Nel dibattito politico di mafia si parla ormai troppo poco. Passati gli anni Novanta e il periodo degli attentati, Cosa nostra ha consapevolmente scelto una strategia più attenta, finalizzata a non far accendere su di sé i riflettori dell’opinione pubblica. Andrea La Malfa, "Corriere del Trentino", 14 luglio 2017
Le mafie sono ancora oggi una questione centrale per il Paese, avendo una pervasività sparsa in molti settori economici e di ordine pubblico nonché una diffusione sul territorio che spesso sottovalutiamo e che coinvolge anche il Nord Italia.
Conclamato è il loro ruolo nel business dello smaltimento illegale dei rifiuti tossici delle aziende, come nel traffico di droga internazionale che, poi, arriva nelle nostre città ceduta ai piccoli gruppi di spacciatori. Non dobbiamo però commettere l’errore di pensare che niente si è fatto negli ultimi anni. Dal punto di vista legislativo, pochi giorni fa il Senato ha approvato il nuovo codice antimafia, che ora passerà alla Camera per l’approvazione finale. A ciò dobbiamo aggiungere la legge sul caporalato e sugli ecoreati: quest’ultima in particolare, a due anni dalla sua approvazione, sta dando ottimi risultati, come riporta il rapporto 2017 redatto da Legambiente e presentato il 16 maggio scorso.
Oltre la repressione, la lotta alle mafie ha in sé un aspetto culturale da non sottovalutare. La criminalità organizzata si diffonde meglio ad alcune condizioni: dove lo Stato è assente, dove le prospettive di lavoro sono carenti, dove l’etica pubblica viene marginalizzata. Non è un caso se una persona che si è occupata di repressione alla mafia, come il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ripeteva spesso: «Lo Stato dia come diritto ciò che le mafie danno come favore». Credo perciò che il legame tra la diffusione di una cittadinanza attiva e consapevole, soprattutto tra i giovani, e il contrasto alle mafie sia strettissimo. Di rimando, raccontare delle mafie, ossia far capire i meccanismi che la regolano e le storie di chi si è opposto al sistema diventa un metodo efficace per favorire la responsabilizzazione e la consapevolezza del ruolo dell’essere cittadino.
In particolar modo dobbiamo considerare come la generazione nata dopo Capaci e via D’Amelio non ha alcun ricordo, per ragioni anagrafiche, di quel periodo che sconvolse l’Italia e che diffuse gran parte della sensibilità ancora oggi presente nell’opinione pubblica. Memoria collettiva e individuale spesso si intrecciano; quando la seconda manca, annodare i fili della prima richiede un impegno maggiore, ma proficuo.
È anche sulla base di simili considerazioni che alcuni anni fa abbiamo avviato il percorso dei «Campi della legalità», insieme ad Arci Bolzano, con la collaborazione dello Spi-Cgil Trentino e il supporto delle Politiche giovanili della Provincia autonoma di Trento e dell’Ufficio giovani della Provincia autonoma di Bolzano. «Campi della legalità» è un progetto rivolto a giovani dai 16 ai 25 anni delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Gli iscritti partecipano a un percorso prepartenza di laboratori storici che raccontano la storia della mafia e del movimento antimafia. Segue quindi un viaggio in Sicilia, a Corleone, dove i partecipanti soggiornano in un bene confiscato alla mafia. Qui lavorano nei campi agricoli confiscati, conoscono persone impegnate nel movimento antimafia, visitano i luoghi simbolo di questa lotta: Portella della Ginestra, località della strage del Primo maggio 1947, Palermo, Cinisi con la casa della memoria di Peppino Impastato. Al ritorno i partecipanti sono chiamati a restituire tramite iniziative aperte e racconti nelle scuole la loro esperienza.
Negli anni abbiamo cambiato mete e strumenti, ma l’obiettivo è rimasto far conoscere ai giovani il fenomeno mafioso e soprattutto trasmettere la responsabilità che ognuno di noi ha come cittadino. Tanti partecipanti sono proprio ragazze e ragazzi sulla soglia della maturità, un passaggio importante della vita di ognuno perché cambia il nostro rapporto, di diritti e doveri, verso la collettività. In questo percorso e nel racconto che facciamo dell’esperienza compiuta ci piace rievocare anche gli esempi più belli: quelli degli «eroi civili» come Falcone, Borsellino, Rizzotto. E ancora le realtà dell’antimafia sociale, coloro che gestiscono i beni confiscati, come la cooperativa «Lavoro e non solo» che per dieci giorni ospiterà a Corleone il gruppo di giovani delle nostre due province, e a cui i nostri partecipanti prestano il loro lavoro volontario, nelle vigne e nei campi che una volta erano dei Riina e che oggi raccontano un’altra storia. Una storia di riscatto.
Il «diario di bordo» che ogni giorno i partecipanti ai «Campi della legalità» sono chiamati a scrivere ha trovato ospitalità sul Corriere del Trentino e sul Corriere dell’Alto Adige . Ogni giorno leggerete un resoconto del viaggio, un modo per raccontare a tutti un’esperienza di impegno. Il nostro impegno sarà di farlo al meglio delle nostre possibilità.
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