Borgonovo Re: «Non mi candido a meno che non ci sia bisogno di me» Il segretario Gilmozzi: «Io difendo il partito, non lei»

Gilmozzi: «E' passato il messaggio che io abbia difeso la Borgonovo Re. Io non ho, in realtà, difeso nessuno. Ho cercato di difendere gli interessi del partito: per me questo si realizza facendo rientrare questa polemica ed evitando le dimissioni della presidente».
G. Tessari, "Trentino", 8 settembre 2017

 

Psicodramma nel Pd, modalità on: si continua. Perché? Donata Borgonovo Re conferma di non volersi candidare né a Roma né in Provincia «a meno che non sia il partito a dirle di avere bisogno di lei». Ma non solo: la consigliera fa sapere di essere disposta pure a «rimettere il mandato se l'assemblea del Pd si sentisse troppo a disagio con la sua presidente». Toccherà comunque a lei convocare l'assemblea per la parola finale (almeno nell'immediato) sul suo destino, probabilmente ad inizio ottobre. Per intanto ci pensa il segretario Italo Gilmozzi a piazzare la sordina, ribadendo una linea ecumenica elevata alla massima potenza: «E' passato il messaggio che io abbia difeso la Borgonovo Re. Io non ho, in realtà, difeso nessuno. Ho cercato di difendere gli interessi del partito: per me questo si realizza facendo rientrare questa polemica ed evitando le dimissioni della presidente» si limita a dire centellinando, non senza sforzo, le parole. L'altra sera alla riunione ristretta del coordinamento del Pd, otto i membri eletti più i consiglieri e i parlamentari, la Borgonovo Re c'era, contrariamente alla riunione dell'assemblea della sera precedente, out per via di un attacco febbrile. A loro, all’assemblea, ha affidato una mail in cui ribadisce ed argomenta la possibilità di non candidarsi: «Da tempo sta maturando in me, come ben sa il nostro segretario ed alcuni colleghi con i quali mi sono confrontata, la decisione di non partecipare alle prossime scadenze elettorali, nazionali e provinciali. Le ragioni sono molte, a partire certamente dalla convinzione di aver tradito un numero significativo di elettori che mi avevano dato fiduciosi un mandato che non è stato rispettato come meritava». Il tempo per la Borgonovo non ha dunque lenito la sofferenza: «Ne ho già parlato pubblicamente più volte e il tempo trascorso da quel feroce 24 luglio 2015 non ha cambiato di una virgola questa percezione. Né sono nuove le considerazioni sul silenzio assordante del PD di allora: credo che prendere atto dei fatti e considerare la realtà non debba offendere nessuno, anche se l'operazione è, come in questo caso, non poco sgradevole». Ma il passaggio conclusivo lascia aperte, anzi spalanca, tutte le porte. E qui la Borgonovo Re tocca uno dei modus operandi più classici della politica: «Però devo aggiungere una considerazione necessaria: poiché sono comunque parte di un percorso collettivo, e sento la responsabilità del mio esserlo (in caso contrario, me ne sarei andata due anni fa com'ero tentata di fare, e credo ne comprenderete le ragioni) affido al mio partito il compito, quando sarà il momento ovviamente, di dirmi se e come ha eventualmente bisogno di me, come di altri. E sarà quello il momento della decisione».

Il giorno prima una trentina di iscritti aveva mandato a sua volta una lettera alla presidente del partito, in cui sui diceva di «smettere di usare il consenso personale come un'arma per definire gli equilibri politici» e, in definitiva, di lasciare da parte le lamentazioni, firmata tra gli altri da Gigi Olivieri e da Elisabetta Bozzarelli: «Beh, io ho chiesto esplicitamente a Donata, durante il coordinamento, di dire chiaramente all’assemblea del partito se ha dei dubbi sul continuare a mantenere la carica di presidente. Non è l’assemblea che deve dire “ti vogliamo o non ti vogliamo più”. La scelta è sua: ma Borgonovo Re deve essere motivata e decisa a guidare il partito per quest’anno che sarà importantissimo per il Pd. Ma occorre che Donata lo faccia con convinzione ed entusiasmo» chiude la consigliera.