Solo la coalizione come progetto politico può dispiegare nuove energie e delineare nuove strategie, utili ad affrontare in forma comunitaria un futuro che sappiamo difficile, ma che dobbiamo e vogliamo interpretare, governare e gestire.
Trento, 20 dicembre 2016
MAESTRI (Partito Democratico del Trentino): Grazie, Presidente. I tempi che stiamo vivendo ci consigliano più di un elemento di riflessione, che non attiene solo al territorio trentino e alle sue dinamiche, ma al più ampio contesto nazionale e internazionale nel quale siamo inseriti.
Il primo elemento di riflessione a cui sto facendo riferimento ha a che fare con un termine autorevolmente evocato in quest’Aula: “precarietà”. Basta aprire i quotidiani di oggi per leggere dei fatti di Berlino di Ankara, di Zurigo, di Aleppo; e per capire come il terrorismo dilagante, sul quale ciascuno di noi esprime la più vasta condanna, possa, esso solo, creare sentimenti di precarietà. Non solo nelle zone colpite dagli atti terroristici, non solo dove la guerra impera, ma anche nel ben più mite e tranquillo Trentino.
Le notizie del quadro politico nazionale e internazionale entrano in ciascuno di noi e questa precarietà ha a che fare con il senso stesso della nostra esistenza e del nostro sentirci sicuri. Dove per essere sicuri si intende essere capaci di immaginarsi un domani, nemmeno tanto lontano dall’oggi, fatto di prospettiva e di crescita della propria condizione umana, personale ed economica.
Il secondo tema legato al concetto di precarietà è sicuramente declinato dentro il grande contesto dei mutamenti sociali ed economici che stiamo vivendo in questi anni. La punta dell'iceberg è la precarietà giovanile, ma non dimentichiamoci - ne abbiamo avuto un esempio - dei cinquantenni espulsi dal mercato del lavoro e della loro difficile ricollocazione. Precarietà come dato esistenziale, precarietà come dato di vita.
Allora la politica deve interrogarsi: la cavalchiamo, questa precarietà, o, più correttamente, cerchiamo di prenderla su di noi e di darle risposte? Io credo che il compito della politica sia prendere su di sé anche le condizioni di precarietà e provare a dare ad essa risposte anche - parlando a livello nazionale - rivedendo alcuni provvedimenti che forse la precarietà l'hanno incoraggiata.
Il secondo elemento di riflessione che ci consegnano questi giorni è legato a quello che una volta un grande politologo, politico, filosofo, definiva uno “spettro che si aggira per l'Europa”, e che ora è uno spettro che si aggira per il mondo: il populismo. Trump negli USA, la Brexit in Gran Bretagna, Orban in Ungheria, Le Pen in Francia. Il populismo: una categoria di pensiero e azione che vive le istituzioni come fumo negli occhi, che si rinchiude nelle piccole patrie, che mira a disintegrare, al posto di integrare, demolire al posto di costruire, cambiare la grammatica della civile convivenza, minare le conquiste e le fondamenta della democrazia rappresentativa.
Il populismo è una categoria di pensiero e azione che assume il popolo quale categoria superiore, quasi che questo popolo fosse un organismo indifferenziato. L'abbiamo appena sentito dire: “Lo dicono fuori di qui”, quasi che, se lo dicono fuori di qui, sia in assoluto la verità. Un popolo quasi fosse un organismo indifferenziato nelle opinioni, negli interessi, nelle visioni del mondo, nelle stratificazioni sociali.
Certo, il populismo ha trovato terreno fecondo. Molto fecondo nella crisi dei partiti politici, nella crisi della rappresentanza, nella incapacità dei partiti politici di mettere al centro una riflessione collettiva capace di costruire una visione di lungo percorso a seguito della caduta delle ideologie.
Possiamo dire, Presidente Rossi e Presidente Dorigatti, che il populismo ha attecchito in Trentino? Possiamo dire di esserne indenni? Il populismo non ha ancora attecchito in Trentino - o solo debolmente - per diversi ordini di ragioni. La sostanziale tenuta di un arco di valori condivisi, di un senso di comunità alimentato da un diffuso e sostanzioso senso di appartenenza; la capacità di dialogo tra il decisore politico e i corpi intermedi: corpi intermedi in grado di sapersi misurare con vincoli, compatibilità e urgenza delle decisioni; corpi intermedi che ottemperano al loro preziosissimo servizio a sostegno dei lavoratori e delle imprese.
Il Trentino ha ancora un senso di comunità, non semplice sommatoria di individui portatori, uno a uno, di interessi o di problemi contrapposti e difficilmente conciliabili; e poi l'azione di un governo, di un buon governo, che è il dispiegarsi del programma di legislatura, sul quale questo governo ha ricevuto il consenso e la fiducia delle cittadine e dei cittadini.
L'azione di governo è dispiegata nelle pagine di questa manovra finanziaria, le cui finalità - crescita del sistema economico, competitività, elevati livelli di coesione sociale, creazione di futuro consolidando la dimensione familiare, sostegno alla domanda pubblica di investimenti, competitività delle zone montane, promozione della dimensione internazionale del Trentino - sono contenute nel DEFP e discendono, come dicevo, non dalla pensata di qualche giorno, ma da un programma di legislatura condiviso.
Io non ritengo necessario analizzare strumenti e azioni contenuti nel DEFP. Vorrei però sottolineare, da amministratrice di un ente locale quale sono stata, che sono stata abituata a fare i conti con risorse calanti e a esercitare quell'azione di governo che dà voce alle priorità. Certamente le priorità mettono in cima alcune cose e ne mettono in fondo altre. Siamo costretti a scegliere.
D'altra parte, scegliere è governare e in questo concordo pienamente con il Presidente Rossi. Però se le priorità della scienza sono “crescita del sistema economico, elevati livelli di coesione sociale, futuro attraverso il potenziamento della dimensione familiare, competitività delle zone montane, domanda pubblica di investimenti”, io dico che queste sono ottime priorità.
Certamente qualche défaillance c'è stata. Giustappunto qualche consigliere l'ha sottolineato, ma avremo modo, nell'assestamento di bilancio, di riparare a ciò che non è stato fatto ora.
Però è anche necessario sottolineare una cosa: strumenti e azioni che sono contenuti in questa manovra sono stati resi possibili da un'azione di questo governo e di questa maggioranza, in alleanza forte con i nostri parlamentari a Roma, affinché ci fosse garantita la robustezza del patto di garanzia, il pieno utilizzo delle risorse finanziarie del fondo pluriennale vincolato e la possibilità di utilizzo degli avanzi di amministrazione per importi rilevanti da qui al 2030.
Si può essere d'accordo o meno su una manovra di bilancio, è legittimo. Si possono formulare miglioramenti di impianto, formulare proposte costruttive, come so essere avvenuto anche da parte di certa minoranza; poiché la minoranza, lo vedremo anche dopo, è molto articolata, al suo interno. Ma ritengo veramente esiziale dipingere il Trentino, come ho sentito dire anche in maniera piuttosto convinta da una parte della minoranza, come se fosse il vecchio Bronx.
Ebbene, non ci stiamo, e lo dobbiamo non solo all'azione di governo che stiamo esercitando, ma alle cittadine e ai cittadini che vivono in questa terra. In questa terra non solo si vive bene, ma si vive al di sopra della media nazionale. Non a caso siamo invidiati dalle regioni a statuto ordinario, con tutto ciò che ne consegue.
Non è una terra decadente, senza respiro e senza futuro. Non lo è, cari consiglieri della minoranza. Non è questa, forse, una forma di populismo? Non è populismo declinare il Trentino come se fosse il vecchio Bronx, come territorio decadente? Un populismo che scava nel disagio che c'è - perché sappiamo che c'è - che solletica la pancia delle persone, che nulla propone, se non uno stanco rito di cose già dette.
La coesione sociale e la coesione territoriale dovrebbero essere per noi, per ciascuno di noi, una responsabilità condivisa. Legame sociale, fiducia tra individui e degli individui verso le istituzioni, sono il DNA del Trentino, che non possiamo bruciare sull'altare di una bieca competizione politica. Dobbiamo essere responsabili, perché la precarietà alberga anche qui dentro. Precarietà di pensiero.
Caro consigliere Cia, sono inaccettabili le sue parole in quest'Aula, le accuse che lei ha fatto e che non voglio ripetere perché amo il Trentino. La prego solo di esercitare la sua facoltà di cittadino autorevole e, possedendone le prove, di aprire le porte della Procura, e agire lì la verità. Quest'Aula non è un tribunale, ma una sede istituzionale, dove si discute in maniera trasparente di ciò che si ha in mano. Se si ha in mano qualche cosa di più, si va dal procuratore e al procuratore si racconta e si mette fuori la faccia; non si dice “me l'hanno detto al bar”, perché questo non è un bar. Questo è il Parlamento dell'Autonomia. Un consigliere provinciale ha il dovere di distinguere le chiacchiere da bar dalla sede istituzionale nella quale le riporta, perché non sempre “vox populi, vox dei”, e la politica è nata anche per mediare la vox populi rispetto alle ragioni delle istituzioni.
La politica è un atto di coerenza e un atto di coraggio. È stato un atto di coerenza e un atto di coraggio quando tutti insieme, sotto il dileggio di qualcuno di quest'Aula, siamo andati al Brennero il 20 febbraio. Una manifestazione, insieme all'Alto Adige, all'albore di quello che poteva essere costituito come nuovo confine dell'Europa.
Grazie anche a quell'iniziativa del 20 febbraio si è dispiegata una capacità molto forte di questa istituzione, insieme all'Alto Adige, di interlocuzione diplomatica con l'Austria e di interlocuzione diplomatica tra Roma e Vienna.
La politica è un atto di coerenza e un atto di coraggio anche nella gestione del problema dei profughi. Difficile gestione, fra accoglienza e respingimenti, tra il farsi carico dell'integrazione senza gridare ogni volta “al lupo, al lupo”.
La politica è un atto di coerenza e un atto di coraggio anche quando ha accettato di armonizzare la nostra già potente struttura scolastica con ciò che avveniva a livello nazionale, facendo qui dentro un lavoro molto ponderato e lungimirante, anche con la collaborazione delle minoranze, salvaguardando la nostra autonomia e la nostra qualità scolastica.
La politica è atto di coerenza e atto di coraggio anche quando ci siamo schierati per il sì al referendum. Un “sì” che sappiamo la fine che ha fatto, travolto forse non tanto dalle ragioni di contenuto quanto, piuttosto, da un'estrema politicizzazione del momento.
Dalla proposta di istituto d'intesa, io credo che dovremo ripartire; avendo l'intesa come orizzonte, sapendo però che c'è una certa caducità della legislatura vigente - intendo quella nazionale - e questa caducità può non rendere sereni, né noi né Bolzano, nella trattativa con il Governo sul tema della riforma dello Statuto.
Trovo bizzarro che qualche componente della Consulta, che siede anche in questo Consiglio, offra al dibattito pubblico la riflessione sull'importanza se mantenere o non mantenere in vita la Consulta stessa. È una riflessione giusta, legittima, che però va esplicitata qua dentro. Perché è questo consesso che con una legge ha istituito la Consulta.
Io non ho mai ritenuto la Consulta una pista sovraordinata. Certamente è un luogo di elaborazione di contenuti importanti, interagenti tra diversi attori della società civile, ma non è il luogo della produzione di un articolato giuridico o di una posizione politica definita. Sappiamo che i luoghi sono i due Consigli provinciali e il Consiglio regionale.
Le finalità della Consulta, peraltro, in quella legge che noi abbiamo votato non ci portano all'elaborazione dell'articolato, dicono altro. È solo questo il luogo che può dire alla Consulta “fermati, perché non ci sono più le condizioni”, e non qualche intervista sul giornale, o qualche frase su Facebook, che massacrano ancora una volta i luoghi della partecipazione politica. Sta alla politica valutare le condizioni politico-istituzionali di percorribilità della strada della riforma statutaria.
Presidente Rossi e Presidente Dorigatti, l'anno prossimo noi avremo a che fare con un anno importante, come peraltro sono stati importanti tutti gli anni di questa legislatura. Non credo che ci sia un anno più importante e un anno meno importante: chi assume su di sé la responsabilità di governo sente ogni giorno, ogni minuto, la responsabilità fino in fondo, come se quel minuto fosse il primo e come se quel minuto fosse l’ultimo. Ma è chiaro che il 2017 ci consegna alcuni compiti e qui è evidente che la riflessione vale soprattutto per la coalizione alla quale appartengo.
Noi credo si debba proseguire nel fare leva su un'autonomia, la nostra, che sa tenere i piedi saldi per terra, che sa tenere il radicamento dei valori molto forte, molto vicino, ma che deve essere capace anche di uno scatto in più, usando i nostri strumenti per essere laboratorio di politiche utili al Trentino e all’Italia; uno scatto in più per essere aperti alla competizione, alla competitività e all'esterno. Abbiamo risorse umane e intellettuali veramente importanti, che possiamo mettere a disposizione di un grande laboratorio politico, che si chiama Autonomia.
Dobbiamo far crescere la cultura politica per riempire di ulteriori contenuti non solo la nostra azione di governo, ma anche la cornice valoriale e prospettica con la quale la coalizione di centro-sinistra si candiderà alle elezioni del 2018. Dobbiamo, soprattutto, riportare la concezione della coalizione come progetto e non come strumento. Solo la coalizione come progetto può dispiegare nuove energie e delineare nuove strategie, utili ad affrontare in forma comunitaria - sottolineo comunitaria - un futuro che sappiamo difficile, ma un futuro che vogliamo interpretare, governare e gestire.
Aristotele diceva che il compito della politica è soprattutto creare amicizia tra cittadini, cioè creare legame sociale. La virtù politica è proprio di coloro che amano stare con le altre persone e non sopra, non accanto. Che questa continui ad essere la cifra del nostro agire. Buon lavoro.