Il tema dell'immigrazione e dell'accoglienza è di strettissima attualità. E d'attualità Mattia Civico e Donata Borgonovo Re hanno quindi fatto un'interrogazione in Consiglio provinciale indirizzata a Luca Zeni che dovrà rispondere a proposito di quello che pensa la Giunta sull'ipotesi di istituire anche sul nostro territorio un Centro di identificazione e di espulsione.
D. Baldo, "Il Dolomiti", 31 gennaio 2017
“Nei giorni scorsi – scrivono i due consiglieri – sui quotidiani locali si è ipotizzata la possibilità che l’ex poligono militare di Roverè della Luna possa ospitare uno dei Centri di identificazione ed espulsione per migranti previsti dal piano del Ministro degli Interni Marco Minniti, che intende collocare almeno un centro in ogni regione”.
“L’esperienza dei Cie – spiegano però Civico e Borgonovo Re – si è rivelata decisamente fallimentare sia sotto il profilo del rispetto della dignità delle persone trattenute nei centri, sia sotto il profilo dell’efficacia funzionale (identificazione ed espulsione dei migranti privi di titolo di soggiorno), sia sotto il profilo dei costi complessivi, tanto da portare alla chiusura di 7 centri su 12”.
“Appare dunque urgente – continua l'interrogazione – affrontare il tema prima che vengano assunte decisioni che impongano anche alla nostra Provincia l’adozione di misure già risultate inappropriate, onerose ed inefficaci”.
Ma ecco la domanda: “Quale sia, ad oggi, la posizione della Giunta provinciale sulla possibilità che anche nella nostra provincia venga istituito un Centro di identificazione ed espulsione e come si possa ritenere conciliabile il Cie con le politiche di accoglienza diffusa adottate dalla Provincia nei confronti dei profughi e dei richiedenti asilo”.
Sulla possibilità che sorga un centro presso l'ex Poligono militare di Roveré della Luca Zeni afferma che “non è mai arrivata nessuna richiesta né formalmente né informalmente”, spiegando che non se n'è parlato mai nemmeno come ipotesi. Spiega però con maggior dettaglio i contenuti di un nuovo approccio che da parte del nuovo ministro degli Interni Minniti sembra farsi strada.
“Mercoledì scorso – afferma Zeni – ero alla conferenza Stato-Regioni convocata proprio su questo tema. E ho condiviso la linea su cui si sta muovendo Minniti: accoglienza e legalità, perché il sistema sta in piedi solo se tutti e due questi aspetti sono tenuti in considerazione”.
Prima di rispondere nel merito delle domande Zeni cerca di inquadrare la situazione trentina, paragonandola al resto d'Italia: “Da noi 47 Comuni sono coinvolti nella distribuzione sul territorio dell'accoglienza. A questi se ne aggiungono a breve altri 49, superando i 90 comuni che accolgono richiedenti asilo”.
Questo modello sembra godere di un'alta considerazione tra gli amministratori di tutto il Paese: “La proposta dell'Anci (L'associazione dei Comuni italiani) si muove su questa nostra impostazione, ovvero la distribuzione di piccoli gruppi” L'Anci infatti propone di distribuire non più di 6 richiedenti asilo nei comuni sotto i 2000 abitanti e 2,5 unità ogni mille abitanti nei comuni sopra i 2000 abitanti.
Fin qui si tratta di accoglienza. “L'altro pilastro è la legalità – rimarca Zeni – e qui si inseriscono proposte come quella dei Cie”. Centri che però non avrebbero nulla a che vedere con quelli “fallimentari, onerosi e inappropriati” anche dal punto di vista dei diritti umani di cui parla l'interrogazione.
“Saranno altra cosa, saranno di dimensioni ridotte e pensati per soggetti classificati come socialmente pericolosi”. Questo afferma l'assessore, riferendo le parole del ministro Minniti. “Serviranno per agevolare i rimpatri e non saranno in contraddizione con l'accoglienza”. Nel senso che i profughi all'interno dei programmi di accoglienza, e in attesa della decisione sulla loro richiesta di asilo, non saranno toccati dall'istituzione di questi nuovi istituiti.
Questa la risposta che darà quindi domani ai consiglieri interroganti, e in qualche modo risponderà anche ai dubbi sul “rispetto della dignità umana” che non è certo brillata nella gestione passata dei Cie. “Il ministro ha ipotizzato l'istituzione della figura del Garante, da poter nominare anche a livello territoriale – spiega Zeni – e ha garantito la totale trasparenza e il rispetto dei diritti umani”.
“Certo – ammette l'assessore – si tratta di centri che saranno gestiti dallo Stato, perché le amministrazioni non possono gestire luoghi di detenzione”. E anche sull'eventualità che possano sorgere nella nostra Regione non sembra che ci sia margine di trattative: decide lo Stato.
“Se il ministero, in un quadro condiviso e discusso congiuntamente con le Regioni, dovesse avanzare l'ipotesi di un centro sul nostro territorio – afferma Zeni – non potremmo certo dire che non lo volgiamo, che lo facciano da un'altra parte. Questo andrebbe contro alla nostra politica – afferma – che come ho detto più volte necessita di accoglienza e di legalità, perché è molto più facile promuovere l'integrazione se i cittadini vedono uno Stato capace e sicuro nella gestione di questa realtà”.