«Apprezzo che Rossi voglia lasciare ai partiti la decisione sul metodo per scegliere il candidato presidente. Ma sono convinto che non possono essere questi partiti a farlo. Prima devono aprirsi alla società, fare un percorso per connettersi con le persone». Il vicepresidente Alessandro Olivi, competitor di Rossi alle ultime primarie, a sorpresa spiega che si deve cambiare formula.
U. Cordellini, "Trentino", 11 aprile 2017
Che non si deve ripetere il vecchio rito, che rischia di essere stanco, ma che si deve cercare il modo di coinvolgere il maggior numero possibile di persone. E chiude a una lista Daldoss che possa attirare ambienti civici: «Ben venga un impegno di Daldoss, ma all’interno di uno dei partiti della coalizione. Altrimenti sarebbe un’ammissione di debolezza».
Vicepresidente Olivi, cosa pensa della disponibilità del presidente Rossi a mettersi in gioco anche in eventuali primarie? Mi pare molto importante che abbia detto che l’Autonomia o diventa innovazione economica e sociale, efficienza o rischia di trasformarsi in una gabbia. Il nostro impegno deve essere destinato a essere più dinamici.
Già, ma intanto si deve decidere chi guiderà l’autonomia a partire dal 2018. Io penso che ci voglia la capacità di unire la leadership al progetto politico. Sono i progetti politici che fanno le leadership e non viceversa e i progetti politici nascono dal basso, non possono essere imposti dall’alto. Si deve coltivare bene il progetto e poi decidere la leadership.
Ma le primarie sono la strada giusta secondo lei? Sono convinto che bisogna dare spazio ai partiti e di metterli in grado di ricoprire un ruolo in modo tale da poter costruire prima un progetto. Noi dobbiamo mettere i partiti nella posizione di poter fare questa operazione. Dubito che i partiti di adesso siano in grado. Dubito che possano decidere che strada percorrere. Per questo sono convinto che prima dobbiamo costruire partiti aperti, che siano più specchio della comunità reale. Però sono d’accordo su una discussione franca e leale. I partiti si devono rendere conto del rischio di una disconnessione tra il ceto politico e la società vera.
Come riempire questo vuoto, questa distanza? Bisogna essere concreti, realisti. Subito dopo l’estate dobbiamo porci alcuni punti cardine da affrontare per questo ultimo anno di legislatura. Dobbiamo mettere fine alle dispute interne e costruire un’idea di Trentino. Dobbiamo aprire un grande dibattito su un progetto nuovo per questa terra.
Il presidente Rossi deve essere il candidato del centrosinistra? Rossi è il punto da cui partire. A lui compete la responsabilità di dire quello che vuole fare. A lui il compito di dire se ha ancora energie e spinta per un grande progetto. La coalizione ha sempre riconosciuto il suo ruolo e l’ha sempre sostenuto.
Torno al nodo, si devono rifare la primarie? Non so quale sia il modo migliore. Mi pare, però, che delle semplici primarie tra i 3 partiti della coalizione, come nel 2013, sia un metodo un po’ troppo asfittico. Primarie come quelle non funzionano più perché i partiti sono molto più deboli e rischiamo di avere leadership deboli. Ho apprezzato Rossi quando ha detto che non c’è nulla di automatico. Dobbiamo dare l’idea che il centrosinistra va rinnovato e non necessariamente partendo dalla persona di Rossi. Dobbiamo allargare la base, trasformare i partiti, aprirli alle forze della società. Si deve pensare a un percorso nuovo, coinvolgente.
In Trentino sta crescendo un forte movimento civico. E’ un pericolo per voi? Noi dobbiamo lanciare sfide positive al civismo. I partiti devono diventare più civici, nel senso che devono raccogliere energie ed istanze dalla società.
E il suo partito, il Pd, cosa deve fare? Rossi non mi convince quando fa una distinzione netta tra due partiti territoriali e uno più ideologico, che sarebbe il Pd. I nostri valori non sono ideologia, ma sono i valori di chi crede nella giustizia sociale, nell’attenzione a chi rischia di rimanere indietro con questa crisi. Questa non è ideologia. E io penso che se il Pd riuscisse a coniugare questi valori con una maggiore attenzione alle istanze del territorio e dell’autonomia non ce ne sarebbe più per nessuno.