Poco più di un anno fa, il Consiglio provinciale approvava lalegge che istituiva la legge che istituiva la Consulta per la riforma dell Statuto. La proposta fu accolta positivamente da un’ampia maggioranza, trasversale: un segnale importante.
Bruno Dorigatti, "Trentino", 5 marzo 2017
Non ho alcun dubbio sul fatto che proprio quella capacità di tenere insieme gli opposti schieramenti, fin dal principio, abbia rappresentato la condizione per far sì che quanto scritto in quella legge non rimanesse lettera morta ma si concretizzasse in un progetto e si realizzasse. Si è conclusa infatti pochi giorni fa - nel pieno rispetto dei tempi previsti - la prima fase di lavoro della Consulta, aperta a settembre: sei mesi di intensa attività, coordinata con competenza dal prof. Falcon e dal prof. Woelk, che ha portato all’elaborazione di un documento con le linee di indirizzo per la riforma dello Statuto. Non tutti avrebbero scommesso sull’esito positivo di questo percorso. Ma fortunatamente il coraggio e la responsabilità hanno prevalso, e oggi possiamo orgogliosamente parlare di una prima scommessa vinta. I venticinque membri della Consulta, espressione dell’associazionismo, della cooperazione, del mondo accademico, dei sindacati, delle associazioni di categoria, degli enti locali e della politica, hanno dimostrato che si può lavorare in un contesto assembleare in modo condiviso, stando sul merito delle questioni.
Il documento che ne è uscito rappresenta uno dei punti più alti di elaborazione riguardo le possibili e necessarie modifiche da apportare alla “carta fondativa” della nostra speciale Autonomia, alla luce dell’evoluzione del quadro costituzionale, del mutato contesto europeo e delle radicali trasformazioni della società. Dai fondamenti dell’Autonomia speciale al ruolo della Regione, dalle minoranze linguistiche alla forma di governo, dai rapporti con lo Stato alla partecipazione dei cittadini, ogni ambito tematico è stato affrontato e messo nero su bianco in questo primo documento: esposto in modo non definitivo e categorico, ma evidenziando gli orientamenti prevalenti e le altre opinioni emerse. Un documento aperto (già consultabile sul sito www.riformastatuto.tn.it) che a breve sarà al centro del processo partecipativo che, per sei mesi, coinvolgerà l’intera comunità trentina utilizzando i più aggiornati strumenti: non solo informatici (sfruttando la piattaforma ioPartecipo) ma anche con incontri sul territorio, coinvolgendo i corpi intermedi, entrando nelle scuole e nell’Università, cercando di intrecciare virtuosamente rappresentanza e partecipazione. “Coltivare l’Autonomia” è lo slogan che sta accompagnando questo percorso. “Coltivare” significa prendersi cura, riconoscere la necessità di un intervento paziente e competente, valorizzare il tempo impiegato nel lavoro collettivo non come inutile attesa ma come condizione necessaria per veder maturare i frutti migliori.
È una sfida per le Istituzioni, che non era scontato affrontare e non è scontato che si possa vincere, ma non c’è nessun’altra possibile strada. La democrazia, infatti, non può essere vissuta come qualcosa di statico, ma si deve continuamente modellare sulle esigenze che emergono da una società in continuo mutamento: e se ora, nella sua forma “rappresentativa”, vive una fase di difficoltà e delegittimazione, è proprio perché non riesce a risultare convincente ad una fascia sempre più larga di popolazione, che ha perso la fiducia nei suoi meccanismi e nei suoi interpreti. Ma i mali della democrazia si possono curare solo con più democrazia, non certo restringendo gli spazi democratici: per questo motivo, davanti alla necessità di riformare lo Statuto di Autonomia, era necessario mettere in campo un’operazione impegnativa ma avvincente come quella della Consulta, e non procedere con formule burocratiche, riservate a pochi addetti ai lavori e incapaci di cogliere e mettere a valore le voci, le aspettative, i desideri e persino i sogni dei cittadini trentini. Aprendo questo percorso partecipativo, le Istituzioni democratiche stanno siglando una sorta di “patto” con le comunità di cui sono espressione: un patto nel quale si sancisce che è interesse comune che il nuovo Statuto sia frutto di un’elaborazione collettiva, nella quale tutti possano esprimere la propria opinione, ma nella consapevolezza che non tutte le opinioni potranno diventare orientamento prevalente.
Il patto prevede regole del gioco chiare e trasparenti, che permettono l’intrecciarsi degli strumenti della partecipazione con i complessi meccanismi previsti dalle norme costituzionali. Non sarà facile, ma è una scommessa nella quale vale la pena impegnarsi a fondo, mettendosi in gioco con curiosità e spirito innovativo: sapendo che la democrazia migliora e si innova solo se è in grado di sperimentare sempre nuove strade, e che l’Autonomia non è una rendita infinita, ma un bene comune che è dovere di tutte e di tutti “coltivare” con passione, responsabilità e impegno.