Lo spettacolo teatrale gender Fa’Afafine che, talune forze politiche, non vorrebbero fosse mostrato alle scolaresche. E, solo ieri, la professoressa di un liceo della città che si dice contraria all’educazione sessuale impartita tra i banchi. Vi è forse in atto una sorta di revisione di quello che la scuola deve/può proporre nell’ambito di un tema come la sessualità?G. Tessari, "Trentino", 11 febbraio 2016
In questo colloquio ne abbiamo parlato con Sara Ferrari, assessora provinciale del Pd che ha tra le sue competenze politiche giovanili e pari opportunità. Ma che è anche insegnante e manma.
Assessora Ferrari, che le sembra della presa di distanza della professoressa del Rosmini sul tema dell’educazione sessuale? «Beh l’educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole esiste da almeno 30 anni e viene gestita dall’Azienda sanitaria con dei professionisti del settore. E’ sempre stato possibile, per i genitori contrari, non fare partecipare i propri figli. Sulla professoressa in questione mi limito a dire che una docente è libera di esprimere la propria contrarietà. Un pensiero piuttosto vorrei fosse chiaro: ad amare persone dello stesso sesso non si insegna a scuola, nè tantomeno lo si impara con uno spettacolo teatrale. E’ un dato di natura. Un’altra cosa è importante chiarire».
A cosa si riferisce? «Siamo in un momento in cui ai nostri ragazzi basta un clic su internet per vedere di tutto e di più. Quindi la scuola, nel parlare di sesso, può offrire un approccio mediato sui temi della sessualità. Di sicuro nel web il filtro è inesistente».
E la levata di scudi contro lo spettacolo gender? «Siamo un Paese che finalmente ha approvato le unioni civili. E la nostra Provincia, prima della Cirinnà, aveva approvato una mozione che sostituiva un disegno di legge osteggiato dal centrodestra. La mozione era proprio per contrastare il bullismo omofobico. Ed ora siamo in fase di applicazione di quel passaggio: su questo la scuola, assieme alla famiglia, ha una responsabilità educativa».
Il ruolo della scuola, dunque, è centrale. «Non può sottrarsi dal dire che, tra noi, esistono persone che amano individui dello stesso sesso. E che per questo rischiano di subire aggressioni o di essere discriminate. Il fatto che non si possa proporre a scuola il tema, tramite lo spettacolo teatrale “Fa’Afafine”, è paradossale. La famiglia va informata, ma la scuola non deve rinunciare al suo ruolo di educare su tutte le tematiche che riguardano la società. Diversamente che cittadini si andrebbero a formare?».
Ma alcune componenti politiche non sono d’accordo su questo approccio. «Contro lo spettacolo gender ci sono stati, da parte dell’estrema destra, degli atteggiamenti che non esito a definire intimidatori anche nei confronti delle istituzioni scolastiche. Di quelle scuole che, nella loro autonomia, hanno scelto di aderire ad una proposta che fa parte del mercato culturale e che il Santa Chiara, assieme a molte altre città italiane, ha proposto. Spettacolo patrocinato da Amnesty International, pluripremiato. Molto delicato».
Le polemiche sono preventive, dice? «Pretestuose. Tutti quelli che hanno visto lo spettacolo sono rimasti soddisfatti».
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