Serve un nuovo patto per l'Autonomia

A un anno dalla scadenza elettorale la coalizione di centrosinistra si pone il problema se riconfermare la presidenza Rossi o se aprire una nuova stagione.
La logica vorrebbe che si valutasse la legislatura che sta per finire e l'adeguatezza della presidenza Rossi e che si ragionasse di cosa abbia bisogno il Trentino, e non solo di come vincere le elezioni.
Roberto Pinter, 24 ottobre 2017

 

E bisognerebbe farlo evitando che la contesa della presidenza veda in campo i ricatti della componente autonomistica, il rancore di una sorta di rivincita, il trasferimento in Provincia di carriere politiche giunte al capolinea a livello nazionale,o le ambizioni personali disgiunte da una volontà politica condivisa.
Per evitare tutto questo, ma non sarà facile, sarebbe fondamentale condividere un patto per l'Autonomia che si esprima alle prossime elezioni politiche in coerenza con il programma di governo provinciale e voltando pagina rispetto alla occasione fin qui mancata della revisione dello Statuto.


Sono tante le circostanze che lo rendono necessario: la scarsa consapevolezza della nostra specialità, la sconfitta referendaria di Renzi ma non del centralismo, i referendum regionali e le vicende della Catalogna, l'indebolimento europeo e le vittorie della destra a partire dall'Austria, il sistema elettorale in itinere...
Il prevedibile insuccesso delle procedure partecipative avviate per la revisione dello Statuto hanno dimostrato che in assenza di una volontà politica non basta ricorrere alla volontà popolare. Non si può ridurre la revisione dello Statuto ad un esercizio accademico o ad una somma di procedure partecipative, ovvio che nessuno si appassioni tanto più quando è evidente che del prodotto di queste procedure la politica può, e nel caso di Bolzano deve prescindere. Mettere mano allo Statuto non è un libero esercizio alla lavagna e quindi era necessario che chi governa la Regione lo facesse indicando dei principi e degli obiettivi da sottoporre alla partecipazione. Così non è stato e così si è sprecata l'occasione. Ma il bilancio è ancor più negativo se si considera lo scarso interesse comunque palesato dalle componenti sociali e dagli stessi partiti di governo compreso, purtroppo, il Partito Democratico. E questo dato deve essere fonte di grande preoccupazione per chi ha a cuore il futuro della nostra Autonomia e dunque il futuro del Trentino.


Un Patto per l'Autonomia è necessario non solo per rinsaldare la coalizione e per estenderla ma soprattutto per rilanciare l'Autonomia stessa come patrimonio di tutta la Comunità e non solo delle sue istituzioni. Occorre condividere il valore di quello che abbiamo e il rischio di perderlo, ma occorre anche condividere un processo di rigenerazione dell'Autonomia che non sia attenta solo alle risorse e alle competenze ma anche al progetto di Comunità che la sottende.
La coalizione di centrosinistra autonomista dovrebbe accantonare le dispute per la leadership e definire i contenuti di questo patto sia come futuro dell'Autonomia sia come strategia per affrontare il presente politico a partire dalle elezioni politiche, nella cooperazione con la Provincia di Bolzano, e presentandosi al Trentino aperti al confronto sui contenuti e sui partecipanti al patto, ma con un comune obiettivo di governo per il 2018.


Perché il patto non è un accordo elettorale per la spartizione dei seggi o per la presidenza ma è un patto con la Comunità trentina, che va condiviso e che si esprime attraverso una reale e non solo formale partecipazione e anche con delle candidature per le elezioni. Perché in questo processo di perdita di fiducia verso la politica e verso chi governa anche una buona amministrazione può essere travolta se non trova tensione ideale, chiarezza di obiettivi e personale politico adeguato.
Sciagurata sarebbe, in un sistema elettorale che nega le preferenze e la possibilità di scelta, la pura riproposizione degli uscenti o un trasferimento delle mancate ambizioni provinciali sul piano nazionale. E neppure basterebbe l'allargamento a chi presume di rappresentare il civismo senza avere mai ricevuto un mandato per questo o lo scontato pescaggio tra leadership economico sociali oggi non meno in difficoltà di quelle politiche. C'è bisogno di un'apertura totale a tutte le componenti sociali che in Trentino, sebbene ai margini o lontane dai partiti, stanno comunque lavorando per poter conservare il valore aggiunto di questa Comunità.


Perché se si vuole arginare il processo che sta restaurando in Europa autoritarismi, nazionalismi e chiusure dei confini, ci vuole la consapevolezza della differenza che corre tra Autonomia responsabile e solidale e chiusura identitaria, tra patrimonio civico di una Comunità e rivendicazione di cassa, e bisogna fare di questa differenza un progetto di governo che sia capace anche di riformare le proprie istituzioni senza smarrirne il valore.
Un patto che metta al primo posto non i destini individuali ma quelli collettivi, che riconosca i soggetti politici che lo sottoscrivono ma che li unisca nella coalizione e che sia condiviso con la Comunità che si ha l'ambizione di guidare.