzioni che la rappresentano - rinnovare costantemente la capacità del sistema di welfare di tutelare le persone più fragili. Per salvaguardare i valori di equità, coesione, solidarietà e responsabilità che costituiscono il fondamento del nostro sistema di welfare, esiste oggi la necessità di favorire e accompagnare l'evoluzione degli interventi di cura e promozione del benessere collettivo, con una attenzione sempre maggiore non soltanto agli aspetti «prestazionali», ma anche e soprattutto a quelli «relazionali» che garantiscano dignità e inclusione sociale.
Luca Zeni, 23 novembre 2017
In questa prospettiva le realtà del sociale, terzo settore in primis, lavorando a stretto contatto con la parte più fragile (ma non solo) della nostra comunità, hanno da sempre svolto un importante ruolo, riuscendo a cogliere le evoluzioni dei bisogni.
Grazie all'apporto del terzo settore, infatti, il welfare provinciale è, negli anni, passato da una logica della sola assistenza ad una di promozione, prevenzione e cura che mette al centro e valorizza l'intera comunità, riconoscendo come soggetti attivi i cittadini - singoli o associati -, le famiglie e le organizzazioni del sociale. Un approccio questo che riflette profondamente l'idea di welfare che la società trentina è in grado di esprimere: una società inclusiva di tutte le sue componenti, comprese quelle più fragili, che riconosce le politiche sociali come fattore di sviluppo e di coesione territoriale.
A dieci anni dall'approvazione della legge provinciale di riferimento, è rimasto però inattuato un tassello fondamentale: il regolamento sull'accreditamento, ossia l'innovazione dei requisiti che consentono alle realtà del privato sociale di poter operare attivando e svolgendo servizi destinati alle persone, alle loro reti e alle comunità, per conto dell'ente pubblico. Per superare le rigidità dell'attuale sistema autorizzatorio la nuova proposta prevede, in modo innovativo rispetto all'approccio adottato in altri contesti italiani, di accreditare l'organizzazione nel suo complesso, e non di volta in volta, i singoli servizi. Con l'accreditamento l'Amministrazione Provinciale chiede che ogni organizzazione dimostri di essere un partner affidabile dell'ente pubblico in tutte le fasi delle politiche sociali (quindi non solo erogazione degli interventi, ma anche programmazione, ideazione, valutazione), di essere attenta al benessere dei propri lavoratori, alla qualità del lavoro e dei servizi offerti in maniera flessibile e personalizzata, capace di lavorare in rete, di conoscere e saper trattare non solo le criticità delle persone fragili ma anche i bisogni e le risorse della realtà trentina perché il terzo settore deve operare «dentro», «per» e «con» il territorio: le attuali politiche sociali sono di fatto indirizzate sì a sostenere le persone in particolare difficoltà, ma anche e per questo, a generare comunità.
Quanto proposto rientra in un disegno molto più ampio, definito come Sistema di Qualità dei servizi socio assistenziali che, una volta entrato a regime, consentirà di identificare e valutare tutti i soggetti che opereranno nel sociale trentino a tutto vantaggio della qualità e dell'integrazione dei servizi stessi. Non solo, l'accreditamento rappresenterà il veicolo necessario a rendere disponibile all'ente pubblico un ventaglio di possibilità d'affidamento dei servizi (come, ad esempio, la co-progettazione), che superino il vincolo, generato dall'attuale normativa europea, alle regole generali di appalto vigenti per tutti i settori, salvaguardando così le evidenti specificità degli interventi sociali.
Il tema è organizzativamente molto complesso e incide sulle modalità con cui servizi «delicati» vengono erogati ai cittadini. L'accreditamento pertanto, nel momento in cui entrerà in vigore, disporrà un periodo di due anni di tempo in cui tutte le realtà già operanti in Trentino dovranno aggiornarsi rispetto ai nuovi requisiti e l'Ente Pubblico dovrà essere loro di supporto.
Detto ciò è necessario però fare chiarezza rispetto ad una questione pregnante: valorizzare le organizzazioni che già stanno lavorando in Trentino non può significare in nessun modo creare i presupposti per precludere la nascita di nuovi soggetti locali o l'ingresso di soggetti extra-provinciali che intendono concorrere allo sviluppo del nostro territorio dimostrando di essere attrezzati per operare con qualità.
«Chiudere il sistema» del resto sarebbe vietato dalle norme: i principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento pervadono tutti gli ordinamenti giuridici, europeo, nazionale e provinciale.
Ma al di là delle norme, miriamo a creare un contesto dove un confronto ragionevole sia fattore fondamentale di accrescimento della qualità e di sinergia delle proposte.
L'argomento, così come l'iter fin qui tratteggiato è complesso. Ringrazio a questo proposito tutti coloro che hanno accettato di dedicare tempo, energia e pensiero a questo lavoro nei tanti momenti di confronto e che continueranno a farlo nell'elaborazione dei passaggi successivi.
I timori espressi da qualche piccola realtà possono essere superati proprio dalla capacità di innovazione e di proposta; oggi tutti devono mettersi in gioco per accompagnare la spinta genuinamente innovativa e dinamica che sta attraversando tutto il sociale trentino.