Il calo del Movimento 5 Stelle è dovuto alla difficoltà di destreggiarsi nell’amministrazione, o è l’inizio di un’inesorabile flessione? La tenuta delle amministrazioni di centrosinistra e la rinascita del centrodestra come polo sono il segno di un ritorno a coalizioni bipolari? Le letture dei protagonisti della politica trentina divergono, ma per tutti le elezioni comunali di domenica segnano un passaggio importante per la politica italiana, con possibili ripercussioni anche in provincia.T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 13 giugno 2017
La lettura forse più originale è quella del deputato trentino dei 5 Stelle, Riccardo Fraccaro, che nega la sconfitta e parla di «una crescita lenta, ma inesorabile». «Il M5S — afferma — cresce in tutte le città e in molte è prima lista. Senza fare ammucchiate, mentre il Pd sprofonda». Chiave della sua lettura la differenza tra chi si è presentato solo e chi, invece, in coalizione. «Con coerenza ci siamo presentati da soli e abbiamo candidato le nostre persone, senza calcoli elettorali. I partiti invece hanno dato luogo ad ammucchiate di liste civiche, capitanate da foglie di fico, fatte ad hoc per accaparrarsi voti sul territorio nascondendosi. Il Pd si è presentato solo in metà dei Comuni».
Diversa la lettura del collega di partito Filippo Degasperi. «Gli errori si pagano e noi li abbiamo pagati, ad esempio a Genova. Paghiamo una certa arroganza che si è diffusa tra chi è stato nominato portavoce e ha deciso di autonominarsi statista. Ciò che mi auguro — continua il consigliere M5S — è che chi ha la responsabilità di quanto successo se l’assuma». Nomi Degasperi si guarda bene dal farli, ma sembra riferirsi più ai «dominus» locali che ai vertici nazionali. Il consigliere non ne fa solo una questione contingente. Perché i 5 Stelle, pur con rilevanti eccezioni, fanno più fatica a livello locale che nazionale? «Qualcuno ha usato la metafora della mongolfiera: siamo pieni di consensi, ma sotto abbiamo poca struttura». Uno dei motivi starebbe nell’isolamento degli amministratori locali. «Io, nel mio operare, sono una specie di atomo. Non ho nessuno problema a muovermi secondo le indicazioni del Movimento, ma quali sono? A chi chiedo? Al Meetup certo, ma non basta. Occorre una rete di relazioni e magari anche un luogo dove incontrarsi». Infine, la scarsa chiarezza su alcuni temi delicati. «Quando devo spiegare a un cittadino la nostra posizione sull’immigrazione, cosa gli dico? Rivedere l’accordo di Dublino, certo, ma questa persona mi chiederà anche cosa vogliamo fare nell’immediato».
In casa Pd prevale un cauto ottimismo. «Le amministrative — premette il senatore Giorgio Tonini — non sono le politiche, ma credo che il calo dei 5 Stelle sia qualcosa di profondo. Il voto di domenica segna la ripresa dei due poli e riconduce il Movimento ad essere il primo dei piccoli partiti. Il ballottaggio, indicato come il modello che più li avrebbe aiutati a vincere, li vede sconfitti perché al ballottaggio nemmeno ci arrivano». Presto, però, per dire che il centrosinistra potrà governare se ricostruisce una coalizione. «Vale per noi come per il centrodestra: una cosa è governare un Comune, un’altra l’Italia». Eppure, c’è chi, come Michele Nicoletti, mostra di vedere di buon occhio un ritorno alla dimensione coalizionale. «La legge elettorale dei Comuni, con i suoi limiti, esiste da tempo e funziona. Farei fatica a pensare a sindaci eletti in un secondo momento dai consiglieri (il proporzionale, ndr), come fatico a immaginare un paese come il nostro all’interno di uno schema bipartitico». Sulla crisi del Movimento, il giudizio del deputato è chiaro: «Quando passano dalla protesta alla proposta, le difficoltà si notano e gli elettori se ne rendono conto. Personalmente saluto con soddisfazione quello che apparentemente pare un ritorno a un fisiologico e sano bipolarismo».
Per il segretario della Lega Nord, Maurizio Fugatti, «è la prova che il centrodestra se si presenta unito resta competitivo». Non a caso, ricorda, «in Trentino abbiamo già cominciato a lavorare per un’alleanza in primis tra Lega e Forza Italia». Severo il messaggio ai civici: «È un film già visto quello dei sindaci che vengono a spiegarci cosa dobbiamo fare, salvo poi candidarsi con il centrosinistra, o dando vita a una sorta di terzo polo che alla fine avvantaggia solo il centrosinistra». Nessuna divergenza, a suo giudizio, tra Salvini e Maroni sulle alleanze. «Dicono tutti e due la stessa cosa, uno da governatore è più attento alla sua coalizione, l’altro da segretario al suo partito».
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