La prospettiva, precisa, «sarebbe davvero epocale». «E mi attira molto» ammette il sindaco del capoluogo Alessandro Andreatta. Che a pochi giorni dall’inizio delle sue ferie estive svela una nuova visione di mobilità cittadina sulla quale Comune e Provincia stanno discutendo da un paio di mesi. E che permetterebbe di recuperare quell’idea di boulevard lanciata negli anni Duemila dall’architetto catalano Joan Busquets ma rimasta sempre al palo.M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 8 agosto 2017
Sindaco Andreatta, qual è la nuova prospettiva a cui state lavorando?
«Si tratta di un dibattito in corso, stimolato dal progetto del quadruplicamento della ferrovia del Brennero, che per quanto riguarda il capoluogo prevede un passaggio in galleria sotto la collina est. Bene, l’idea che sta maturando è di interrare i binari in città destinati ai treni passeggeri, affiancando il tracciato del Nordus (la dorsale nord-sud, ndr ) e lasciando la stazione dov’è».
Quali sarebbero i passaggi?
«L’idea è di utilizzare in un primo momento la galleria sotto la collina est sia per i treni merci che per quelli passeggeri, realizzando una stazione provvisoria e poco costosa a Trento nord. Nel frattempo, si dovrebbe procedere all’interramento dei binari in città, realizzando sullo stesso tracciato — di fatto, quello del boulevard — anche il Nordus. In questo modo il passaggio dei treni merci sarebbe esterno alla città, mentre quello per i passeggeri rimarrebbe in centro, ma sottoterra, mantenendo la stazione al suo posto. Con la possibilità di realizzare, al posto dei binari, spazi per la mobilità leggera di pedoni e ciclisti. Sarebbe un progetto epocale, interessante e affascinante. Una grande opportunità per Trento, che mi attira parecchio. Ma ammetto che ci sono delle incognite».
Quali?
«Sono di due tipi: economiche e legati ai tempi. Per quanto riguarda le risorse, è facile capire quanto la questione sia centrale: si dovrà valutare la possibilità di accedere a fondi nazionali ed europei. Sul fronte dei tempi, la mia preoccupazione è soprattutto per il Nordus: non voglio bloccare la città per anni. Si dovrà capire se sarà possibile prevedere qualche ipotesi provvisoria, anche su gomma, per rafforzare il servizio. Ne riparleremo a settembre: serviranno confronti, analisi. È un lavoro lungo».
Nel frattempo state lavorando anche al nuovo Piano regolatore generale.
«Sì, l’équipe è attiva da due mesi. Sono stati svolti incontri importanti, che hanno fatto emergere temi strategici. Uno su tutti: la necessità di non lavorare per compartimenti stagni, ma con una visione a 360 gradi. Turismo, cultura, agricoltura, sport: tutti si incontra e il ragionamento deve comprendere tutto».
Rimanendo nel campo della trasformazione cittadina, l’attenzione è tornata su piazza Mostra. Anche il Cafè de la Paix getta la spugna. Eppure quella è una piazza strategica.
«È vero. Non c’è nessuna piazza davanti a un castello che sia così poco valorizzata. Ma quella piazza sarà recuperata: lo dobbiamo alla città e al castello. Poi diventerà tutto più facile: quello slargo sarà un pullulare di iniziative. E sarà collegato al castello: se non sarà possibile interrare la strada, magari si potranno creare collegamenti pedonali sotto la via, con la biglietteria fuori dal castello e caffè, ristoranti, attività. Questo intervento è una priorità».
Passiamo alla politica. Come valuta il quadro nazionale?
«Si tratta del quadro più incerto degli ultimi 20-30 anni. Vedo un elettorato molto rancoroso e c’è anche un po’ di “randagismo”, con elettori che cambiano spesso partito. C’è poco spazio per la politica come terreno di confronto e di argomentazione».
Dei partiti cosa dice?
«I 5 Stelle mi pare preferiscano la pars destruens alla pars costruens, mentre sul fronte del centrodestra c’è stato un ricompattamento».
E il Pd?
«La leadership di Matteo Renzi mi sembra oggettivamente un po’ appannata. Da un lato pesa il suo carattere, dall’altra c’è una questione politica: l’idea del Pd che può fare da solo non la capisce nessuno. In questo quadro, è importante ritrovare lo spirito di ricostruzione degli anni migliori».
Una riflessione che vale anche per la provincia?
«Nel centrosinistra autonomista provinciale vedo troppe incompatibilità personali e troppi ideologismi. Sarebbe importante tornare alle radici della coalizione».
Anche perché tra un anno si vota.
«Il problema non è quello di perdere le elezioni: personalmente, sono ancora fiducioso nella forza della coalizione. Il nodo riguarda la tutela dell’autonomia, non intesa come difesa ma come promozione di ciò che siamo. C’è poi un altro aspetto».
Prego.
«È necessario che tutti riscoprano il concetto di sobrietà. Si tratta di un dato non solo personale, ma anche politico e istituzionale. Di più: anche il mondo dell’impresa deve sentirsi parte di questa logica, così come quello del sindacato e della cooperazione. In una fase di risorse in calo, serve più responsabilità per scegliere il meglio e investire nelle priorità».
Rimanendo sul fronte politico, Alberto Pacher ha rilanciato l’idea di un Pd territoriale. Condivide questa prospettiva?
«Ammetto che io ho un’idea diversa. A suo tempo avevo accarezzato l’idea di un partito confederato. Ma ora sono convinto della bontà di un contatto reciproco con Roma. Questo “va e vieni” è positivo e utile».
E il partito dei sindaci la convince?
«No, mi sembra una sorta di contraddizione. Lo considero uno strumento sbagliato. Sia chiaro, non è un giudizio su chi ne fa parte, che stimo. La mia critica è sull’ipotesi politica. Anche se vedo degli aspetti positivi: i sindaci di questa iniziativa sono contro i populismi e la demagogia e dimostrano un approccio pragmatico e poco ideologico».
Arriviamo al livello comunale.
«Dopo il primo anno faticoso, da settembre stiamo andando avanti bene. La maggioranza si è ricompattata e in Aula non fa mancare il sostegno. Anche se dietro questa coesione c’è un grande lavoro politico che non si vede. Devo dire che nell’ultimo anno anche l’opposizione si è dimostrata non barricadera: dura, critica, ma senza bloccare i lavori».
Il Pd però si è diviso.
«Ho incontrato tutto il nuovo gruppo. Tutti mi hanno ribadito la loro lealtà: certo, su alcuni temi saranno critici. Ma sono fiducioso».
Intanto si inizia già a respirare aria di campagna elettorale.
«Qualcuno potrà giocarci su e cercare di ritagliarsi spazi. Personalmente, non mi farò invischiare in questo meccanismo e continuerò a lavorare per la città».
Quindi niente candidatura alle provinciali?
«La gente se lo aspetta: me lo sono sentito chiedere nei rifugi e sulle vette. Ma no: nel 2020 smetto e torno a insegnare. Bisogna dare dei segnali».
E il suo successore chi sarà? Gli assessori, in questi giorni, hanno detto la loro.
«Ho visto. Ma su questo non intervengo».
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