«Non si può prima tollerare la diversità di posizioni in campagna elettorale e chiedere dopo provvedimenti disciplinari. Le regole non possono avere effetto retroattivo. Ma certo, per quanto mi riguarda, per il futuro il Pd deve darsi regole più chiare e impegnative».
C. Bert, "Trentino", 28 dicembre 2016
Il senatore Giorgio Tonini non condivide la mossa di tre esponenti del partito (Paolo Mirandola, Giancarlo Gallerani e Anna Pironi) che hanno segnalato alla commissione di garanzia i quattro dissidenti che al referendum costituzionale si sono espressi per il no (Bruno Dorigatti, Violetta Plotegher, Fabiano Lorandi e Vanni Scalfi). «La questione è politica, non disciplinare», sostiene Tonini, «sono contrario in casi come questi a ricorrere ai garanti. Ma è indubbio - aggiunge - che il Pd deve interrogarsi. Io sono per la libertà di idee, ma nel voto ritengo che in un partito serva compattezza. Il voto a un referendum ha sempre un certo grado di trasversalità, ma nel caso del referendum costituzionale non si parlava di una questione specifica, di settore. In gioco c’era un’idea di democrazia, ed è difficile stare nello stesso partito se su una questione dirimente come la Costituzione si hanno idee così diverse, chi sostiene che una riforma rafforza la democrazia e dall’altra chi pensa che sia un pericolo per la democrazia stessa».
Per Tonini il tema non può essere oggetto di ricorso alle commissioni di garanzia ma «deve essere oggetto di discussione, non di rimozione». E a questo proposito ammette di essere «abbastanza preoccupato per il futuro del Pd»: «Sono d’accordo con quanto ha dichiarato il mio capogruppo Zanda, abbiamo perso il referendum e su questo dobbiamo interrogarci. Detto questo le battaglie si possono perdere ma non significa che fossero sbagliate. Io penso che chi ha votato no al referendum non ha fatto il bene della nostra democrazia. Il fronte del no nel Pd è stato circoscritto, ma ha creato un certo sconcerto nella nostra base ed è di questo che occorre discutere al nostro interno». Una posizione, quella di Tonini, molto vicina a quella espressa dal segretario Dem Italo Gilmozzi. Che da subito, di fronte alla richiesta di provvedimenti disciplinari, aveva opposto uno stop: «Non è questa la strada da percorrere». Intanto Dorigatti, finito sul banco degli accusati, reagisce: «Quando un partito si richiama alla disciplina verso chi ha una posizione diversa, sta perdendo i suoi valori».