«Zaia, il Veneto non è Trento»

Gianclaudio Bressa si destreggia tra interviste e impegni. Ma mantiene calma e cortesia. Il giorno dopo i referendum consultivi in Lombardia e Veneto per ottenere maggiore autonomia (con la scontata vittoria dei «sì»), il sottosegretario per gli Affari regionali definisce subito «positivo» il segnale lanciato dagli elettori attraverso un’affluenza importante soprattutto in Veneto.
M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 24 ottobre 2017

 

Ma di fronte alle prime dichiarazioni dei due governatori Roberto Maroni e Luca Zaia, Bressa fa notare con decisione le visioni differenti: «Ho già sentito Roberto Maroni, lo incontrerò a breve: mi pare disposto ad avviare una trattativa nel merito per un regionalismo differenziato, come prevede l’articolo 116 della Carta. Zaia? La sua è strategia elettorale. Le sue prime intenzioni sono una dichiarazione implicita di secessione. Regione speciale? Non è possibile». Detto in altri termini: il Veneto non è il Trentino.

Sottosegretario Bressa, partiamo dal dato oggettivo: i due referendum consultivi hanno sancito la volontà di autonomia delle due regioni.

«In realtà, la vittoria del “sì” era scontata. Non avrebbe avuto gran senso andare a votare “no” al referendum. Che è legittimo, ma — ed è bene ricordarlo — non ha alcun effetto giuridicamente rilevante, come ha già messo in chiaro la Corte costituzionale quando si è pronunciata sui quesiti».

Si è parlato di referendum «superfluo»: la trattativa con Roma, infatti, poteva essere avviata anche prima. Come ha deciso di fare, ad esempio, l’Emilia Romagna.

«Esatto. I tavoli delle trattative si potevano far partire in qualsiasi momento dalla riforma del 2001 all’articolo 116 della Costituzione. In questo senso, proprio domani (oggi, ndr ) incontrerò il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini».

Ha già sentito Maroni e Zaia? Avete fissato i primi incontri?

«Ho sentito Maroni e a breve lo incontrerò: si è già mostrato disposto ad avviare una trattativa sul merito per il regionalismo differenziato. Non ho sentito Zaia».

Il governatore veneto ha già detto di «volere i nove decimi delle tasse». Cosa risponde?

«Bisogna distinguere tra chi immagina un processo che va nella direzione del regionalismo differenziato e chi invece fa pura propaganda politica. Zaia fa propaganda perché la richiesta sull’autonomia fiscale era già stata bocciata dalla Corte costituzionale (si tratta del quesito «Vuoi che la Regione mantenga almeno l’ottanta per cento dei tributi riscossi nel territorio regionale?», respinto dalla Consulta, ndr ). Il suo è un bluff, perché non può non saperlo: può incantare chi è disattento, ma non chi conosce la situazione».

Quanto c’è di strategia elettorale in queste dichiarazioni di Zaia?

«È tutta strategia elettorale. Lui, in questo, è bravissimo».

L’affluenza indica però che la questione dell’autonomia è un fattore importante nel Paese.

«L’alta affluenza che si è registrata in questa tornata elettorale rappresenta in ogni caso un segnale molto positivo, su questo non c’è dubbio. Vuol dire che il tema dell’autonomia è sentito. Va però ricordato anche un altro aspetto».

Prego.

«Tutto questo percorso nasce da un emendamento che ho presentato nel 2001. A quel tempo ero un deputato veneto. Di Belluno, per la precisione. E mi confrontavo giornalmente con tutte le autonomie speciali. Da questo dialogo era nata la visione di un regionalismo differenziato, sfociata poi nel terzo comma dell’articolo 116 della Carta, che prevede la possibilità per le regioni di ottenere una particolare autonomia su alcune materie specifiche. In questo contesto, ripeto, le prime mosse di Maroni si inseriscono in pieno nello spirito del testo costituzionale. Mentre quelle di Zaia rappresentano un principio di secessione, sono una dichiarazione implicita di secessione. Un conto è avere un Veneto forte inserito in una Europa forte. Un altro conto è avere un Veneto solo».

La giunta veneta proprio ieri ha approvato un disegno di legge che chiede il riconoscimento di Regione a statuto speciale.

«Non può farlo. Le Regioni a statuto speciale sono cinque, definite dalla Costituzione. Il Veneto non c’è».

 

LEGGI ANCHE:

A Bressa la trattativa con Zaia e Maroni, F. Gonzato, "Trentino", 24 ottobre 2017

 Più autonomia per Lombardia e Veneto, la trattativa passerà attraverso Gianclaudio Bressa. Sarà il sottosegretario agli Affari regionali (Pd) a seguire il dossier, su incarico del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, dopo il referendum consultivo di domenica. Del resto porta la sua firma di Bressa l’emendamento al titolo V della Costitituzione del 1999 (referendum confermativo 2001), che attraverso gli articoli 116 e 117 consente alle Regioni ordinarie di chiedere competenze allo Stato. I primi contatti con Roberto Maroni sono iniziati già ieri.

Frecciate invece verso Luca Zaia. La materia del contendere è chiara: porte aperte del governo alla trattativa per le nuove competenze con relativi trasferimenti, esclusa ogni discussione sul residuo fiscale (la differenza tra quanto le Regioni raccolgono di imposte e quanto ricevono dallo Stato), per non parlare della richiesta da autonomia speciale dei nove decimi. Sottosegretario Bressa, nei mesi scorsi lei ha avuto parole di fuoco sul referendum. Adesso dovrà trattare con Veneto e Lombardia. «Distinguiamo il referendum dalla trattativa sulle competenze. L’articolo 116 della Costituzione non prevedeva il referendum. Infatti le due regioni dovranno muovere i passi che avrebbero potuto affrontare già dal 2001: avviare la trattativa con il governo sulla cessione di competenze e risorse. Siamo tornati alla casella di partenza, 16 anni dopo. Il referendum è stato soprattutto politico».

Zaia alza il tiro. L’obiettivo è diventare come Trento e Bolzano, ottenendo i nove decimi del gettito fiscale. È fattibile? «No e Zaia lo sa benissimo. Quando presentò il disegno di legge per il referendum, indicando otto decimi come obiettivo, la Consulta rigettò quella previsione, perché provocherebbe alterazioni profonde negli equilibri della finanza pubblica, incidendo sul legame tra la Regione e il resto del Paese. Siamo una Repubblica unica. Ciò che va contro questo schema previsto dalla Costituzione, non lo puoi fare». Veneto, Lombardia o altre regioni in futuro cosa potranno ottenere? «Non poche competenze. L’Emilia Romagna inizierà le trattative nelle prossime ore. Maroni mi ha già chiesto un incontro. L’unico che continua a spostare la questione sul lato politico è Zaia. Se arriverà chiedendo 23 competenze e i nove decimi saremo di fronte a una provocazione». Il governo è pronto a cedere una parte di poteri alle Regioni, tra l’altro governate dalla Lega? «L’abbiamo detto dal 2016, eravamo già pronti a trattare. Zaia non è più forte perché siederà al tavolo con l’affluenza del 60%». Il Pd non ha avuto un atteggiamento univoco sui referendum. «Il tema è sensibile. Nel 1999 proposi quell’emendamento perché non ritenevo sensato che ogni regione ordinaria venisse trattata allo stesso modo. È giusto differenziare».