«Senza l’Upt, confederarci con il Pd nazionale mi pare francamente ginnastica sul posto. Non ci vedo un grande senso». Giorgio Tonini smonta così il rilancio dell’antico progetto di un Pd del Trentino confederato con il Pd nazionale, obiettivo su cui comunque ieri sera il coordinamento ha deciso di continuare a lavorare.
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 6 giugno 2017
Era stato proprio il senatore a rilanciare, all’indomani della sconfitta referendaria di dicembre, l’idea di un’evoluzione in senso territoriale del Pd trentino. L’obiettivo, spiega però, era riallacciare con l’Upt il ragionamento troncato nel 2008, quando la Civica Margherita non confluì nel Pd come nel resto d’Italia. «Confederarsi ha senso se l’operazione prevede altri soci. Procedere per partenogenesi non mi pare una grande idea». A giudizio del senatore, mancherebbero anche i presupposti statutari. «La possibilità di avere un rapporto confederativo con il Pd nazionale è stata inserita in statuto per offrire a livello territoriale uno strumento di allargamento del partito ad altre forze. Non mi pare, però, che l’Upt si stia rivolgendo a noi. Anzi, vedo che Lorenzo Dellai un giorno va da Pisapia e un’altro parla di possibile rinascita della Dc. Tutti, tranne il Pd». Questione diversa, per Tonini, quella del radicamento territoriale. «È vero che il nostro resta un voto d’opinione legato per lo più a dinamiche nazionali. ma per conoscere e coinvolgere i 10.000 che sono venuti a votare alle primarie, non serve confederarsi. La nostra porta resti aperta, ma evitiamo introversioni».
La pensa almeno in parte diversamente Gigi Olivieri, che da sempre sostiene la necessità di un rapporto autonomo con il Pd nazionale. «Il tema, lo sappiamo, non è nuovo. Tuttavia, fino ad ora, non mi pare che il dibattito sia andato oltre delle pur pregevolissime interviste sui giornali. Ritengo sia arrivato il momento di andare oltre e verificare fattivamente, all’interno della comunità trentina, la necessità di una forza politica che, pur rimanendo nell’alveo politico del Pd nazionale, possa organizzarsi autonomamente coinvolgendo nuovi mondi. Finché non ci avremo provato — conclude l’ex parlamentare — non potremo riuscirci».
Per il capogruppo Alessio Manica «è l’ultima chiamata». «Ciò di cui discutiamo ora è quanto andava fatto ancora nel 2008. Abbiamo un partito che non riesce ad andare oltre il voto d’opinione delle aree urbane, l’anomalia trentina non si riflette né a livello di struttura, né di approccio politico. Ciò che proponiamo non è una bizzarria: abbiamo un sistema istituzionale completamente autonomo e diverso dal resto d’Italia, questo non può non riflettersi sul partito».
Attendista, ma piuttosto fredda Donata Borgonovo Re. «In questo momento, il disegno mi pare ancora troppo indeterminato. Se il motivo per essere autonomi è la scelta delle candidature, mi pare un po’ poco». La consigliera solleva così il tema sottotraccia: chi si oppone vorrebbe evitare che la propria rendita romana venga messa in discussione da un possibile rimescolamento a livello territoriale.