Olivi - Rossi, fronte comune contro la povertà

 Le politiche di contrasto alla povertà sono un impegno comune, tra le regioni italiane più sensibili e propositive in questo campo, anche di Toscana e Trentino, ma devono diventare patrimonio comune dell'intera nazione. Di questo hanno discusso, durante un breve incontro presso la sede della Provincia autonoma il governatore della Toscana Enrico Rossi ed il vicepresidente della Provincia autonoma di Trento e assessore allo sviluppo economico e lavoro Alessandro Olivi.
Ansa, 11 febbraio 2017


    Nelle parole dell'assessore Olivi l'impegno a costruire un'alleanza tra territori e comunità locali per costruire un piano di contrasto alla povertà e inclusione sociale che sia frutto della messa a fattor comune delle migliori pratiche che nascono dalla dimensione esperienziale dei territori: "Il Trentino che da tempo e per primo ha costruito un sistema universalistico di protezione sociale attiva, si propone quale territorio di innovazione e sperimentazione per coniugare le risorse del Piano nazionale contro la povertà.

 

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La globalizzazione, vent’anni (o trent’anni) dopo. L’espansione del mercato che travolge i territori lasciando sul terreno la classe operaia, i lavoratori, perfino i partiti, in un disagio crescente che è arrivato oggi al livello di guardia, sobillato dal populismo. Enrico Rossi, ospite a Trento di uno degli incontri di formazione politica «dem», prova a far ripartire il Pd «dal basso», dai ceti popolari che i progressisti, incantati dall’avanzata del capitale («Al di là del bene e del male» direbbe Nietzsche), hanno più o meno consapevolmente dimenticato.

«L’anti Renzi», presidente della Regione Toscana, un curriculum iniziato da sindaco di Pontedera, la città della Piaggio, non parla per slogan e battute. Sfida l’attuale segretario, toscano come lui, attraverso argomentazioni ampie, che riportano in auge un vocabolario desueto per la politica italiana recente. Ideali, principi morali, accostati a un richiamo a «non accettare l’esistente» condiviso da «non credente» con papa Francesco. Nella sala circoscrizionale di via Perini, a Trento, arriva assieme a Alessandro Olivi. Poco prima i due hanno condiviso l’impegno di Trentino e Toscana per fare fronte comune, rispetto al governo, riguardo al Piano contro la povertà.

L’attenzione si rivolge innanzitutto al Pd e alla direzione nazionale di domani. Rossi invoca da tempo l’assise. «Non ho la palla di vetro per sapere cosa voglia fare Renzi. Io chiedo una discussione seria, senza strappi, sulle proposte che riguardano la vita delle persone. La povertà è esplosiva, anche qui. Poi ci sono la disoccupazione giovanile, le popolazioni terremotate, il lavoro. Se Renzi ci sfidasse su questo il Pd si riunirebbe immediatamente. Diversamente, la gente non capirebbe».

Il presidente toscano non vuole confondersi con gli altri sfidanti, da Roberto Speranza a Michele Emiliano. E di scissione non vuole «neanche sentirne parlare». «Non credo a una santa alleanza contro Renzi. Il mio obiettivo non è batterlo ma parlare di proposte». Il Pd, fa capire, ha perso fin troppo tempo inseguendo la destra su un terreno sul quale sarà «sempre vincente», quello dell’accettazione dell’esistente.

«Il nostro partito, non dagli ultimi tre anni ma da prima, ha bisogno di trovare dei riferimenti» delinea Rossi, in veste di relatore, nel suo intervento su «Amministrare oggi». In sala ci sono una cinquantina di persone, pochi big e eletti. Si vedono Andrea La Malfa (promotore degli incontri), Vanni Scalfi, Tommaso Iori, Alessio Manica. «La politica — riprende — ha smesso di tradurre gli ideali di libertà, uguaglianza nella prassi quotidiana. Dobbiamo tutelare l’interesse collettivo dando un’idea di futuro. La sinistra deve ritrovare il suo linguaggio». Le istituzioni devono rispondere ai processi della globalizzazione. Anche alla delocalizzazione dei call center. «Perché non siamo intervenuti prima, ad esempio su Almaviva? Perché abbiamo introiettato l’idea che profitto e capitale sono liberi da qualsiasi vincolo. Invece, occorre un equilibrio tra mercato e democrazia. Nei quartieri operai l’hanno capito e ci pigliano a botte. Stiamo attenti perché poi arriva il nazionalismo pericoloso, come quello di Trump, che scarica tutto sugli immigrati».

Verso l’autonomia i toni, critici in passato, ora sono morbidi. «Mi sono interessato e apprezzo le vostre ragioni, anche se la riforma costituzionale, che anche io ho votato, avrebbe creato uno sbilanciamento eccessivo. L’autonomia non è separatezza, ma trattare problemi di dimensione nazionale, vedi la povertà. Troviamo una strada assieme».