Il disegno di legge per l’introduzione della doppia preferenza di genere è definitivamente affondato. Ieri in consiglio provinciale si è decisa la sospensione della trattazione, formalizzata con l’intervento del governatore Ugo Rossi.
A. Rossi Tonon, "Corriere del Trentino", 11 maggio 2017
La decisione non impedisce la possibilità di riaprire la discussione, ma nei fatti la giornata d’aula ha dimostrato che il tentativo di arrivare al voto è, come evidenziato dal presidente, «assolutamente impraticabile da qui a fine legislatura».
Alla discussione sulla doppia preferenza si è arrivati velocemente, approvando con 19 «sì» su 24 votanti la nomina di Tullio Ferrari nella sezione controllo della Corte dei Conti e dopo quella di Graziano Lozzer come componente della Giunta per le elezioni. Alle 10.37 è quindi iniziata la trattazione del ddl con l’intervento del presidente Bruno Dorigatti che ha annunciato il decadimento per ragioni tecniche di 1.400 dei circa 5.400 emendamenti presentati.
Rodolfo Borga chiarisce subito che «non facciamo ostruzionismo per ottenere il via libera ad altri nostri emendamenti, ma perché siamo contrari alla proposta», respingendo così la possibilità di mettere in forno un “polpettone”. Il governatore presenta quindi ufficialmente l’opzione “canguro”, tre emendamenti sostitutivi che avrebbero confermato la doppia preferenza modificando solo le percentuali di composizione delle liste: da 50% di genere diverso a 60% e 40%. Niente da fare nemmeno così: Maurizio Fugatti parla di «una farsa» e Marino Simoni annuncia la contrarietà di Progetto Trentino. Posizioni che spingono Bezzi a chiedere se «magari non sia il caso di ritirare il ddl e proporlo nella prossima legislatura, con un’aula più favorevole al tema». Rossi chiede una sospensione dei lavori per tentare una trattativa e convoca una riunione con le minoranze, a cui però i capigruppo danno buca. «Discutere 4.000 emendamenti impegnerebbe l’aula per 50 o 60 giorni continuativi» chiarisce il governatore, spiegando di ritenerla una «via impraticabile». Non è della stessa opinione la consigliera Donata Borgonovo Re, secondo la quale «siamo pagati per stare qui e fare questo».
L’incontro con le minoranze si tiene prima della ripresa dei lavori. Al rientro in aula il governatore spiega di aver ricordato la possibilità di votare gli emendamenti e poi sottoporre a referendum il testo, come in realtà avevano già proposto Degasperi, a ottobre, e dopo Cia, Bottamedi e Bezzi, quando però sul tavolo non c’era ancora il tris di emendamenti. «Non è una novità ma un passaggio già previsto. Quindi le minoranze non accolgono la proposta» annuncia Borga. Nuova riunione, questa volta tra i capigruppo di maggioranza. L’esito è quello preannunciato da Bezzi: «A nome della maggioranza registro l’impossibilità di andare avanti, perché una legge deve essere votata e in questo caso non ci sarebbero tempi certi — spiega Rossi in aula — Crediamo si debba interrompere la discussione, pur nella consapevolezza che abbiamo perso un’opportunità importante per sostenere la parità di genere». Borgonovo Re se ne va evidentemente contrariata mentre Lucia Maestri ricorda i «47.629 emendamenti ostruzionistici presentati dall’inizio della legislatura sui disegni di legge della maggioranza» e attacca duramente l’opposizione: «È una cifra che fa riflettere sul rispetto della democrazia e sui rapporti in aula. Sono 47.629 schiaffi ai nostri tentativi di dialogo, che hanno trovato solo muri e posizioni preconcette». Alla chiusura dei lavori si registrano anche il «grande dispiacere» di Bezzi e la «profonda delusione» di Giulia Robol, ex segretaria provinciale del Pd e presidente del comitato «Non ultimi». «È una sconfitta generale — commenta — La maggioranza ne esce con una leadership indebolita dato che il provvedimento era inserito nel suo programma di governo». Amarezza più contenuta sui volti di altri componenti della maggioranza: «La decisione è corretta perché l’impraticabilità era totale» evidenzia l’assessore Mauro Gilmozzi mentre Tiziano Mellarini si dice «dispiaciuto» e ricorda di aver «sempre dichiarato che saremmo rimasti in aula fino alla fine». Soddisfatto, invece, Borga: «Aver costretto la maggioranza a ritirare il ddl è stato un successo, che lo ha fatto in parte con gioia, pur non potendola esprimere pubblicamente».
Oggi, in ogni caso, i sindacati terranno un presidio a favore della legge sotto il palazzo della Provincia.
L’amarezza del Pd «Sconfitta per tutti, vince l’ostruzionismo»
«Ha vinto l’ostruzionismo». Il risultato dello scontro in aula è chiaro. Il capogruppo del Partito democratico Alessio Manica (foto) spiega che quell’ultima riunione di maggioranza tenutasi ieri pomeriggio, dopo l’ennesimo «no» delle minoranze non è servita ad altro che a prendere atto dell’impossibilità di proseguire con la trattazione. «Avendo capito che non avrebbe mai prevalso la doppia scelta, il resto non stava più in piedi» commenta il consigliere provinciale. A quel punto, spiega Manica, «abbiamo deciso di non accettare compromessi per evitare di svilire un provvedimento per noi molto importante».
Del resto, ravvisa il capogruppo dem e insieme a lui la consigliera Lucia Maestri, «sulla doppia preferenza non c’è mai stato alcuno spiraglio» e ripensando allo sviluppo della discussione negli ultimi mesi Manica dice di non avere «alcun rimpianto» chiarendo che «al massimo ci sarebbe stato, forse, qualche margine per una mediazione, ma tanto le posizioni erano ormai ferme su posizioni ideologiche».
«Dal punto di vista della tecnica d’aula hanno vinto loro» continua il capogruppo dem, aggiungendo poi che «i cittadini decideranno con il loro voto se per il Trentino è stato un bene o un male opporsi alla proposta». «Al di là della doppia preferenza in sé — conclude Maestri — siamo di fronte a un obiettivo mancato per il Trentino, più che per la maggioranza».