Le riflessioni di Roberta Carlini pubblicate a pagina 2 del Trentino di martedì 21 febbraio dicono con chiarezza e lucidità quanto, tra il sommesso e lo scherzoso, facevo notare ad alcune colleghe del Partito Democratico del Trentino. La tragica farsa di potere che si sta consumando ai vertici del partito nazionale assomiglia più a una guerra tra galli per la primazia in un ipotetico pollaio, che a uno scontro sostanziale (e sostanzioso) tra visioni politiche e progetti strategici per il futuro della nostra nazione.
Donata Borgonovo Re, "Trentino", 24 febbraio 2017
È vero, le donne hanno parlato nell'Assemblea di domenica.
Hanno parlato molto, e con ragionevolezza, con passione, presentando esperienze positive, desideri per il futuro, consapevolezza delle difficoltà ma radicamento sincero e competente in un percorso collettivo che ha portato il Partito Democratico al governo. Le donne (anche se non solo loro, per fortuna!) hanno riportato l'attenzione sulla responsabilità che il governare comporta nei confronti di tutti i cittadini: una responsabilità che supera e trascende le diatribe interne a un partito (che pure, in misura sobria, sono fisiologiche) perché impegna tutti e ciascuno in un lavoro comune, in una continua e operosa ricerca di soluzioni ai problemi del nostro tempo.
Come scriveva don Milani, «sortire insieme dai problemi, questa è la politica»... Eppure, più che alla discussione sostanziale, nella quale donne e uomini mostrano di saper dare il meglio di sé, le sorti del PD sembrano da tempo appese agli esiti di uno scontro quasi tribale che, per le sue caratteristiche, esclude ragionevolezza e sensatezza. Il miraggio del proporzionale ha scatenato le lotte intestine che il maggioritario aveva almeno in parte sopito, svelando le fragilità del disegno (e del sogno) collettivo.
Ecco, l'assenza dalla ribalta della guerra tribale in corso delle donne del PD si spiega così: per noi è più importante il disegno (e il sogno) collettivo, e ciò risulta inaccettabile (o irrealistico, o naïf, o illusorio... l'elenco può allungarsi all'infinito) per chi ha del potere una immagine ben più concreta, redditizia (e non solo in senso economico), personale, esclusiva. Da qui l'apparente afasia pubblica, peraltro alimentata da consapevoli scelte comunicative: in questo tempo di aggressività esibita e urlata, le parole delle donne si confondono col silenzio e vengono considerate prive di autonoma autorevolezza. La tragedia del PD è anche questa. Il non avere riconosciuto uno specifico valore politico al diverso sguardo femminile rappresenta un tradimento delle stesse ragioni fondative del partito, e l'attuale scontro al vertice è il drammatico prezzo che rischiamo di pagare tutti, cittadine e cittadini. Perché la politica, come ci ricorda una grande studiosa, Hannah Arendt, «siamo noi, in quanto esistiamo al plurale». A certi uomini bisognerebbe spiegarlo...