Gli iscritti non sono sufficientemente rappresentativi dell’elettorato di un partito, quella di Matteo Renzi è stata una gestione che ha introdotto delle innovazioni e il coinvolgimento su temi importanti non è mancato. Michele Nicoletti risponde puntualmente alle esternazioni del presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti (Corriere del Trentino di ieri) e lo invita a impegnarsi sulla doppia preferenza di genere e sul caso Baratter.
Stasera alle 20.30, intanto, nella sala della circoscrizione Oltrefersina, si riunisce la convenzione provinciale per selezionare i delegati da inviare domenica a Roma alla convenzione nazionale.
Nicoletti, come valuta il 45,45 per cento di affluenza al voto registrato nei circoli per esprimere una preferenza sui candidati alla segreteria del Partito democratico?
«A spiegarlo concorrono più fattori. Uno è fisiologico e riguarda la natura della partecipazione alla vita politica all’interno dei partiti: non tutti coloro che fanno la tessera aderiscono allo stesso modo, così è stato anche nel 2013. Si potrebbe trattare, inoltre, anche di un’espressione di delusione e insofferenza nei confronti del livello di conflittualità prodotto all’interno del Pd e del risultato negativo del referendum, in cui la prospettiva di cambiamento ha subito una battuta d’arresto. C’è poi un elemento tecnicamente trentino: il Pd locale non ha patito la scissione, ma alcune persone, penso al presidente del consiglio provinciale, hanno deciso di non partecipare al momento clou del congresso».
A proposito di Bruno Dorigatti, sul Corriere del Trentino di ieri ha motivato la sua decisione sostenendo che il segretario debba essere eletto dagli iscritti e non «dalle truppe cammellate». Cosa ne pensa?
«È bizzarro che si astenga dal voto proprio nella fase riservata agli iscritti. Che hanno, peraltro, un ruolo fondamentale, nel caso in cui ci fossero delle incursioni dall’esterno, per bloccare eventuali candidature di disturbo. Le truppe cammellate, poi, si possono avere sia con gli iscritti che con gli elettori. Ci siamo inventati le primarie per fare in modo che non fosse una piccola minoranza a decidere la linea politica di un partito o il candidato da sottoporre all’elettorato, la ragione profonda è un coinvolgimento più democratico delle persone».
Dorigatti lamenta anche «una gestione politica del partito arrogante». È d’accordo?
«Assolutamente no. Ho vissuto una stagione molto complicata, in cui l’Italia è rimasta priva di una maggioranza omogenea perché noi del Pd nel 2013 non siamo stati capaci di vincere pienamente le elezioni con l’allora leadership di Pier Luigi Bersani, che sia io che Dorigatti avevamo sostenuto. Renzi, eletto democraticamente al congresso e arrivato al governo, ha introdotto elementi di innovazione. Ogni persona ha i suoi limiti e ci sono stati anche nella sua segreteria, e il referendum è stato un segnale di difficoltà nella gestione collegiale dei processi politici».
È vero, come sostiene Dorigatti, che è necessario coinvolgere sui temi del lavoro, sociali, del welfare?
«Non mi sembra che su questi temi ci sia stata assenza o disattenzione: si è lavorato sulle povertà così come sul dopo di noi ad esempio. Rilevo, invece, come sia il consiglio provinciale di Trento a trattare in modo del tutto inadeguato situazioni che richiederebbero maggiore energia per difendere le istituzioni autonomistiche, come la doppia preferenza di genere, sulla quale non capisco come sia accettabile una pratica ostruzionistica e penso ci si dovrebbe adoperare per una revisione dei regolamenti, e il caso Baratter, che richiede una riflessione sugli aspetti deontologici dell’essere consigliere provinciale e l’adozione di un codice di comportamento».
Cosa crede sia necessario fare, invece, in vista delle primarie?
«Coinvolgere l’elettorato non solo in termini di mobilitazione, ma anche di discussione aperta, non limitatamente ai circoli, si tratterebbe di un’occasione perduta, ma quanto più possibile nel mondo che ruota attorno al centrosinistra».