Fabbrini: «Dramma che i giovani dicano Trentino-privilegio»

«Un dramma pubblico. Siamo di fronte a questo quando dei giovani trentini, come è accaduto sabato, applaudono Mentana che dice che l’Autonomia è un privilegio. Forse invece che promuovere ogni anno un Festival dell’Economia occorre che la Provincia ripensi anche al proprio sistema educativi».
G. Tessari, "Trentino" 27 settembre 2017

 

 

Parla molto chiaramente Sergio Fabbrini, professore di Scienze politiche e relazioni Internazionali alla Luiss e direttore della Luiss School of Government. Le parole di Mentana, e soprattutto le reazioni di chi lo ascoltava, suggeriscono a Fabbrini un’analisi che non fa sconti nemmeno sulla fisionomia della pattuglia parlamentare di chi l’Autonomia la dovrà salvaguardare a Roma.

Professor Fabbrini, sentire un giornalista, direttore di testata, parlare a quel modo dell'Autonomia fa pensare. «Mentana rappresenta la cultura nazionale di quei media che ritengono che il Trentino sia la terra del privilegio e non dell'autogoverno. Non si rendono conto di quel che dicono. L'aspetto da sottolineare, rispetto a questo episodio, è la mancanza di una contronarrazione trentina rispetto alla narrazione nazionale sulla nostra autonomia. E qui c'è un problema di leadership, non solo politica ma anche culturale».

Cosa intende? « Per contronarrazione si intende confutare con i numeri ed i fatti che non ci si trova di fronte ad un privilegio. Ma anche e soprattutto che questa esperienza di autogoverno può essere sostenuta anche da altre realtà: non occorre cioè sottrarre al Trentino competenze, ma allargarle semmai ad altri territori. E' il concetto di regionalismo differenziato. Ci si prova con il presunto referendum in Lombardia ed in Veneto».

Diversi giovani, presenti sabato in sala all'incontro con Mentana, hanno detto apertamente di essere d'accordo con lui. Si sono persi senso e radici dell'Autonomia? «Se si forma in Trentino un' opinione giovanile favorevole al centralismo c'è da preoccuparsi. Vuole dire che qualcosa non ha funzionato. Nè sul piano educativo, né sul piano politico in senso ampio. Se anche qui c'è chi legge, come avviene all'esterno, l'Autonomia come un privilegio, siamo di fronte ad un dramma pubblico».

A che cosa lo ascrive? «Vuole dire che il governo della Provincia, che le stesse scuole, debbono ripensare ai propri programmi educativi. Servirebbe una maggiore discussione pubblica su questa che è una delle grandi conquiste del Trentino. Va bene promuovere il Festival dell'Economia ogni anno ma con questi presupposti è fondamentale che si pensi ad un appuntamento simile per promuovere anche l'Autonomia».

Fabbrini, a conferma di uno strano clima occorre dire di sale vuote durante i convegni aperti al pubblico sui lavori della Consulta per il nuovo Statuto. «È un altro aspetto di quello che si diceva prima. Con la scomparsa dei grandi partiti a Roma il Trentino si è indebolito. In particolare con la crisi della Dc si è persa una sponda importante per promuovere gli interessi della “specialità”. C'è un problema di rappresentatività nazionale del Trentino che va affrontato. Non si può pensare basti un Patt che, magari, punta a diventare un partito di raccolta come la Svp. Se il Trentino viene rappresentato a Roma dal Patt viene dimenticato e schiacciato».

Che ricetta si sente di suggerire? «Servono partiti forti, una presenza dentro il governo. Non ci può essere, per esempio, rivalità sui candidati da proporre per Roma: debbono essere scelti avendo in mente che debbono servire ad un sistema, debbono lavorare assieme soprattutto su questo tema. Ci servirebbe un ministro, un presidente di commissione che sappia darci risonanza nazionale. Se, viceversa, l'Autonomia si burocratizza, è la fine».