«Quindici profughi in un posto non sono grandi numeri, in Veneto ne mettono 150 in un albergo, o 1500 in un campo. Quelle sono concentrazioni». L’assessore Luca Zeni non perde la sua proverbiale flemma, ma questa volta la reazione è più dura di altre volte, di fronte alle nuove resistenze sull’accoglienza dei profughi.
"Trentino", 19 gennaio 2017
Il caso Fiavé è l’ultimo in ordine di tempo (vedi articolo in alto), ma nelle stesse ore un altro fronte si è aperto a Sardagna, dove le due civiche (Cantiere Civico democratico e Civica 4) hanno messo le mani avanti su un possibile utilizzo di Villa Rizzi per ospitare dei richiedenti asilo: «Inadeguata a un simile scopo». «Di Villa Rizzi non so niente», risponde l’assessore, «mentre martedì ero a Fiavé per incontrare la giunta comunale». «Il nostro approccio al tema non cambia, la realtà è questa. Ci siamo assunti l’onere di gestire l’accoglienza per evitare che il prefetto, come avviene nelle altre regioni, possa decidere di mettere cento profughi in un hotel. Ma questo modello passa per una collaborazione con i Comuni.
Troppo facile dire “Bene il modello, ma non sul mio territorio”. Finora abbiamo evitato di concentrare grandi numeri in uno stesso posto, e non mi si venga a dire che 14-15 persone sono grandi numeri. Ricordo che in Veneto hanno campi da 1500 e alberghi dove ce ne sono 150. In Alto Adige - prosegue Zeni - stanno individuando strutture da 40-50 persone. Per evitare queste cifre serve una distribuzione diffusa. Purtroppo ho constatato che le alternative da parte di alcuni sindaci emergono solo quando noi facciamo una proposta». Ieri il tema dei richiedenti asilo è tornato in primo piano in consiglio provinciale dove Zeni ha risposto a un’interrogazione di Rodolfo Borga (Civica Trentina).
Il consigliere ha chiesto di conoscere le ragioni dell’aumento delle risorse a bilancio per il 2017 per i profughi da 12,8 a 19,5 milioni. L’assessore ha ricordato che sulla base dell'intesa tra Stato e Regioni, al Trentino spetta lo 0,9% dei richiedenti asilo presenti sul territorio nazionale e che per gestire i costi la Provincia utilizza fondi statali. Ha quindi chiarito che «l'incremento degli stanziamenti è di tipo prudenziale, visto l'aumento delle presenze degli ultimi anni»: da 271 (42.735 giornate) al 31 dicembre 2014 si è passati a 696 del 2015 e 1230 (349.916 giornate) a fine 2016. Pronta la chiosa di Borga: «Confermati i nostri dubbi. Per il 2017 si prevede ragionevolmente un aumento del 50% dei richiedenti asilo in Trentino».
«Non vogliono donne? Mandiamo uomini»
TRENTO Dopo Lavarone, anche a Fiavé l’annunciato arrivo di 14 profughe diventa un caso politico. Il sindaco Angelo Zambotti ha definito l’accoglienza «un dovere civico» ma la giunta comunale - che martedì a Fiavé ha incontrato l’assessore provinciale Luca Zeni - si è detta contraria alla soluzione dell’ex hotel Miramonti, struttura in disuso di proprietà della Curia. E ieri la Lega Nord è prontamente corsa in soccorso degli amministratori con un’interrogazione del segretario (e consigliere provinciale) Maurizio Fugatti: «La scelta di inserire migranti in un albergo è contraria a quanto ha sempre detto l’assessore Zeni che ha manifestato più volte di non voler creare grandi strutture di accoglienza. L’amministrazione comunale avrebbe anche trovato diverse soluzioni ma a quanto pare la decisione è già stata presa. Evidentemente gli accordi erano già stati presi tra l’assessore e la Curia ancora prima di interpellare il Comune che sarebbe il diretto interessato». Zeni conferma: «Ho incontrato la giunta di Fiavé a cui ho confermato che noi abbiamo individuato il Miramonti per ospitare 14 profughe, non sono grandi numeri. Ho anche detto che se offrono delle alternative, noi siamo pronti a valutarle come abbiamo sempre fatto. Dev’essere però chiaro che se la controproposta sono degli appartamenti, arriveranno richiedenti asilo uomini perché la scelta è di destinare le strutture un po’ più grandi alle donne proprio per facilitare l’accettazione sociale. Il nostro lavoro è finalizzato a incrementare il numero dei posti secondo un modello di accoglienza diffusa. Questo però passa per una collaborazione con i Comuni. Non si può sempre dire che il modello va bene, purché non sul proprio territorio. Così non funziona».