«Il Trentino Alto Adige dovrebbe essere orgoglioso del modello di autogoverno che ha elaborato. Ci sono delle ragioni storiche che giustificano l'Autonomia e che nessuno può cancellare: sia esso studioso o politico». Della piena aderenza ai tempi della Specialità è convinto Sergio Fabbrini, professore di Scienze politiche e relazioni internazionali e direttore della Scuola di governo alla Luiss Guido Carli di Roma.G. Tessari, "trentino", 14 giugno 2017
Il docente interviene in giornate difficili per l’Autonomia e la rilancia senza se (e con pochi ma) dopo la bocciatura della legge elettorale a Roma e la cancellazione dei collegi in Regione. E a commento di una serie di prese di posizione che ne hanno, una volta di più, messa in dubbio la sua attualità politica. E la sua permanenza.
Professor Fabbrini ritiene che le ragioni per la Specialità in questi territori siano ancora valide e sufficienti? «La storia di questa regione parla di un territorio che è passato attraverso conflitti formidabili, il processo di nazionalizzazione dell'Alto Adige ha negato per anni i diritti fondamentali a quelle popolazioni. Ottenendo in qualche caso una radicalizzazione che le ha portate ancora più a destra. Chiunque abbia piedi per terra e buonsenso pensa che non si possa disconoscere la necessità di trovare accordi con gruppi di cittadini che, culturalmente, si riconoscono in un altro gruppo linguistico».
Sembra ci sia bisogno, ad intervalli regolari, di rinfrescare però le ragioni alla base della Specialità. «E’ vero che la democrazia e l'autonomia hanno un bisogno costante di essere alimentate. Serve una “narrativa” che consenta ai cittadini di conoscere le ragioni della Specialità in condizioni che cambiano».
Se le ragioni dell'Alto Adige appaiono molto evidenti, c'è chi mette in dubbio ve ne siano ancora di sufficienti per mantenere l'Autonomia in regione a sud di Salorno. «Questo è un problema storico. A Roma ho avuto modo negli anni di difendere le ragioni del Trentino: la storia non si cancella, uno non può alzarsi la mattina e cambiarla. Il Trentino è stato l'ultimo pezzetto di Italia ad entrare nello Stato unitario. Il Trentino ha elaborato delle proprie istituzioni, visto che un tempo faceva parte di un impero non italiano: in questo processo si è trovato a fare da ponte tra il mondo tedesco. Non è insomma l'Emilia Romagna, non è una regione pienamente collocata al centro del Paese».
Questione autonomistica da portare avanti in sinergia con Bolzano. O no? «Se posso dire, la leadership altoatesina farebbe un errore a pensare di poter fare a meno del quadro regionale: è nel loro interesse costruire due comunità distinte che tuttavia collaborino in un assetto appunto regionale. Un assetto leggero ma presente».
A Roma queste motivazioni, visto quello che è successo alla Camera, sembrano contare sempre meno. «La condizione dell'Autonomia è infatti “pericolante”. E sue due fronti. Gli italiani diranno sempre “siete dei privilegiati”. Una critica sbagliata. L'uso delle risorse autonomistiche che hanno cambiato il volto della regione la rendono non accoglibile. Sul fronte dei cittadini di lingua tedesca vanno fermate le pulsioni di stampo nazionalistico, che pure ci sono».
Che ne pensa dell’emendamento dell’esponente di Forza Italia Michaela Biancofiore che ha ottenuto l’annullamento dei collegi? «L'emendamento dell'onorevole Biancofiore aveva un carattere fortemente nazionalista e centralista, con un sapore che ci riporta al periodo tra le due Guerre. Lei è l'espressione di una cultura politica che fatica a riconoscere le minoranze. Se si lavora su una legge elettorale nazionale che prevede una soglia del 5 per cento è chiaro che si tratta di uno strumento per escludere le minoranze. Non solo quelle dell'Alto Adige ma anche le minoranze linguistiche della Provincia di Trento. Il collegio elettorale uninominale è stato introdotto proprio per consentire questa rappresentanza parlamentare. Faccio fatica a capire come la Biancofiore non abbia elaborato in questi anni una visione più realistica, anche in seguito alla pacificazione del conflitto interetnico in Alto Adige. Si è trattato di un emendamento che ritengo provocatorio».
L'aggancio internazionale è ancora valido? C'è chi dice che con l'avvento dell'Unione Europea l’accordo tra Italia ed Austria può essere considerato superato. «In realtà l'accordo tra Italia ed Austria non è stato siglato in ambito europeo, ma delle Nazioni Unite, dell'Onu. Qui in gioco c'è una protezione internazionale più che europea. Ma nemmeno se si andrà in direzione di un'integrazione più stretta in ambito europeo, si dovrà rinunciare ad una tutela delle minoranze. Un problema storico che non ha solo l'Italia: le minoranze sono maltrattate in Paesi come l'Ungheria, la Romania. Il tema c’è, eccome».
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