Nel giorno in cui l’Europa ha incassato l’ennesima offesa da parte del terrorismo, si è ragionato sui modi e sui protagonisti possibili per una ripartenza di un vecchio continente frastornato e confuso.
"Trentino", 19 agosto 2017
E lo si è fatto a Pieve Tesino, paese natale dello statista Alcide De Gasperi, nei giorni dell’anniversario della sua morte: tantissima gente, un teatro tenda colmo di oltre 400 persone, per ascoltare la Lectio Magistralis (quella di ieri era la 14 edizione) tenuta dall’ex presidente del Consiglio Enrico Letta e dal direttore dell’Istituto Italo-Germanico di Trento, Christoph Cornelissen. Al centro della Lectio un fatto: due Paesi centrali dell’Unione Europea come l’Italia e la Germania non si muovono più sui binari confidenti di un tempo, con una sorta di isolamento dei primi e con una diffidenza crescente (da combattere secondo i prestigiosi relatori) nei confronti dei tedeschi. Ma va detto che non pochi tra quanti costituivano la platea del teatro tenda allestito dalla Fondazione De Gasperi ieri erano lì anche perchè ritenevano che l’attuale professore universitario (sì.,Enrico Letta ora è direttore della Scuola di Affari internazionali a Parigi) pur avendo fatto un passo di lato rispetto alla politica, sia ancora un’alternativa possibile ai leader esistenti.
Ed era infatti una platea variegata quella di Pieve Tesino: presenti tutte le massime cariche politiche trentine con la inedita presenza, per la lectio, del senatore della Svp Karl Zeller, e tra gli altri dell’ex ministra Mariastella Gelmini e di Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo. La Lectio, introdotta non a caso dall’Inno all’Europa cantato del coro Valsella di Borgo Valsugana, è stata introdotta dal presidente della Fondazione Giuseppe Tognon e dal sindaco di Pieve Tesino Carola Gioseffi. Il tema era “De Gasperi Adenauer, Italia-Germania, Ieri e oggi?”. Cornelissen, da storico, ha chiarito davanti anche alle tre figlie dello statista (Maria Romana, Cecilia e Paola) il perchè del rapporto proficuo tra i due leader: «L’essere riusciti a collegare la politica a una nuova idea di unificazione europea è parte del loro merito storico. L’affinità elettiva tra i due statisti venne certamente favorita da alcuni elementi comuni delle loro biografie: la provenienza da una zona di frontiera, l’esperienza politica sotto diversi regimi politici, la persecuzione da parte dei regimi totalitari. Come anche la partecipazione a una rete europea, di partiti cristiano-democratici, rivitalizzata subito dopo la fine della guerra».
Poi è toccato a Letta: «Non sarà che alle origini degli squilibri che hanno caratterizzato gli ultimi tempi della vita europea vi è anche la fine del rapporto privilegiato, intenso e positivo, tra Italia e Germania?» si è chiesto. La sua prolusione non ha fatto che confermare la tesi iniziale: «Dopo De Gasperi e Adenauer la relazione politica è continuata sull'asse tra i due governi e, soprattutto, su quello tra i due partiti democratico cristiano che hanno contemporaneamente dominato la scena dei due paesi nella seconda parte del secolo scorso. È stata una relazione proficua per l'Italia e per la Germania ma è stata fondamentale soprattutto per l'Europa. Molti anni sono ormai passati da quei momenti. E oggi si deve avere l'onestà intellettuale e storica di constatare che quel rapporto politico così positivo e intenso non c'è più» ha detto l’ex premier. Poi Letta ha proseguito: «Ma probabilmente non ci si deve limitare a parlare del venir meno della relazione, si tratta in realtà di molto peggio. In Germania sembra essersi allentato da tempo l'interesse per un investimento di relazione con l’Italia. E nel nostro mondo politico si è allo stesso ormai sviluppato un discorso anti tedesco che in forme diverse vede protagonisti tutti i leader delle principali forze politiche italiane attuali». Insomma un duplice flusso di comportamenti che finisce per ampliare differenze e diffidenze. Morale, tra gli applausi:« L'Europa ha bisogno di riequilibrare la sua costruzione, troppo centrata su una dimensione monetaria priva di sufficienti basi economiche e politiche. Perché questo riequilibrio avvenga la Germania deve uscire dal suo arroccamento sulle riforme europee per far sì che l'Euro diventi davvero sinonimo di crescita per tutti».
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Un nuovo grande patto tra i Paesi dell’Unione europea, all’insegna di due parole chiave: responsabilità e solidarietà. Per far ripartire il progetto comunitario, oggi in una «crisi conclamata», ma che resta fondamentale per i cittadini: a maggior ragione in un mondo, quello del futuro prossimo, fatto da dieci miliardi di abitanti, nel quale gli europei da un sesto passeranno a un ventesimo. Enrico Letta, ex premier e preside della scuola politica Sciences Po di Parigi, mette al bando la retorica nella sua Lectio degasperiana condivisa con lo storico Christoph Cornelissen. Negli interventi gli appelli all’eredità — ancora «attualissima» — di Alcide Degasperi e la condanna per le azioni terroristiche in Spagna.
I fatti di sangue a Barcellona turbano il clima della giornata degasperiana che porta un ampio pubblico nel tendone allestito a Pieve Tesino, paese natale dello statista. Il presidente della Fondazione Degasperi, Giuseppe Tognon, si scusa per la mancanza di sedie sufficienti.
«Continuano a ripetersi — accusa Letta —, a scadenza regolare, episodi terribili di portata globale che lasciano senza parole. La comunità internazionale si dimostra priva di strumenti efficaci».
La lectio, composta dai due interventi sulle figure di Degasperi e Konrad Adenauer, si concentra sull’evoluzione del rapporto italo-tedesco. Esordisce Cornelissen, da poco guida dell’istituto storico italo-germanico, di fronte alla platea che annovera anche Maria Stella Gelmini e Pierluigi Castagnetti. «Degasperi e Adenauer avevano elementi in comune e da capi di Stato sono stati padri dell’Europa unita. Hanno offerto alle loro popolazioni, stremate dal crollo morale della sconfitta bellica, orizzonti culturali e valoriali destinati a durare nel tempo. Degasperi, di cui Adenauer aveva stima sincera, scrisse che “per unire i Paesi europei è necessario più smobilitare che costruire, smontare i rispettivi pregiudizi”. I governi, diceva, devono mostrarsi più risoluti nello sbloccare i loro Paesi. Parole ancora condivisibili».
Letta raccoglie il testimone affermando che «oggi viviamo la fine del rapporto intenso e positivo tra due Paesi, Italia e Germania, che iniziò a partire dal rapporto tra i due capi di Stato». L’ex premier definisce fondamentale «il protagonismo italiano» durante le tappe storiche di costruzione del progetto comunitario. All’asse franco-tedesco si è associato la relazione Italia-Germania. «Questo rapporto purtroppo — continua — è entrato in crisi per vari fattori». Ad esempio per la frammentazione politica in Italia dopo la caduta del Muro di Berlino. «Oggi — riprende Letta — siamo al punto più basso. In Italia i capi dei principali partiti se la prendono con Merkel per strappare facili applausi. Io non difendo la Bundesbank, ma dico: noi italiani siamo esenti da critiche? L’Italia ha bisogno di un discorso di verità. Nessuno nella Ue ha interesse a una divisione. L’ipertrofia della moneta unica si accompagna a una debolezza politica e economica. C’è quindi bisogno di un nuovo scambio dopo la caduta del Muro di Berlino, la riunificazione tedesca e l’ok della Germania alla moneta unica. Un patto all’insegna della responsabilità e della solidarietà, nel pensiero di Degasperi e Adenauer».
Letta elogia il contributo degli italiani, a partire da Mario Draghi, guida della Bce: «Gli storici lo ricorderanno come colui che ha salvato l’Unione e l’Italia, garantendo le basi per la ripartenza». Poi continua sull’immigrazione, come punto sul quale riannodare il filo comune italo-tedesco: «È una grande occasione per imporre un cambio di passo alla Ue. La situazione non cambierà. L’Africa raddoppierà. In un mondo in cui arriveremo a dieci miliardi servono soluzioni lungimiranti, come quelle di Degasperi e Adenauer. Sappiamo la differenza tra un politico e uno statista, non si inseguono tre voti in più alle prossime elezioni». Qui si può leggere una critica anche a Renzi. Letta conclude dicendosi ottimista anche per gli italiani: «Hanno grande capacità di inventiva e adattamento. Bisogna però vedere per l’Italia come sistema».