Settant’anni dopo quei fatti, ma solamente a 13 dal riconoscimento con il quale, per legge il Parlamento stabilì che il 10 febbraio sarebbe stato riconosciuto dalla Repubblica quale Giorno del Ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati, nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.C. Libera, "Trentino", 11 febbraio 2017
Questa la dicitura ufficiale di una Giornata che è vissuta prima sulla celebrazione della Messa nella badia di San Lorenzo, quindi nella silenziosa cerimonia della deposizione della corona al monumenti Vittime delle Foibe in Largo San Francesco, con le autorità civili e militari e le rappresentanze d’Arma. Quindi con la cerimonia ufficiale in una sala Falconetto di palazzo Geremia molto affollata, con gli interventi, coordinati da Lorenzo Andreatta, del sindaco Alessandro Andreatta, dell’assessora Sara Ferrari, del presidente del Comitato provinciale di Trento dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Roberto De Bernardis, di Patrizia Marchesoni, vicedirettrice della Fondazione Museo Storico del Trentino, con la conclusione del Commissario del Governo Pasquale Gioffrè. Al termine, nella scarna scenografia di una valigia di cartone, il recital teatrale per due voci di e con Renzo Fracalossi con la partecipazione di Beatrice Festi, “Storia di una valigia e altre storie del Mar Grando”.
Il sindaco Andreatta, nel suo intervento ha parlato di doveri, soprattutto quello «di essere qui oggi, per ricordare le vittime delle foibe, dei campi di concentramento jugoslavi, delle deportazioni, della violenza che colpì gli italiani dopo l’8 settembre 1943 in Venezia Giulia e in Dalmazia». Poi ha parlato dei totalitarismi, che stanno nuovamente aleggiando in Europa e non solo, «del secolo scorso – quelli di destra e di sinistra, quelli fascisti e quelli comunisti – hanno in comune non solo un'incredibile sequela di orrori, non solo il disprezzo per la vita umana ma anche il negazionismo o il non meno pericoloso riduzionismo. La nebbia delle polemiche ci costringe a ribadire un concetto che purtroppo non è per tutti un'ovvietà: per noi le vittime sono sempre vittime. E i carnefici rimangono tali. Le tesi antistoriche, fondate solamente su pregiudizi ideologici, francamente non ci interessano. Come non comprendiamo le azioni di chi imbratta monumenti e distrugge targhe commemorative nel tentativo di scrivere una storia che non è mai esistita».
L’assessora Ferrari ha parlato di responsabilità, di ricordo della memoria singola che unita alle altre fa la memoria collettiva, con l’obbligo di informare le nuove generazioni. De Bernardis, ha compiuto un’accurata analisi dei fatti, di quella diaspora, di quella storiografia troppo a lungo passata sotto silenzio se non addirittura vista con ostilità. La vicedirettrice Marchesoni ha parlato sì dei 13 anni del Giorno del Ricordo ma soprattutto dei 15 da quando l’allora Museo Storico del Trentino iniziò a studiare compiutamente quei fatti. Al Commissario Gioffrè il compito di tirare le fila di un dialogo istituzionale con il fermo monito di una nazione che non deve dimenticare mai la storia.
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