L’on. Biancofiore e l’on. Fraccaro hanno proposto alla Camera di cancellare il Mattarellum introdotto nella nostra Regione per difendere i diritti dei cittadini di Trento e di Bolzano. Insomma per cancellare un’insopportabile ingiustizia. I commenti su ciò che è successo dopo (voto segreto, franchi tiratori, naufragio legge elettorale) si sono sprecati e quindi concentriamoci sul merito della questione.
Michele Nicoletti, 9 giugno 2017
Nell’intervista apparsa oggi sul Corriere della Sera, l’on. Biancofiore critica il modello elettorale del Trentino Alto Adige con queste argomentazioni: “La norma apposita per il Trentino Alto Adige era una palese ingiustizia, non era una cosa comprensibile al Parlamento. A un solo partito si consentiva di avere, con lo 0,043%, ben dieci parlamentari certi. Si sanciva per il Trentino un’autonomia diversa dalle altre regioni a statuto speciale. Si impediva a tutte le altre opposizioni politiche di eleggere i propri rappresentanti, in base ad un patto di ferro tra PD e SVP”.
Cerchiamo di capire dove si nasconderebbe l’ingiustizia.
Il sistema pensato per il Trentino Alto Adige altro non è che il Mattarellum, ovverossia un sistema con otto collegi uninominali e un listino proporzionale regionale dove vengono eletti gli altri tre parlamentari. Un sistema che è stato adottato in tutta Italia dal 1994 al 2005 e anche nella nostra Regione e che ha fatto vincere il centrodestra e il centrosinistra.
Perché dovrebbe essere considerato un sistema ingiusto?
Al Senato ininterrottamente dal 1948 la Regione Trentino Alto Adige elegge con i collegi uninominali i suoi senatori perché questo sistema è stato considerato un sistema migliore per favorire la rappresentanza delle diverse minoranze: quella tedesca e anche quella italiana in Alto Adige. Anche il centrodestra quando ha adottato il Porcellum, che ha base proporzionale, ha mantenuto in Alto Adige al Senato i collegi. Dunque in sé i collegi sono considerati uno strumento utile al fine di dare rappresentanza alle minoranze linguistiche che sono concentrate su un territorio specifico.
Il Mattarellum non fa che estendere il sistema dei collegi anche alla Camera, mantenendo una quota proporzionale. È un’ingiustizia?
Se qualcuno lo pensa, è sufficiente guardare a come il Mattarellum ha funzionato in Regione negli anni della sua applicazione. E vediamo se è proprio vero che dà a un partito dello 0,43% (non 0,0043 – ma immaginiamo che sia un’errata trascrizione del giornalista) la possibilità di avere “dieci deputati”.
Nel 1992 con la vecchia legge proporzionale i deputati della SVP in Regione sono 3, 3 alla DC, 1 ciascuno alla Lega, al PSI, ai Verdi, alla Rete.
Nel 1994 con il Mattarellum i deputati della SVP sono sempre 3, 5 a Forza Italia, 1 ad AN, 1 al PPI.
Nel 1996 con il Mattarellum i deputati della SVP sono ancora 3, 4 all’Ulivo, 1 al PDL, 1 AN, 1 Lega.
Nel 2001 con il Mattarellum i deputati della SVP sono di nuovo 3, 5 all’Ulivo, 1 alla Margherita, 1 a FI.
Nel 2006 con il Porcellum (voluto dal centrodestra) i deputati della SVP sono 4, 3 Ulivo, 1 ciascuno a Verdi, FI, AN, Lega.
Nel 2008 con il Porcellum (la Regione elegge solo 9 deputati) i deputati della SVP sono 2, 3 al PD, 3 al PdL, 1 alla Lega.
Nel 2013 con il Porcellum la SVP elegge 5 deputati, 3 il PD, 1 SEL, 1 PdL, 1 5stelle, 1 Scelta civica.
Bilancio: nelle tre elezioni col Mattarellum la SVP ha eletto in totale 9 deputati, nelle tre elezioni col Porcellum la SVP ha eletto in totale 11 deputati!
Sarebbe questa la palese ingiustizia del Mattarellum? L’ignobile favoritismo che darebbe alla SVP?
Non è nemmeno vero che il Mattarellum umilia gli italiani o il centrodestra dell’Alto Adige: proprio con il Mattarellum il centrodestra a Bolzano ha saputo eleggere un suo rappresentante quando ha saputo esprimersi in modo unitario e significativo.
Insomma il Mattarellum non nasconde nessuna ingiustizia e nessuna violazione di diritti. È del tutto legittimo preferire altri sistemi elettorali ma non occorre additarlo come un atto di soperchieria.
Come tutti i sistemi elettorali maggioritari richiede alleanze e politiche capaci di unificare e di difendere le specificità dentro un orizzonte generale. Questo è quello che il centrosinistra è stato capace di fare fino ad ora, difendendo una concezione dinamica dell’autonomia in chiave europea e dunque stabilendo una cooperazione positiva con gli autonomisti.
Chi nega la specialità dell’autonomia, è difficile che possa raccogliere larghi consensi in una Regione in cui la specialità è così radicata e vissuta. Non si accusino allora i sistemi elettorali di ingiustizia, ma ci si interroghi piuttosto sulla propria capacità di interpretare il vissuto di una comunità.