Il Partito democratico del Trentino prova ad avviare il suo percorso territoriale e confederato. Ieri sera l’assemblea ha infatti discusso un documento per iniziare un primo momento di consultazione e ascolto dei circoli per capire la loro posizione e raccogliere i suggerimenti che dal territorio provengono, ma al momento di andare in stampa il testo non era ancora stato votato.
A. Rossi Tonon, "Corriere del Trentino", 4 luglio 2017
La discussione è stata viva e ha visto emergere quattro diverse proposte: la prima, sostenuta anche Lucia Maestri, favorevole al partito territoriale e determinata affinché l’assemblea arrivasse al voto. La seconda, sostenuta anche da Sara Ferrari, contraria invece alla via confederata. La terza che proponeva di emendare una prima formulazione e che poteva contare sull’appoggio di Luigi Olivieri. Infine la quarta, determinata a rinviare la votazione prendendo tempo per un confronto più ampio che coinvolga i circoli.
In realtà quest’ultimo passaggio è già contemplato sia nella prima formulazione del testo che propone la confederazione sia nella sua versione emendata. La prima chiariva che «l’iter politico» avrebbe preso avvio dopo un confronto con «tutte le forze politiche interessate a questo percorso», nonché l’associazionismo e le categorie economiche. Infine si dava direttamente «mandato al segretario provinciale» di avviare la costituzione del Pd confederato, mentre la versione emendata metteva nero su bianco i momenti di confronto con i circoli.
Invariato il chiarimento all’origine della scelta: «La territorialità non va vista come fuga strumentale dalle dinamiche nazionali o come chiusura localista, ma come recupero di una collocazione strategica, di un luogo di azione politica, di una rappresentanza sociale, di una missione». Il progetto del “nuovo” Pd trentino è infatti quello di rappresentare un «ambizioso laboratorio politico» con l’obiettivo di essere, fino in fondo, la principale forza di governo del centrosinistra autonomista, «garantendo alla coalizione una visione progressista e riformista».
Una delle sfide principali che il partito si propone di affrontare è il tanto temuto astensionismo elettorale che, come si legge nel documento, è il «segno di un crescente disagio e di una profonda disaffezione nei confronti della politica e delle stesse istituzioni democratiche».
Nel frattempo i quattro «fuoriusciti» prendono tempo per una riflessione. Nessuna azione per la nascita di un nuovo gruppo in consiglio comunale legato al movimento di Giuliano Pisapia è ancora stata intrapresa. L’iter prevede la presentazione di una richiesta formale alla presidenza dell’aula. Estremamente difficile, per non dire impossibile, che Alberto Salizzoni, Vanni Scalfi, Corrado Bungaro e Silvio Carlin ci ripensino, anche se i nodi dovrebbero sciogliersi ufficialmente entro le prossime due settimane.