L’Europa è complicata e spesso appare distante, ma non è irrazionale e può migliorare se una classe politica all’altezza del compito se ne farà carico. Così Chiara Saraceno e Gian Enrico Rusconi, sociologa la prima e politologo il secondo, hanno raccontato la «storia vera» dell’Unione europea, aprendo ieri i lavori del convegno «Siamo Europa» organizzato dalla Fondazione trentina Alcide de Gasperi.
F. Parola, "Corriere del Trentino", 15 maggio 2017
Con la sconfitta dei populisti in Francia, «torneremo a parlare di un asse franco-tedesco per il futuro dell’Europa — spiega Rusconi — ma l’Italia ne sarà tagliata fuori: mentre gli altri fanno il destino del continente, noi ancora litighiamo sulla legge elettorale». Se poi l’Europa appare lontana dai bisogni dei cittadini è perché un modello di welfare comunitario tarda a realizzarsi. Anche qui però, sottolinea Saraceno, la colpa è dei governi nazionali più che di una Unione europea che ha tante buone idee, ma non gli strumenti legislativi adatti.
«L’Unione europea non è solo quella che fa le pulci sul debito pubblico, cosa di cui per altro l’Italia avrebbe avuto bisogno in passato — afferma il sindaco di Trento Alessandro Andreatta in apertura — ma è anche la migliore alleata dei consumatori, dell’ambiente, degli studenti». Rimane comunque margine di miglioramento per una comunità che «è una realtà inevitabile del presente e del futuro — sottolinea Alessandro Olivi, vicepresidente della Provincia di Trento — ma va guardata con lo spirito critico necessario a capire cosa cambiare in meglio».
Dal divano che, come marito e moglie, condividono sul palco di piazza Fiera, Rusconi e Saraceno ripercorrono le tappe che l’Europa ha attraversato per diventare ciò che è, individuandone problematicità e possibili soluzioni. «Siamo stati abituati all’egemonia tedesca negli ultimi anni — spiega Rusconi, ex direttore dell’istituto italo germanico della Fondazione Kessler — ma ora che Macron ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo torneremo a parlare di asse franco tedesco. Le due nazioni sono indispensabili l’una per l’altra, così troveranno un accordo su come far evolvere l’Unione che piaccia a entrambe e lo chiameranno “europeo”. Da quel processo l’Italia sarà stata esclusa, perché siamo così ripiegati su vergognose questioni di politica interna da esserci condannati alla subalternità in Europa». Una guida forte il continente dovrà trovarla anche in politica estera: «Il nuovo attivismo russo all’est, il medio-oriente e la minaccia terroristica ci costringono a riconsiderare, con realismo, la necessità di una comunità europea di difesa — afferma Rusconi — perché non possiamo più dipendere dagli Usa».
Prima di essere dei trattati, l’Europa è soprattutto quella dei suoi cittadini. «Se, nell’Europa dei sei degli anni ‘50, la composizione demografica e la struttura economica dei Paesi membri era abbastanza simile — spiega Saraceno — i percorsi nazionali in campo di politiche sociali e diritti civili si sono allontanati negli ultimi decenni». Ci si chiede se un «modello sociale europeo» che coniughi economia di mercato e protezione delle classi svantaggiate esista davvero. «Una comunità di policy-makers europei con idee condivise, anche se spesso poco definite, esiste — spiega Saraceno — e propone ricette come maggiore occupazione femminile e integrazioni per i redditi più bassi. Il problema è che, in tali aree, l’Unione europea ha solo potere di raccomandazione e la sovranità rimane agli Stati membri».