Dal «significato politico assunto dal dibattito sui voucher» alla loro abolizione e alle necessità immediate: «Riempire la zona grigia derivata dall’aver tolto lo strumento con una riforma» per evitare il lavoro nero e «che la stagionalità diventi regola». È, in sintesi, il pensiero dell’assessore provinciale allo Sviluppo economico e al lavoro Alessandro Olivi.M. Romagnoli, "Corriere del Trentino", 19 marzo 2017
Assessore Olivi, i voucher sono stati aboliti. Parliamo di uno strumento che in Trentino, nel 2016, è stato usato 2 milioni e 186.334 volte. Cosa ne pensa?
«Credo anzitutto che il confronto che c’è stato sui voucher si sia caricato di un di più di politica, di un approccio quasi ideologico. La soluzione del governo è stata molto condizionata dalla necessità di togliere dal campo un problema che si era caricato di fortissimi significati divisivi delle parti».
Lei è d’accordo?
«Ero a favore di un progetto di revisione dei voucher. Li avrei limitati a delle fattispecie residuali: non ero per un’abolizione integrale, ma per una forte limitazione nei tetti e nelle categorie d’ingresso. Mi riferisco ad esempio ai giovani studenti e alle persone disoccupate che sono inserite in percorsi di ricollocazione. Ora non dimentichiamo uno dei motivi per cui i voucher erano stati introdotti: il lavoro nero. Va affrontato. Dei buoni lavoro è stato fatto un uso eccessivo e distorto, era giusto tornare indietro e limitarne l’uso alla straordinarietà e alla transitorietà. In ogni caso non mi dolgo dell’abolizione, intendiamoci».
In che senso?
«Il rischio era far diventare i voucher una forma di contratto di lavoro. Forse da questo punto di vista un intervento radicale è stato pure necessario. Si sentivano imprenditori dire: “Assumo con i voucher”».
E il Trentino? Cosa dobbiamo aspettarci adesso?
«Siamo circa nella media nazionale come uso. Bisogna prender atto che non ci sono più i voucher e occorre introdurre delle forme che diano la possibilità al lavoratore e al datore di lavoro di incontrarsi per un dato tempo con uno strumento ad hoc. Non dobbiamo commettere l’errore di pensare che il lavoro sia solo indeterminato. Sennò per alcune realtà ci sarà la necessità di ricorrere a un lavoro non tutelato dal punto di vista della fiscalità e della previdenza. Ma il lavoro nero rischia di essere il male di questo Paese. Il governo deve pensare a creare delle forme che diano più garanzia al lavoratore e corrispondano alla necessità di flessibilità del lavoro».
Cosa può fare il Trentino?
«Come Trentino, come in passato, possiamo fare qualche riflessione e fare qualche proposta. Il piano provinciale di politiche del lavoro introduce il contratto di ricollocazione; siamo in attesa di riformulare una proposta più efficace ed estesa per il reddito di attivazione. Faremo poi qualche proposta sul rafforzamento della staffetta generazionale e abbiamo già rafforzato gli incentivi all’assunzione dei giovani e delle donne. I voucher non sono la questione che deve occupare il dibattito politico sul mondo del lavoro in Italia e in Trentino. Qui non erano il problema. Siamo impegnati per continuare a essere una punta avanzata e per fare riforme vere per un cambio delle politiche del lavoro».
E per quanto riguarda gli strumenti?
«Un istituto generale non è di nostra competenza. Detto ciò, il turismo e l’agricoltura in Trentino sono settori dove la stagionalità rischia di diventare regola. Penso che con le parti sociali possa essere individuato un patto, nato dalla nostra abitudine di trovare soluzioni assieme, per evitare, anche chiedendo al governo un’accelerazione nelle norme almeno transitorie, che nella zona grigia che deriva dall’aver tolto i voucher si ricada sul lavoro nero».
Cosa auspica, dunque?
«Dall’abolizione deve nascere una spinta riformatrice moderna. La soluzione non può essere lasciare il campo vuoto. Dobbiamo pensar all’innovazione, alla tutela della persona e ad andare incontro alle imprese».
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