Pacher: «Politica frammentata? Il selfie è lo spirito del tempo»

«È l’epoca del selfie. L’io in primo piano e il resto del mondo sullo sfondo». Così Alberto Pacher riassume la costante frammentazione del quadro politico, che vede ormai anche in Trentino sempre più rappresentanti politici fare partito a sé. «Basti pensare — osserva il consigliere di Pt, Walter Viola — all’esplosione del numero di petizioni depositate in consiglio. Se i partiti assolvessero al proprio ruolo di rappresentanza, sarebbero loro a canalizzarle verso l’organo legislativo».
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 14 febbraio 2017

 

Dal 2013 a oggi, i gruppi di opposizione in consiglio provinciale si sono progressivamente sgranati (il quadro sul Corriere del Trentino di domenica). Il Misto, con quattro consiglieri iscritti, è diventato il quarto gruppo del consiglio per consistenza. Fatta eccezione per Walter Kaswalder, espulso dal Patt, i gruppi della maggioranza tengono, ma il dubbio che lo stare al governo sia il principale collante è lecito, visto che al loro interno manifestano divisioni anche profonde. Una frammentazione personalistica, in consiglio, che riflette quella dei partiti, quando ancora esistono.

«Direi che si tratta di una tendenza generale data dallo spirito del tempo, che è narcisista». Pacher — già sindaco di Trento, segretario del Pd e vicepresidente della Provincia — oltre che un politico è anche uno psicologo, professione che è tornato ad esercitare dopo l’addio alla scena pubblica del 2013. Questo forse lo aiuta a capire la nuova fase della politica. «Un’immagine che descrive bene lo spirito del tempo è quella del selfie. Una volta, quando si visitava un luogo particolarmente significativo per bellezza paesaggistica, o valore storico e via dicendo, la si fotografava. Oggi ci si fa un selfie, il soggetto è l’io, il luogo visitato è relegato sullo sfondo. Credo che in politica stia avvenendo qualcosa di molto simile. Il collettivo non conta. In primo piano c’è l’io, il gruppo, il partito stanno sullo sfondo. Personalità particolarmente forti, come Matteo Renzi, sono in grado, almeno per un periodo più o meno limitato, di far gravitare intorno a sé un gruppo, ma se viene meno questo tipo di attrazione, viene meno anche il gruppo come osserviamo guardando alla cronaca nazionale». Il perché, secondo Pacher, è piuttosto semplice. «Anche a livello locale, il Pd passa molto tempo a discutere di come stare insieme. Poco o nulla, invece, si discute del perché si sta assieme: quali sono gli ideali, le idee, gli obiettivi che si condividono? Se ne parla così poco, che è facile dimenticarsene».

Un esempio concreto è rappresentato per l’ex sindaco dall’esito referendario sulla riforma costituzionale. «Nel Pd non c’è stata alcuna elaborazione della sconfitta. Il tema è stato rimosso, o semplicemente evitato. È noto, però, che il rimosso torna sempre nel rimovente. Oggi si dice “dobbiamo tornare tra la gente”, ma se prima non affronti il motivo che ti ha portato a non essere più tra la gente, diventa difficile raggiungere un simile obiettivo». «Quello che dico del Pd — continua Pacher — vale anche per le altre forze politiche. Se si voterà a giugno, scatterà subito la campagna elettorale, le politiche saranno collegate alle provinciali e ogni ragionamento sarà congelato. Se, come mi auguro, si arriverà alla naturale scadenza della legislatura, il centrosinistra trentino avrà il tempo di discutere finalmente dei perché. Sarebbe davvero importante. Senza un’idea di Trentino, una cosa vale l’altra e nell’assenza di idee a contare sono solo le personalità».

C’è poi il tema dei «pensatoi» che nascono a margine dei partiti. Alcuni servono solo da trampolino e tribuna al singolo candidato, altri elaborano pensiero, ma in una sorta di magnifico isolamento. «Dovrebbero essere i partiti a stimolare direttamente qualcosa di simile. Quella di Territoriali europei, ad esempio, è una bellissima esperienza, ma sarebbe bene che certi temi, uno su tutti la nostra autonomia, fossero affrontati dai soggetti politici».

Viola, che della politica attiva fa ancora pienamente parte, non nega l’esistenza del problema, anzi. «La prima osservazione che faccio è che il Trentino, anche se più della metà dei voti delle provinciali del 2013 sono andati a liste non presenti a livello nazionale, risente inevitabilmente del clima politico nazionale. Parafrasando il compianto Bauman, se la società di oggi è liquida, la politica è gassosa. Non voglio certo perdermi nella nostalgia del tempo che fu, ma paradossalmente c’era più dialogo tra forze politiche divise dal muro di Berlino che tra quelle di oggi, pur non divise da una simile cortina. Il motivo c’è: solo chi ha un’identità forte è in grado di dialogare. Se non si ha una propria identità — continua Viola — quali basi si possono gettare per un dialogo?». In crisi, però, non pare solo la politica. «In crisi è la rappresentanza collettiva in generale. Un esempio: sulla riforma delle cave alla fine il consiglio ha trovato una sintesi largamente condivisa. Non così chi è chiamato, ai vari livelli, a dare rappresentanza a quella realtà economica. Il fiorire stesso delle petizioni popolari in consiglio dimostra che i partiti non riescono ad essere più cinghia di trasmissione con la società, che dal canto suo tende a muoversi solo sull’input di una singola esigenza, istanza, contrarietà. Al di là degli slogan — conclude Viola — noi trentini avremmo un’arma in più di fronte a questo smarrimento che è l’autonomia e che ci permette un modo diverso di fare politica».