Le sirene dell'Austria di oggi

Solo cent’anni fa il vecchio impero multinazionale degli Asburgo si dissolveva sotto il peso della guerra e dei nazionalismi che la scatenarono. Ciò che rimase di quella dissoluzione fu ed è una miriade di Stati, più o meno grandi, dapprima soggiogati dall’imperialismo sovietico e dal comunismo federativo titino e poi divenuti, ancora una volta, la culla di nuovi nazionalismi fratricidi - se solo pensiamo al conflitto che ha dilaniato l’ex Jugoslavia - e di un profondo antieuropeismo, venato di razzismo, xenofobia e antisemitismo. 
Bruno Dorigatti, "Trentino", 21 ottobre 2017

 


In mezzo a questo ribollire di tensioni che ciclicamente si ripetono nelle terre della vecchia Mitteleuropa, si è posta, dal secondo dopoguerra in poi, la piccola Repubblica d’Austria, sempre sospesa fra un passato brillante e sfarzoso ed un presente da potenza medio-piccola. Con i suoi quasi nove milioni di abitanti, l’Austria non è più il cuore di un impero, né, tanto meno, l’ago della bilancia delle politiche europee e ciò alimenta frustrazioni, rese ancor più acute dall’essere stretta fra il colosso tedesco a nord, il blocco dei Paesi di Visegrad ad est e l’Italia, con i suoi sbarchi di migranti, a sud.
E’ probabilmente questa somma di fattori che ha spinto quel nuovo nazionalismo austriaco - nutrito dalle fobie di invasioni islamiche più supposte che reali, che si rifà al populismo del Partito che fu del neonazista Haider e che ha portato al Cancellierato un giovane e rampante politico spregiudicato, capacissimo di cavalcare l’onda, ma che non ha ancora chiarito come poi tradurrà il programma elettorale in programma di un governo - che sta già allarmando, per le sue componenti antieuropeiste, le principali Cancellerie del vecchio continente. 
Ciò che sembra sfuggire però ai tifosi di Kurz, che albergano un po’ ovunque nei vari Stati dell’Unione, è come il fenomeno delle migrazioni ormai non sia più riconducibile ai soli profughi di guerra. Esso è invece un processo mondiale perfino incomprensibile alle nostre possibilità di lettura, perché le colonne dei profughi di oggi, respinti con violenza dai vari confini dei vecchi possedimenti asburgici, potrebbero crescere a dismisura ed in modo tale da rendere oggettivamente difficile garantire loro qualche minima risposta sul piano umanitario e dell’accoglienza.
Ciò rappresenta uno scenario che nemmeno i propagatori di paura del presente ci fanno intravvedere, perché si potrebbe trattare di un cambiamento radicale ed epocale, come quello che travolse il mondo antico prima e l’impero romano poi; uno scenario del quale non si conosce il futuro, ma che non è fantascientifico.
Di fronte a tutto questo allora i fenomeni come quello austriaco sono segnali e non ancora esiti; sono spie di una paura irrazionale; sono tentativi di mantenere un ordine che la storia stessa si incarica di superare, a dispetto delle molte promesse elettorali e delle chiusure di frontiere anche non più attraversate quasi da nessuno, come nel caso del Brennero.
Certamente l’elezione del Cancelliere Kurz potrà creare qualche problema in più anche al di qua delle Alpi, perché alimenta le tensioni isolazioniste della destra sudtirolese, le sempre possibili spinte secessionistiche e, più in generale, quell’onda di destra che sembra lambire ogni Paese europeo. La sfida vera starà nella capacità delle classi dirigenti sudtirolesi e trentine di non farsi irretire dalle sirene del populismo e del nazionalismo; di mantenere saldi rapporti con Vienna e con Roma e, soprattutto, di elaborare una via alpina alla modernità ed alle sue molte incognite.
In questo contesto un ruolo non secondario potrebbe giocarlo anche l’Euregio ed il G.E.C.T., esprimendosi sui valori che ci accomunano e su ciò che ripudiamo, come fascismo e nazismo; potenziando il percorso fatto insieme in questi ultimi vent’anni su molte questioni di interesse generale e mettendo all’ordine del giorno un complessivo rafforzamento dei nostri rapporti, come già avvenuto in occasione del terremoto nelle Marche o del comune sforzo del mantenimento della libera circolazione al Brennero. Non si tratta di grandi cose, bensì di tessere un legame sempre più intenso fra noi, per non far sentire reietti e soli gli austriaci, contribuendo così ad isolarli e a renderli ancor più diffidenti nei riguardi dell’Unione europea e per potenziare l’Europa, guardando con un briciolo di speranza al domani.