"Dopo la Brexit e l'elezione di Trump siamo chiamati a ripensare l'Europa con argomenti e occhi nuovi, perché torni a essere un'opportunità per tutte le famiglie". Lo ha detto oggi pomeriggio Enrico Letta, ospite del Festival dell'Economia, in un incontro che si è tenuto all'auditorium del dipartimento di lettere e filosofia, in dialogo con l'economista Lucrezia Reichlin e la giornalista Tonia Mastrobuoni a partire dagli spunti del suo nuovo libro “Contro venti e maree. Idee sull'Europa e sull’Italia”.
Ufficio Stampa Provincia, 2 giugno 2017
"Il 2016 è stato un anno di cesura profonda, paragonabile al 1989" - ha sostenuto l'ex premier, attualmente Dean della Scuola Affari Internazionali dell’Università SciencesPo di Parigi e presidente dell’Istituto Jacques Delors. "Non si erano mai viste elezioni vinte promettendo un ritorno al passato".
"Ho scritto questo libro - ha detto Letta - perché i motivi per cui si fa l'Europa oggi non sono più gli stessi di ieri. Gli ultimi dieci anni hanno prodotto una cesura profonda e gli assetti mondiali sono radicalmente diversi. Pensiamo al Mediterraneo, com'era e com'è oggi. Non possiamo più usare gli argomenti pro-Europa di dieci anni fa. Il 2016 è paragonabile al 1989 per le ripercussioni che ha prodotto: sembrava che il pericolo fosse scampato, invece ci siamo trovati la Brexit e Trump eletto presidente degli Stati uniti. Oggi dobbiamo ripensare l'Europa perché torni a essere un'opportunità per tutte le famiglie europee".
E' un messaggio carico di fiducia e di soluzioni possibili quello consegnato oggi da Enrico Letta a un pubblico attento che ha affollato l'auditorium del dipartimento di lettere e filosofia dell'università di Trento. Perché se il 2016 è come il 1989, dobbiamo ricordare che allora ci furono un'Europa e un'Italia che reagirono. E mai come oggi l'una ha bisogno dell'altra. Anche l'allargamento che iniziò da lì a poco fu un atto lungimirante, se pensiamo a ciò che sta accadendo e ciò che poteva accadere a poche centinaia di chilometri da qui.
Si respira un'aria di chiusura. Ma la prima reazione a movimenti che costruiscono muri invece di ponti è stato il voto francese: altri passi ci aspettano per decidere se questa reazione la vogliamo confermare. E ci giochiamo una partita importante come europei: per noi e per i nostri figli. Si pensi all'ambiente e a quanto l'Europa ha fatto e potrà fare per tutelarlo e lasciarlo migliore alle generazioni future, rispetto ad altre realtà che meno si pongono il problema di salvaguardare il pianeta. Perché l'Europa non è un fine, è un mezzo, un'opportunità.
Certo, in tempi di crisi i cittadini hanno bisogno di risposte concrete, a partire da temi difficili come le le migrazioni e la difesa dal terrorismo: ma proprio su questo terreno i paesi europei possono ritrovarsi e costruire una nuova idea di Europa.
La sfida è difficile, ma non possiamo evitarla e ci sono le risorse per affrontarla e andare incontro a un nuovo futuro, con e grazie ai giovani, energia di ogni tempo e ogni paese, anche il nostro. Per vincere serve una nuova narrazione positiva dell'Unione, ricordando che è per tutti e di tutti e come tale tutti devono poterla riconoscere. Il bello non può essere relegato all'Erasmus assurto a unico esempio positivo, perché riguarda un'esigua minoranza di cittadini. E servono leadership efficaci, che non siano vittima di "corto-termismo", del brevissimo raggio, limitandosi a essere follower di follower, bensì leader che sappiano guardare lontano, che abbiano il coraggio di testimoniare le proprie convinzioni, come ha dimostrato Macron. Che sappiano dire anche dei "no", che si assumano la responsabilità della verità. Così come fece, in tempi diversi ma assai difficili anch'essi, il trentino Andreatta che andò avanti senza timori in ciò che era giusto.
Perché la sfida più impegnativa per la politica di oggi è proporre il meglio, non l’alternativa al peggio.