Racconta di come, in seconda media, ha deciso di diventare insegnante. Della sua passione per la politica, «che a livello istituzionale dura da 21 anni». Ma quando «nonno» Alessandro Andreatta parla del nipotino Leonardo la voce cambia. Si fa più dolce. E, dall’altra parte della cornetta del telefono, ci si immagina un sorriso. «Fare il nonno è bellissimo» ammette il sindaco del capoluogo.M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 6 febbraio 2017
Che per festeggiare i suoi primi sessant’anni (compiuti ieri) ha scelto gli spazi familiari dell’oratorio del Duomo. Dedicando l’intera giornata alla famiglia e agli amici più cari.
Sindaco Andreatta, c’è chi a sessant’anni si sente giovane come a venti, chi invece tira i remi in barca. Lei come vive questo compleanno?
«Reinhold Messner, per i suoi sessant’anni, disse: “Siamo a due terzi della vita”. C’è un po’ di ragione in questo. Anche se è vero che dipende molto da come ognuno vive la sua età. Per quanto mi riguarda, devo dire che a venti come a sessant’anni ho sempre messo in ogni cosa passione ed entusiasmo. Non ho mai subito delle scelte».
Partiamo dalle principali.
«Volevo fare l’insegnante e l’ho fatto».
Quando ha deciso che quella sarebbe stata la sua strada?
«In seconda media. Mi sono innamorato del metodo di insegnamento del mio professore di italiano, Sergio Fontana. La passione per l’insegnamento è nata lì».
E poi c’è stata la politica.
«Un percorso non programmato: da consigliere, a 38 anni, ad assessore, poi vicesindaco e infine sindaco».
Quanti anni ha dedicato alla politica di questi sessanta?
«Se consideriamo il percorso istituzionale, dal 1995 a oggi. Ventuno. Ma prima, a 17 anni, c’è stata l’esperienza del Don Milani. E un po’ di politica l’ho respirata anche in famiglia».
Tra le passioni c’è anche lo sport.
«Sì. Il calcio con l’Invicta e, da allievo, con la Virtus. L’atletica leggera con la Virtus. E la pallavolo con gli amici e a scuola. Poi, tra le passioni che ho coltivato con lo stesso entusiasmo, vorrei citare anche il volontariato. Sono rimasto folgorato, da giovane, dalla frase del fondatore degli scout, Robert Baden-Powell: “La vera felicità consiste nel far felice gli altri”. Ecco: questa frase mi ha guidato».
Lei prima parlava del suo lavoro. Se non proseguirà la carriera politica, dovrà tornare a insegnare a 63 anni. Non la spaventa un po’?
«Questo è il mio lavoro. È l’unico che ho. Non so se le forze saranno le stesse, ma la passione non è diminuita. So che la scuola è cambiata molto. Cercherò di arrivare preparato. Poi, in ogni caso, la pensione non è lontana».
Intanto fa il nonno di Leonardo.
«Fare il nonno è bellissimo. C’è tutta la gioia del rapporto con i bambini, senza la responsabilità di essere genitori. Si è più sereni: sai che non tutto dipende da te. Devo dire che attendo con trepidazione il momento in cui potrò portarlo a fare le prime gitarelle».
Qual è la colonna sonora di questi primi sessant’anni?
«Non sono un grande intenditore di musica. Mi piacciono i cantautori italiani: Guccini, De Andrè, Branduardi. Ma anche cantanti come Battisti, Morandi, Baglioni. Poca musica straniera: sono sempre andato più a testi che a cantanti».
E libri?
«Non ho un libro di riferimento. Ne ho tanti. Citerei “Il nome della rosa”. Mi piace molto Ignazio Silone. E poi i classici».
Qual è stato il momento più duro che ha passato? E quello più felice?
«Il momento di massima fatica e sofferenza è stata la mia separazione, inattesa e inaspettata. I momenti belli sono tanti: la nascita delle mie figlie, la prima elezione a sindaco, ma anche 15-20 gite straordinarie in montagna».
Si è mai sentito dire «Non hai più l’età»?
«Più che altro, quando vado in montagna, c’è chi mi dice “Non tirare troppo, fai le cose con gradualità”».
Questo come la fa sentire?
«Mi fa capire che c’è gente che mi vuole bene».
Che augurio si farebbe per il suo compleanno?
«Di essere in pace con me e con gli altri, di rispettare ed essere rispettato. E di avere più tempo per pensare. In solitudine, senza telefonini, incontri da rispettare o e-mail a cui dover rispondere».
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