#primariepd 30 aprile - ANDREA ORLANDO: «Voglio restituire l’udito ai dem. Matteo? Preferisce Berlusconi Autonomia antidoto al populismo»

Spezzino, classe 1969, appassionato di politica fin dai 13 anni, Andrea Orlando è ministro della Giustizia con il governo Renzi e Gentiloni ed è stato titolare del dicastero dell’Ambiente con Enrico Letta premier, che oggi lo sostiene alla guida del Pd. Partito che lui stesso ha contribuito a fondare e che oggi vuole riformare. «Non perché ami essere in prima fila — giura dal suo blog — ma per restituire una parte di quello che ho imparato: la capacità di ascoltare e di coinvolgere».
S. Pagliuca, "Corriere del Trentino", 29 aprile 2017

 

Ministro, come mai si è candidato a segretario del Pd?

«Dopo il 4 dicembre ho avuto la consapevolezza che si fosse lacerato il rapporto con pezzi fondamentali della società italiana e che Renzi e grossa parte del gruppo dirigente del Pd non solo non avessero compreso quella lezione, ma volessero subito ripartire con una rivincita senza riflettere».

C’è altro che rimprovera al Renzi premier e al Renzi segretario?

«Sì: non basta proporre buone leggi, le riforme devono essere il frutto dell’ascolto della società. Aver delegittimato i corpi intermedi, i sindacati, le associazioni di categoria, è stato un errore. Inoltre, avremmo dovuto usare meglio i margini di flessibilità che ci siamo guadagnati in Europa per far crescere gli investimenti pubblici, crollati del 30% nella crisi. Da segretario i risultati sono sotto gli occhi di tutti: il Pd è un partito più debole e disorganizzato in cui prevalgono le correnti sul disegno generale».

Qual è la prima cosa che farà se dovesse essere eletto?

«Restituirò al Pd il senso che ha perso: l’udito. Abbiamo una politica che si parla addosso, ma non ascolta la società. Il Pd ha perso buona parte di quella ricchezza culturale che ne faceva un partito plurale e inclusivo. Non siamo stati più in grado di attrarre il meglio della società italiana, delle esperienze dei territori».

A proposito di territori, cosa pensa delle autonomie speciali, in particolare del Trentino?

«L’autonomia del Trentino ha dato ottima prova di sé, garantendo ai cittadini di questo territorio una politica più vicina ai bisogni e alti standard di servizi. Credo che non sia un caso che qui resti solido il sentimento europeista e le forze populiste fatichino a trovare spazio. A Renzi rimprovero un’idea del governo iper-centralista».

Sarebbe favorevole alla nascita in Trentino di un partito territoriale da federare con il nazionale?

«Io credo alla forza dei partiti nazionali. Penso tuttavia che questi grandi partiti debbano essere capaci di dare larga autonomia ai territori, di riconoscerne il valore, la peculiarità. Cosa che in questi anni è mancata: un partito in cui prevalgono le correnti mortifica il territorio con scelte calate dall’alto».

E lei, ha nulla da rimproverarsi?

«Io coltivo l’idea che la politica sia responsabilità. E quindi quella di non aver fatto emergere con giusta forza il mio punto di vista».

Michele Emiliano, suo competitor alla segreteria del Pd, sostiene che lei pecchi di credibilità visto che è stato ministro del governo Renzi. Come risponde?

«Emiliano è stato uno dei maggiori sostenitori di Renzi allo scorso congresso. Io sono stato leale in questi anni. Ho sempre espresso il mio punto di vista, evitando però di picconare il partito continuamente».

Sarebbe favorevole ad alleanze post? Renzi ha già detto che non si alleerà mai con gli scissionisti…

«Renzi esclude di allearsi con gli scissionisti, ma non con Berlusconi. È una strana idea. Io penso invece che bisogna ricostruire tutto il centrosinistra».