La storia del Partito Democratico del Trentino è stata profondamente segnata dalla specificità del contesto istituzionale, politico e sociale della nostra provincia. Fin dalla sua nascita, l’esigenza di dare adeguata forma politica alle necessità imposte da un modello istituzionale autonomistico e da una realtà sociale fortemente orientata all’autogoverno e al protagonismo civico, è stata al centro delle preoccupazioni delle donne e degli uomini che hanno dato vita a questa esperienza politica.
Trento, 3 luglio 2017
In questa ottica è anche la genesi dell’art. 13 dello Statuto Nazionale del Partito Democratico.
L’Autonomia trentina non è un mero fatto amministrativo, ma una dimensione di saperi, di comportamenti collettivi, di rapporti produttivi, di capitale umano e sociale, di processi sociali e culturali, che poggia le basi su una storia secolare ma che, soprattutto, ha preso forma concreta in settant’anni di virtuosa realizzazione delle opportunità garantite dagli accordi internazionali e dalle norme costituzionali, queste ultime frutto a loro volta di una positiva dialettica tra lo Stato e le istituzioni locali.
Questa lunga storia ha fatto sì che, oggi, il Trentino sia una provincia che si autogoverna, che si regge sulle entrate derivanti dalla ricchezza prodotta sul territorio, che compartecipa responsabilmente al risanamento dei conti pubblici a livello nazionale. La capacità di interpretare in modo originale la specificità territoriale ha permesso che il Trentino potesse rappresentare, negli ultimi vent’anni, una positiva anomalia nel quadro di un nord Italia che, nei consensi elettorali, ha abbracciato la causa leghista e berlusconiana.
Stiamo vivendo ora una stagione segnata da radicali trasformazioni: economiche, con l’impatto sul territorio dei flussi della globalizzazione, che rappresentano al contempo un rischio e una grande opportunità; sociali, alla luce di mutamenti demografici derivanti da un lato dal progressivo invecchiamento della popolazione e dall’altro dai fenomeni migratori; politici, con la crisi dello schema bipolare a livello nazionale, con l’emergere di nuove forme di civismo a livello locale, ma soprattutto con la crescita esponenziale, anche in Trentino, dell’astensionismo elettorale, segno di un crescente disagio e di una profonda disaffezione nei confronti della politica e delle stesse istituzioni democratiche.
Per queste ragioni, il Partito Democratico del Trentino non può smettere di essere protagonista dell’innovazione politica nel contesto provinciale nonché recuperando anche un livello organizzativo Regionale con il PD del Alto Adige/Sudtirol, in quanto forza responsabile di governo e perno di una coalizione, deve e vuole porsi l’obiettivo di valorizzare al meglio le risorse, le vocazioni, le potenzialità, le intelligenze, le esperienze e le conoscenze di cui è ricca la comunità trentina in una mobilitazione forte e partecipata, per costruire un’idea collettiva e condivisa del Trentino del futuro.
Vogliamo riconnettere la politica al territorio, recuperando la capacità di ascoltare e parlare alla società, rivendicando il ruolo avuto dalla sinistra nel governo dell’Autonomia e arginando ogni tentazione localistica e conservatrice, che è l’esatto contrario di ciò che il centrosinistra trentino è riuscito a fare in questi anni di governo: la coalizione, infatti, non si è limitata a garantire stabilità di governo, ma ha saputo coniugare le diverse esperienze del riformismo, del popolarismo e dell’autonomismo in un progetto di sviluppo che ha messo al centro innovazione, inclusività, coesione ed equità sociale.
Il Partito Democratico del Trentino deve proporsi quindi come un ambizioso laboratorio politico, per continuare a rappresentare la principale forza di governo del centrosinistra autonomista, garantendo alla coalizione una visione progressista e riformista e contribuendo a dare al modello di autogoverno del Trentino una dimensione regionale, nazionale ed europea.
Le sfide elettorali che abbiamo di fronte, tanto quelle nazionali (con la necessità di dare piena forma al discorso coalizionale nelle candidature ai collegi uninominali di Camera e Senato) quanto quelle provinciali, saranno il banco di prova sul quale ridisegnare il PD del Trentino, innovarne la forma partito e le modalità dell’agire politico.
Partendo dal primo articolo dello Statuto del Partito Democratico (“Il Partito Democratico è un partito federale [...]”) ed interpretando il potenziale di innovazione derivante dal quarto comma dell’articolo 11 (“Forme speciali di autonomia per rispondere a peculiari esigenze territoriali, in via sperimentale o permanente, possono essere richieste dalle Assemblee regionali o dalle Assemblee provinciali di Trento e Bolzano con la procedura prevista per la revisione dei propri Statuti”) e soprattutto dall’art. 13, riguardante gli “Accordi confederativi” (c.1 “Qualora in una regione a statuto speciale o in una provincia autonoma si realizzino le condizioni per costituire una forza politica capace di rappresentare l’elettorato di orientamento Democratico, il Partito Democratico, a fronte della reale adesione locale al progetto, stabilisce con essa un rapporto confederale. [...]”. c.2 “[...] Per le elezioni regionali e locali l’accordo confederativo comporta la rinuncia del Partito Democratico a presentare proprie liste ovvero la regolare presentazione di liste elettorali comuni con il partito locale confederato.”), l'Assemblea del PDT ritiene opportuno verificare le potenzialità di una forma partito che sappia coniugare le anime culturali e politiche del riformismo, del popolarismo, dell’ambientalismo e del civismo trentino, e che abbia come riferimento il Partito Democratico e il Partito Socialista Europeo; un partito capace di agire al contempo sul piano provinciale, con proprie regole, propri tempi, propri processi organizzativi e con piena autonomia politica; un partito che si ponga l’obiettivo di essere soggetto responsabile di coalizione e di governo, che sappia porsi al centro di reti politiche multilivello, moderno, inclusivo, partecipato, innovativo ed innovatore, in grado di valorizzare al massimo il coinvolgimento dei circoli e dei coordinamenti territoriali.
La territorialità non vista dunque come fuga strumentale dalle dinamiche nazionali o come chiusura localistica, ma come recupero di una collocazione strategica, di un luogo di azione politica, di una rappresentanza sociale, di una missione: un modo per recuperare la capacità della politica di connettere le persone e i territori alla politica e alle istituzioni, mettendo al centro del proprio agire le comunità locali e il territorio, le nostre risorse, le nostre specificità politiche, promuovendo il confronto tra le intelligenze, le competenze e le conoscenze diffuse nella società.
L’Assemblea del Pdt ritiene necessario intraprendere una fase di ascolto, partendo dai propri circoli, che coinvolga la Comunità Trentina nelle sue articolazioni democratiche, economiche e sociali al fine di verificare la necessaria condivisione di tale proposta politica.