Un intervento «di alto livello», incentrato su un’analisi «estremamente importante della nostra società, nella fase storica attuale». Pronunciato da una persona che rappresenta sì un’autorità religiosa, ma che è stata «pienamente rispettosa dell’Aula». Per Bruno Dorigatti, presidente del consiglio provinciale, l’arcivescovo Lauro Tisi ha dimostrato nella sua visita di essere un individuo «di grande saggezza».S. Voltolini, "Corriere del Trentino", 18 dicembre 2016
Il suo richiamo alla politica, colto e umile («Non abbandonate giovani, stranieri, ultimi» ha detto citando Arendt, Bauman, Levinas), ha finito per piacere di più alle sensibilità «di sinistra» e «moderate» dell’emiciclo. Meno a coloro che ad esempio non hanno gradito il passaggio sull’immigrazione. «Ho trovato fuori luogo mettere sullo stesso piano i problemi dei migranti e quelli dei giovani trentini senza lavoro» afferma Maurizio Fugatti (Lega nord Trentino).
Dorigatti
Il presidente mostra di aver apprezzato le parole di Tisi, che a sua volta era stato invitato in Consiglio dall’ufficio di presidenza, per iniziativa soprattutto di Walter Viola. Il vescovo, vestito sobriamente, nel suo stile, quasi come un prete «comune», ha invitato la politica a una riflessione a cui anche la Chiesa, ha aggiunto, non deve sottrarsi. «Il vero patrimonio — ha detto — sono le persone. E i giovani la grande questione sociale». L’arcivescovo citando quattro pensatori, Mumford, Arendt, Bauman e Levinas ha attaccato la precarietà, processo che mina non solo il lavoro e le relazioni ma anche «la nostra umanità». Ha parlato di «senso del limite» e di «convivialità delle differenze», dicendo che «la questione sociale si intreccia con il tema delle migrazioni».
«È stata chiara a tutti — n ota Dorigatti — la straordinarietà della presenza del vescovo dentro il consiglio. Tisi ha dato un messaggio forte alla politica, attorno alle diseguaglianze, ai giovani. Ha comunicato la necessità di una comunanza di impegni, sui problemi della povertà, delle migrazioni che a mio avviso sono le sfide odierne».
Il presidente dell’Aula, che proviene dalla sinistra laica, non ha avuto imbarazzi. «Io dico, libera Chiesa in libero Stato. Tisi non ha quasi indossato nessun segno religioso ed è stato molto rispettoso dell’Aula. La politica, in una crisi di valori come questa, ha bisogno di tutti gli apporti e di tutte le sensibilità».
Cia e Viola
Il consigliere di Progetto Trentino e del centrodestra, di sensibilità cattolica, plaude alla visita. «Un richiamo alla responsabilità comune, misurato sulla realtà che abbiamo davanti» nota Viola che aveva mosso l’invito assieme a Dorigatti. «Siamo in una crisi che è anche un’opportunità e serve ridare fiducia. Il messaggio di Tisi va in questa direzione».
Giudizio condiviso da Cia, leader di Agire, all’opposizione, talvolta severo sul tema dell’immigrazione. «È stato un intervento d’impatto e di rimprovero alla politica. Quando il vescovo ha detto che tornare in mezzo alla gente, stare tra chi è in difficoltà, entrare nelle case, è un messaggio fortissimo. Condivido e ringrazio».
La Lega
Fugatti non ha timore di manifestare una contrarietà rispetto alla diocesi. Nominato da papa Francesco, Tisi ha impresso una svolta nello stile e nei contenuti del messaggio evangelico, mettendo in discussione anche la propria istituzione, a favore di una pastorale rivolta innanzitutto «agli umili». «Mi è piaciuto il passaggio sulla precarietà e sulle difficoltà delle persone. Dopodiché, ho trovato fuori luogo mettere sullo stesso piano il problema dei migranti e quello dei giovani trentini senza lavoro. Il resto del messaggio, specie, sulle disuguaglianze, è condiviso».
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Alle 14.30, qualche consigliere deve ancora arrivare in aula. Lui, Lauro Tisi, è già seduto da un po’ all’interno dell’emiciclo. La storia è bizzarra: spetta all’ex segretario generale della Cgil ricevere per la prima volta un arcivescovo in consiglio provinciale. Bruno Dorigatti non vuole scivolare sull’etichetta e lo saluta, in qualità di presidente dell’aula, come «eccellenza reverendissima». L’arcivescovo Lauro, come lui preferisce definirsi, gli siede a fianco, vestito come un comune prelato. Quando comincia a parlare, gli ultimi ritardatari stanno entrando in aula. Quattro i pensatori citati: Mumford, Arendt, Bauman e Levinas. Nessun dottore della Chiesa, nessun santo. «Il discorso più di sinistra sentito in quest’aula da anni» commenterà al termine un consigliere di maggioranza. «Cosa c’era di cattolico? Pareva l’assessore alle politiche sociali» osserverà critico un noto esponente del centrodestra.
In realtà, il breve discorso dell’arcivescovo Tisi è stato quello di un’autorità religiosa chiamata a riflettere della comunità di cui fa parte all’interno di un’istituzione laica: né una lezione di teologia, né un manifesto politico. Rivolto ai consiglieri «eletti dal popolo», Tisi ha fatto una cosa molto semplice, li ha invitati a spostare l’attenzione dalle cose, alle persone, al popolo appunto. «Le suggestive Dolomiti, sono classificate “Patrimonio dell’umanità”. Se lo sono le montagne, mi vien da dire, non lo sono forse molto di più le donne e gli uomini della terra trentina, quelli di ieri e quelli di oggi?». Persone che vivono nella società contemporanea una precarietà che non è più solo condizione lavorativa. «La precarietà — ha osservato — è ormai estesa all’ambito relazionale e sociale. Ai fondamenti, cioè, della nostra umanità». Di qui l’idea di prendere la precarietà «come provocazione»: «Ripensare il nostro vocabolario e la nostra agenda. Troppo spesso a dominarli sono parole che evocano strategie economiche, pianificazioni finanziarie, trionfo dell’operatività. Il mio invito è a tornare all’”abc” della nostra storia. Ben prima di noi il Trentino ha saputo trarre dalla precarietà uno scossone salutare». Di qui «l’elogio del limite», «quand’esso si traduce nella percezione che da soli non ce la possiamo fare». Il primo investimento, dunque, va rivolto alle «risorse umane». «Come diceva Arendt, occorre “ripensare una nuova politica, dove la partecipazione attiva e la responsabilità dei cittadini è considerata un bene e non un pericolo”». Partecipazione ancora più necessaria per una comunità che sta vivendo «la “convivialità delle differenze”».
«La questione sociale — ha ricordato Tisi ai consiglieri — si intreccia oggi con il tema delle migrazioni. Anche nel nostro Trentino non si rapportano tra loro solo culture e religioni, ma persone concrete, chiamate a confrontarsi e dialogare». Ultima, ma non per importanza, quella che l’arcivescovo ha definito «la nuova grande questione sociale»: i giovani. «La questione, cioè, di coloro che hanno meno di 35 anni e sono sempre più costretti a una marginalità vistosa, che si traduce nell’impossibilità di esercitare concretamente tutta quella forza e tutta quella novità che loro spetta. Nonostante ogni illusione, la titolarità della giovinezza non è cedibile. L’averlo dimenticato è un grave segno di miopia da parte di una generazione adulta, concentrata spesso a salvaguardare se stessa, tanto da procedere a una vera e propria messa fuori gioco e fuori campo dei giovani». Eppure, «il futuro della nostra autonomia passa dai giovani». Avviandosi alla conclusione, Tisi è tornato sul filo conduttore del suo discorso. «La disuguaglianza, titolava due giorni fa un quotidiano nazionale (Corriere della Sera, mercoledì, ndr), non aspetta la politica. Serve un’agenda del buonsenso e ci vuole solo la volontà di tradurla in fatti». Per ragionare in termini di noi, «come scrive Levinas, serve vedere nell’altro “un volto da scoprire, contemplare, accarezzare”». Walter Viola, il primo ad aver suggerito l’incontro, seduto a lato prende appunti.
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