Un Trentino «coeso socialmente, che investa nell’ambiente, dia attenzione a chi non ce la fa e metta in primo piano una sana concorrenza» da un lato. Una provincia che «non può scegliere la strada della chiusura» e che «deve essere in grado di usare l’autonomia come strumento di sviluppo, organizzando le sue diverse identità in una definizione chiara di poteri e responsabilità» dall’altro. Tradotto, la visione di futuro locale secondo Carlo Daldoss e Luca Zeni.E. Ferro, "Corriere del Trentino", 13 gennaio 2017
Con il primo che vede «i territori al centro» di un eventuale progetto politico e il secondo convinto del valore della «programmazione, sintesi della capacità di una comunità di darsi delle traiettorie». L’uno, assessore tecnico, persuaso comunque che «i partiti servano» ma debbano «reinventare il rapporto con i cittadini», l’altro, esponente del Pd, sostenitore, ovviamente, della necessità di avere «un’impronta politica chiara» all’interno della quale possono, comunque, collocarsi anche i «contributi civici».
Insomma, l’anno elettorale sembra per certi versi ancora lontano, ma nel dibattito organizzato da «l’Adige» che ha visto confrontarsi ieri sera Daldoss e Zeni sulla propria idea di futuro in salsa trentina, la rispettiva candidatura a eventuale guida della Provincia di Trento è stato il classico convitato di pietra. Neanche troppo nascosto, se è vero che fra il pubblico qualcuno, nel più tipico dei lapsus freudiani, si rivolge a loro come «i candidati». A ogni modo, Daldoss si sbilancia leggermente nell’affermare che «oggi chi governa ha una grande possibilità di rilanciare il proprio ruolo e se ci saranno le condizioni e sarà richiesto il mio contributo potrò anche pensarci». Non scioglie l’enigma, tuttavia, sulla possibilità di farlo con una lista civica. Anche se, ribadisce, «da cittadino riconosco che i partiti servano, sono la rappresentazione di una realtà, di una visione, di uno sviluppo della comunità». Ma devono «reinventare l’approccio con i cittadini». Ecco perché, secondo l’assessore, «la vera sfida di chi in futuro vorrà porsi in ruolo di governo sarà riuscire a trasmettere la sensazione di essere parte di una partita nella quale ognuno possa giocare la sua parte di protagonismo».
Tranchant, invece, il giudizio di Zeni sul tema civico: «Credere che si possa governare il Trentino senza dare un’impronta politica chiara è un’illusione o una presa in giro in alcuni casi». Perché non chiarire la propria posizione «significa o non averne una oppure tenerla nascosta e non è corretto nei confronti dei cittadini». La chiusura, tuttavia, non è totale: «Ben venga se il contributo civico può collocarsi in un’area di questo tipo». Oltre che sulle priorità del Trentino per i prossimi anni e sugli aspetti politici, i due si sono confrontati anche sul paragone con l’Alto Adige e il tema delle risorse pubbliche.
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Non ha sciolto la riserva sulla propria partecipazione alle provinciali del prossimo anno magari candidato presidente di una lista Civica di cui si parla da tempo che raccolga diversi sindaci peraltro già usciti allo scoperto da settimane, espressione dei territori. Nel corso di un incontro pubblico, ieri all’hotel Trento insieme al collega di giunta Luca Zeni, l’assessore “tecnico” Carlo Daldoss si è limitato a pronunciare alcune frasi di prammatica che in questo momento, vista la lontananza dall’appuntamento elettorale, poco meno di un paio d’anni, ci possono anche stare: «Se sarà chiesto il mio contributo ci penserò». Peraltro pronunciate non con particolare fermezza. Piuttosto, un che di imbarazzo. E neanche ha voluto esprimersi se - in caso decidesse che fosse giunta l’ora di chiedere il consenso degli elettori per rimettere piede in piazza Dante dove è stato chiamato da “tecnico” dal governatore Rossi - lo schieramento con il quale mettersi in “gioco” possa essere una civica o un partito. Per quanto aggiungendo: «Tra centrosinistra e centrodestra ci sono differenze etiche e di valori». Ma se proprio qualche indizio si vuole scovare, e ce n’è stato più d’uno, il che, secondo vecchie regole, equivale ad una prova, Daldoss ha rivendicato la «necessità di un impegno civico». Il che altro non significa che tutto è in movimento, e possibile, dentro un centrosinistra autonomista magari allargato, e non solo. «Perché – ha aggiunto – la gente ha voglia di partecipare, anche se meno ai riti di partito». E ancora: «I partiti servono (quasi un colpo al cerchio e l’altro alla botte, ndr) ma c’è la necessità di reinventarsi nella capacità di incontro con la gente, ascoltando. E penso che uno spazio, in questa direzione, ci sia».
Una bocciatura della Civica, e se non proprio quasi, è invece arrivata da Zeni, Pd emergente di formazione margheritina-dellaiana che punta in alto. «Quello delle liste Civiche (molti sindaci entrati a palazzo nelle ultime amministrative arrivano da lì, ndr) sono un tema ciclico – ha scandito - Possono essere utili a livello comunale». E poi l’affondo: «Non basta amministrare bene. Governare il Trentino senza avere in testa scelte politiche chiare è una presa in giro». E ancora, più che rivolto a Daldoss non sapremmo destinato a chi: «Non chiarire le proprie posizioni è pericoloso». Per il “tecnico” le priorità per il Trentino dei prossimi anni saranno «la valorizzazione del fattore umano e del merito, la coesione sociale, la sostenibilità ambientale, il favorire l’impresa privata facendo fare al pubblico un passo indietro. La Provincia, l’aggregazione dei Comuni e i cittadini - ha continuato Daldoss - dovranno essere i 3 grandi pilastri di riferimento per il futuro. E la Provincia sarà chiamata a scelte di partecipazione, ad un accordo sociale, una vera e propria sfida strategica per ridurre il gap tra la cosiddetta “casta” e i cittadini. Un processo in cui l’Autonomia si dovrà riversare sui territori responsabilizzandone le scelte». «Programmazione, qualità di vita e dei servizi, individuazione di aree di particolare attrattività (non bastano il Muse e il Mart), un Autonomia che liberi energie produttive e sia chiara nel rapporto centro-periferia», sono invece le priorità per Zeni. Mormorio in sala, invece, quando Daldoss ha commentato che «i dipendenti provinciali hanno, mediamente, intorno ai cinquant’anni». Troppi, è parso di capire. «Ci vogliono i trentenni».
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