L’intervento di Michele Emiliano all’assemblea del Pd nazionale, sembrava una mano tesa a Renzi per evitare la scissione («Vi consegno la possibilità vera e reale di togliere anche a me ogni alibi al processo di scissione»). Ma si è trattato di un tentativo fallito, perché a conclusione dell’assemblea romana i tre dissidenti Emiliano, Rossi e Speranza hanno dichiarato che il loro invito all’unità è caduto nel nulla.S. Mattei, "Trentino", 20 febbraio 2018
Ci aveva creduto anche Elisa Filippi, da sempre fedelissima renziana e delegata ieri all’assemblea nazionale con Andrea Rudari, ex assessore del Comune di Trento . Di ritorno da Roma, il suo commento a caldo è stato: «L’intervento di Emiliano lascia ben sperare, ha fatto un’apertura importante dimostrando che non esistono le condizioni per una scissione. Il luogo per confrontarsi sui programmi, in ogni caso, è il congresso. Ed il prossimo appuntamento sarà la direzione nazionale di martedì (domani, ndr.) per fissarne la data». Stabilito che per regolamento il congresso si dovrà tenere entro quattro mesi dall’assemblea nazionale, quindi entro maggio, la conclusione è che i margini per ricucire la frattura di chi aveva chiesto tempi più lunghi sono saltati. L’interrogativo che ci si pone è anche cosa succederà a livello locale.
Da più parti, sia dei renziani di ferro come Tonini, che dei bersaniani come Dorigatti, è emersa l’esigenza di costruire un nuovo soggetto, un partito che si apra a più alleati, come gli autonomisti, federato a quello nazionale. Per Elisa Filippi questo processo ha un senso solo se non ci si sottrae al dibattito nazionale. «Va bene allargarsi all’area popolare ed a quella delle civiche, ma non basandosi sulle formule, bensì sui contenuti. È necessario saper rinnovarsi, trovando l’unità sui temi che ci stanno più a cuore. Le alleanze si costruiscono su un’azione programmatica, interrogandoci su temi condivisi. Uno dei principali è quello della crescita, su cui stiamo già lavorando. Ma ripeto, prima vengono le idee, poi le alleanze e i candidati».
Vede pochi margini per una ricucitura anche il deputato Michele Nicoletti, che ha seguito l’assemblea nazionale da Trento e commenta: «È chiaro che la discussione sulle due anime contrapposte del Pd si gioca più sulla scelta elettorale che vede con il proporzionale i capilista bloccati e di conseguenza penalizza la minoranza più che sulle passioni, sugli odi e le ripicche personali. Per questo mi sono battuto fino all’ultimo sulla scelta del Mattarellum, perché è un sistema che tiene insieme, mentre adottare un sistema proporzionale con i capilista bloccati e pretendere che si stia assieme, si è nel campo delle belle intenzioni. Il problema è che la scissione può determinare la spaccatura nella maggioranza che sostiene il governo, perché se i fuoriusciti organizzano dei gruppi autonomi alla Camera ed al Senato, vorranno far sentire la loro voce sul programma di governo, creando instabilità ed accelerando al caduta di Gentiloni. In conclusione: la scissione è una cosa pessima per il partito e per l’Italia».
Sul dibattito interno al Pd trentino, Nicoletti afferma: «Ho apprezzato molto le reazioni prudenti e responsabili sulla volontà di non dividersi. Sarebbe positivo che il Pd trentino, di fronte alla scissione nazionale, dimostrasse la volontà di voler rimanere insieme. Certo, se ci dovesse essere un nuovo soggetto nazionale, è difficile pensare che non ci siano riflessi locali. In caso di elezioni una scelta di campo si dovrà fare, anche se fino adesso nessuno si è dichiarato di sostenere la frattura».
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