È rimbalzata anche in consiglio provinciale la notizia dell’occupazione del Comune di Mori da parte di un gruppo di manifestanti, tra cui una quindicina di anarchici, che protestano contro il vallo-tomo, opera che la Provincia considera indispensabile per mettere in sicurezza il paese dal rischio di caduta del grosso dietro di roccia che incombe sul paese."Corriere del Trentino", 1 febbraio 2017
Il consiglio provinciale condanna il metodo, ma il blitz divide la politica. All’apertura dei lavori del consiglio Alessio Manica (Pd) ha espresso preoccupazione per l’occupazione che ha costretto il sindaco Stefano Barozzi a lasciare il suo ufficio. «Tra questi attivisti — ha affermato Manica — ci sono dei militanti politici ai quali va ricordata che questa situazione sta andando oltre i limiti». «Una situazione gravissima» per il consigliere democratico. È della stessa idea Giacomo Bezzi (Forza Italia), ma, incalza, «se la popolazione è infuriata, il governo ha il dovere di ascoltarla e considerare le sue richieste».
È il pentastellato Filippo Degasperi, invece, a difendere in modo netto i manifestanti. I consiglieri comunali M5S ieri erano presenti e hanno appoggiato la protesta. Una voce fuori dal coro, quella di Degasperi, in consiglio, anche il presidente, Bruno Dorigatti, ha infatti condannato il gesto. «Al momento non mi sembra siano stati commessi reati — replica Degasperi — prima di prendersela con chi sta protestando all’interno delle regole del codice penale farei una riflessione sulle richieste di questi attivisti».
Nulla da dire sulla protesta, ma è il metodo che ha irritato una parte della politica trentina. «Il limite non va superato e qui si sta andando oltre» ha aggiunto Nerio Giovanazzi (At) che ha ricordato di aver subito proteste e contestazioni molto forti nel periodo in cui era assessore ai lavori pubblici. Intanto si attende l’incontro fissato per domani alle ore 13 a Mori, per la giunta sarà presente l’assessore Tiziano Mellarini.
Mori, occupato l’ufficio del sindaco Blitz degli anarchici e dei comitati
Nove ore. Tanto è durata l’occupazione della sala giunta del municipio di Mori da parte di un gruppo di manifestanti che ieri mattina, verso le 9, si è chiuso a chiave nella stanza per protestare contro il progetto di costruzione del vallotomo.
Verso le 9, una trentina di persone ha fatto ingresso nella sede comunale di via Scuole, è salita al primo piano e ha tentato di entrare nell’ufficio del sindaco che coincide con la sala dell’esecutivo. A sbarrare loro l’ingresso c’era però un agente di polizia locale, che sarebbe stato strattonato e spostato di forza. Nel parapiglia che ne è seguito, alcuni manifestanti sarebbero stati trattenuti mentre all’interno della stanza sono riuscite a entrare solamente una quindicina di persone che, utilizzando le chiavi lasciate dal sindaco Stefano Barozzi sulla propria scrivania, si sono chiuse dentro. I manifestanti rimasti fuori dalla stanza sono usciti dal municipio, sistemandosi sotto la terrazza a cui avevano accesso i loro compagni. Subito sono stati esposti due identici striscioni, uno a livello strada e l’altro sul terrazzo, che dicevano: «Fissare il diedro subito. Resistere all’arroganza».
La sera, intorno alle 18.30, i manifestanti rimasti all’esterno del municipio sono saliti al primo piano e, formando un cordone, hanno agevolato l’uscita dei compagni rimasti asserragliati nella sala giunta. Per questi ultimi, tra cui vi sarebbero alcuni anarchici, dovrebbe scattare la denuncia per violenza privata, invasione di edificio e interruzione di pubblico servizio.
I motivi che hanno spinto i manifestanti a occupare la stanza dell’edificio sono infatti legati alla costruzione di un vallotomo, ovvero un muro alto cinque metri e lungo 200, per riparare la zona di via Teatro dall’eventuale caduta di un diedro di roccia instabile di circa 500 metri cubi. «Ciò che chiediamo è di nominare subito un team di esperti che si attivi per stabilizzare il diedro, e poi si potranno trovare le soluzioni definitive» spiega Emilio Piccoli, cittadino di Mori presente ieri alla protesta ma rimasto fuori dalla sala giunta.
Secondo i manifestanti, infatti, la costruzione del muro richiede troppo tempo e quindi non può rappresentare la soluzione migliore per fronteggiare una «somma urgenza», espressione utilizzata dal professor Giovanni Barla, esperto super partes nominato dalla Provincia a fine anno, per definire la situazione.
L’intera vicenda ha origine però nel 2007. Quell’anno il geologo Cristiano Belloni stese una relazione su richiesta dell’amministrazione comunale circa il possibile rischio di caduta del masso, staccatosi durante un terremoto nel 1976, evidenziando che esisterebbe un «alto dissesto geostrutturale». Da allora, però, secondo la bozza di denuncia stilata dal consigliere comunale del Movimento 5 stelle Renzo Colpo, ieri presente insieme al collega del Patt Cristiano Moiola, «seguirono contatti tra il Comune di Mori e uffici della Provincia, ipotesi e studi di progetti, ma nessun intervento diretto sull’area di pericolo indicata». Nel 2016, nove anni dopo la relazione di Belloni, a seguito del distacco di una massa nelle vicinanze della roccia, alcuni tecnici della Provincia eseguirono un’ispezione e il Comune di Mori diede incarico al geologo Giacomo Nardin di valutare la situazione. Nella denuncia che ha annunciato di voler presentare alla Procura, alla Corte dei conti e all’Anac, Colpo sostiene che Nardin ipotizzerebbe nei suoi documenti un rischio concreto rispetto al possibile distacco del masso roccioso. Il 24 maggio scorso viene così emanato dagli uffici provinciali un decreto di «somma urgenza», stabilendo che sarebbe necessario procedere con una demolizione controllata dell’ammasso roccioso, non prima però di aver realizzato un’opera di protezione degli edifici a valle. Il vallotomo, per l’appunto. I manifestanti sostengono però l’incongruenza tra l’emanazione di un decreto di «somma urgenza» e i tempi per la realizzazione del muro, ed esprimono le proprie preoccupazione per la presenza di un ammasso roccioso di cui temono la caduta improvvisa sulla base della relazione dell’ingegner Gian Paolo Giani, incaricato di esaminare la situazione dal comitato «da Vicolo a Vicolo» .
Barozzi ha spiegato che «la preoccupazione per la situazione c’è ma non è vero che non stiamo facendo niente». «La Provincia ha infatti previsto un intervento — continua — e noi seguiremo la tabella di marcia sulla base delle valutazioni degli ingegneri e la collaborazione della Protezione civil e».
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