È uno dei protagonisti politici di questi giorni, perché Renzi gli ha affidato la missione di provare a mettere insieme i pezzi del centrosinistra, da Bersani a Pisapia, i Verdi e i radicali. L'«ambasciatore» Piero Fassino sarà oggi Trento (sala della Sosat, via Malpaga, alle 17) e poi a Bolzano (alle 20.30 al teatro Cristallo, dove dialogherà col nostro direttore Alberto Faustini) per presentare il suo libro «Pd davvero».F. Gonzato, "Trentino", 17 novembre 2017
Già segretario dei Ds, ministro, sindaco di Torino, l'appuntamento con Fassino garantirà oggi, dopo la visita di Renzi martedì, uno spaccato della discussione attorno al Pd, i suoi valori e i possibili compagni di viaggio.
Partiamo dal libro, «Pd davvero». Sono state mantenute le promesse?«Non ho voluto scrivere un libro retrospettivo. Ho pensato che nel decimo anniversario del partito fosse utile una riflessione politico-culturale sul Pd e la sinistra rispetto ai grandi problemi che stiamo affrontando in Italia e in Europa. Abbiamo alle spalle dieci anni di ferite profonde: la crisi economica, le sfide del lavoro, l'immigrazione, l'impatto della globalizzazione su tutti noi. Su tutto ciò è necessario che la sinistra abbia una proposta e sia in sintonia con le speranze e le paure delle persone». E adesso arriva il ruolo di pontiere...«È un incarico legato alla contingenza politica, mentre il libro si occupa dei "grandi" temi. Ma certo, è interessante questa coincidenza tra il libro e il mio incarico. Il Pd ha il dovere di aggregare un campo di centrosinistra più largo possibile. Alle elezioni saremo sul filo di lana, con tre poli attorno al 25-30%. Sarà una campagna elettorale combattuta. Mi è stato chiesto di tessere la tela di una alleanza, per presentarci uniti, con un programma credibile».
Bersani di Mdp ha parlato di una operazione da «teatro». Il Pd, dice, ha rotto con una parte di elettorato su temi come il lavoro. La sua trattativa metterà sul piatto anche il Jobs Act?«Se si apre un confronto, c'è la disponibilità a discutere. Ovviamente vogliamo essere coerenti con un profilo riformista. Se la richiesta sarà cancellare il Jobs Act, la risposta sarà negativa. Porte aperte invece, se ci verrà chiesto di verificarne i risultati ed eventualmente studiare le misure per stabilizzare i contratti a tempo determinato. Sono convinto che i punti di contatto siano più numerosi delle divisioni. Anch'io non sono interessato ai tatticismi. Per trovare un accordo, bisogna sedere e discutere di immigrazione, sicurezza, tasse e lavoro. Sono incoraggianti i primi colloqui con i radicali, i socialisti, i Verdi, il gruppo di Lorenzo Dellai. E se qualche punto resta divisivo, non mi arrendo a pensare che significhi la rottura su tutto».
Il governo intende porre la fiducia sulla legge per lo Ius soli. La Svp, vostra alleata, è contraria, come conferma il voto di mercoledì in consiglio regionale. Potrebbero esserci problemi di maggioranza?«Con la Svp c'è un rapporto solido. I colloqui sono continui. Una opinione diversa su qualche provvedimento non inficia una alleanza». Lei va anche a Bolzano, città in cui CasaPound ha eletto tre consiglieri comunali. «È di questo che stiamo parlando. Abbiamo davanti molte insidie. C'è Berlusconi alleato col populista Salvini, c'è il Movimento 5 Stelle che cavalca l'insoddisfazione dei cittadini senza dare risposte, e abbiamo la destra estrema di CasaPound. Ecco perché deve esserci un centrosinistra competitivo».
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