Pd del Trentino, tutti contro la scissione. Nicoletti: «Irrealistico che si voti a settembre»

Bruno Dorigatti e Michele Nicoletti rappresentano sensibilità diverse del Pd del Trentino, ma su due punti la pensano allo stesso modo: la scissione va evitata e il congresso provinciale si può non fare. Contro lacerazioni interne si spende anche il segretario Italo Gilmozzi, che su un eventuale congresso fa sapere che rimetterà «la decisione al partito».
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 15 febbraio 2017

 

Dorigatti non ha fatto campagna per il «No» al referendum, ma la riforma costituzionale di Renzi non l’ha votata. Naturale rivolgersi a lui quando il vento della scissione soffia sempre più forte. «È dal 1921 che la sinistra italiana si divide. Credo che le scissioni siano sempre deleterie e non penso che un frazionamento della sinistra possa giovare a qualcuno. Penso alla Francia, dove le sigle a sinistra dei socialisti abbondano, o ai partiti da prefisso telefonico nati anche in Italia». Per l’ex segretario della Cgil, però, ad alimentare il pericolo di una spaccatura del Pd è Renzi. «Il referendum non è servito a niente. Il risultato ha detto che i lavoratori non votano più per noi, che perfino una parte di pensionati guardano altrove, ma si continua a spostare l’asse politico del partito lontano dai nostri elettori. Abbiamo assistito alla Brexit, Trump spaventa il mondo, il progetto Europa rischia di fallire e Renzi continua a guardare alle vicende interne e ad essere divisivo. Serve un grande progetto politico, non battere la minoranza interna. Se ci sarà una scissione, l’avrà provocata lui».

Quanto alle ripercussioni trentine, Dorigatti elenca i molti motivi per i quali è meglio chiamarsene fuori. «Immaginare una scissione in Trentino è ancora più complicato. A differenza del livello nazionale, noi abbiamo continuato a credere nelle coalizioni anche negli anni passati. Oggi il Pd del Trentino è un soggetto politico con una responsabilità di governo anche verso i suoi alleati. A maggior ragione io resto per un soggetto politico sicuramente legato al Pd nazionale, ma autonomo. Non credo che Upt e Patt resteranno gli stessi a lungo». Conseguente il ragionamento sul possibile congresso provinciale. «Se vogliamo fare un congresso, o un momento di riflessione politica, facciamolo. Non perché si fa il congresso nazionale, ma per immaginare un soggetto politico diverso».

«La scissione — afferma ancora più convinto Nicoletti — va evitata in ogni modo. Il Pd è stato un esperimento che è arrivato a conseguire successi significativi. Si può discutere della leadership, sicuramente sì, come si fa in ogni partito europeo. Non è che se si resta in minoranza, bisogna andarsene. Per di più, con l’avanzata delle destre populiste in tutta Europa l’idea di dividerci mi pare davvero sbagliata». A differenza di Dorigatti, Nicoletti non crede che a dividere sia Renzi, o almeno non solo lui. «Fassino, Martina, Orlando, vengono dalla cultura politica del Pci, eppure sono stati coinvolti da Renzi, non c’è un’esclusione che investe un’intera area del partito». Quanto al voto «al netto dei personalismi, non si può ignorare la richiesta arrivata dal referendum, ma al contempo non mi pare realistico che si possa votare a settembre, con la legge di bilancio da depositare entro il 15 ottobre». Il congresso provinciale «non è imposto dallo statuto e non vedo molta necessità di farlo. Semmai c’è bisogno di un progetto per il Trentino».

«Le scissioni — chiosa Gilmozzi — fanno male a chi le fa e a chi le subisce. Però in un partito non possono convivere due linee politiche diverse. Si discute, si litiga, si vota e poi si sostiene la linea maggioritaria. Diversamente, non ha senso stare sotto lo stesso tetto. Il congresso provinciale? Investirò della questione il coordinamento, la decisione spetta al partito, non a me».