Oggi il giornale l’Adige riporta brevi stralci della lunga ed approfondita relazione del Garante dei detenuti nazionale. dott. Mauro Palma, redatta a seguito delle due visite ispettive a Trento svolte ad inizio estate (qui il testo completo scaricabile dal sito del garante nazionale). Come presidente della Prima Commissione legislativa avevo invitato la prima volta il dottor Palma a Trento nel maggio di quest’anno, affinché si esprimesse sulla necessità o meno di istituire la figura del garante dei detenuti anche nella nostra provincia.Mattia Civico, 16 dicembre 2016
La rappresentazione che emerge dalla sua relazione è agghiacciante.
Il garante nazionale, nella parte dedicata al carcere di Trento (da pagina 52 a pagina 66 del suo documento) riporta di aver raccolto le dichiarazioni di detenuti secondo le quali avrebbero subito percosse. Individua, su segnalazioni diverse e convergenti, la cella dove sarebbero avvenute queste percosse. Riporta di tracce di colore scuro sul muro dicendo che il personale presente lo avrebbe riferito a atti di autolesionismo (e se così fosse sarebbe comunque un dato impressionante e a fronte del quale ci dovrebbero essere i relativi riscontri). Riporta la presenza di ratti a segnalare una situazione igienica piuttosto precaria. Riporta di un clima interno che vedrebbe nell’empatia e nella promozione delle risorse dei detenuti più un problema che una risorsa. Riporta infine una preoccupante distanza nei dati tra personale necessario e personale effettivamente in organico (da 214 ad effettivi 116, di cui solo 92 per coprire i turni… più di cento operatori in meno!!!)
Vi è l’urgenza di fare massima chiarezza su quanto denunciato.
Perché sarebbe inaccettabile per una struttura, una istituzione, che ha come compito primario la rieducazione e il recupero alla piena dignità e legalità dei detenuti, tollerare tali sistemi e trattamenti. Lo chiedo per i detenuti ma anche per gli operatori che quotidianamente varcano i cancelli positivamente motivati.
Spetta ad altri poteri l’accertamento della verità circa queste denunce ed altri hanno certamente il compito di dare seguito alle molte raccomandazioni contenute nel rapporto.
Ma le responsabilità non sono solo sempre di altri. Anche la Provincia e il Consiglio Provinciale ha le proprie. Se se le vuole assumere.
La nostra provincia ha investito ingenti risorse per garantire spazi vivibili e dignitosi per detenuti e operatori della giustizia. Il nuovo carcere è costato più di 120 milioni di euro. Non può essere quel contenitore il luogo della negazione della dignità e dei fondamentali diritti. La questione non è di competenza esclusiva dello Stato. Ci riguarda come istituzioni e come cittadini. Dobbiamo investire maggiormente in progetti riabilitativi. Dobbiamo costruire maggiore alleanza tra carcere e territorio. Dobbiamo dotarci di strumenti di garanzia affinché non possano mai esservi dubbi come quelli sollevati dal garante nazionale.
Abbiamo il dovere di accompagnare quotidianamente la comunità carceraria nella costruzione fedele di prospettive di umanizzazione. Dobbiamo assumerci la responsabilità di superare la logica dell’Istituzione Totale, dove chi è fuori non è a conoscenza e dunque non è responsabile di ciò che accade dentro. Questo presupposto è sempre anticipatore di dinamiche violente e di oppressione. Dobbiamo partire dalla convinzione profonda che ogni persona, anche quella che ha sbagliato (o che è in attesa di accertamenti), conserva intatto il diritto ad essere trattato con dignità e umanità. Fuori da questo schema non vi è recupero ma recidiva. E dunque, dico sommessamente tra l’altro, conviene proprio a tutta la comunità investire nell’umanità di queste persone.
La politica ha spero a brevissimo un appuntamento rispetto al quale può chiarire la propria posizione. Guardare in faccia i problemi, affrontarli insieme quotidianamente con ulteriori strumenti di garanzia e di accompagnamento mettendo chi lavora in carcere di lavorarci nelle condizioni ottimali, o nascondere la testa sotto la sabbia, alzare le spalle e aspettare che altri risolvano le criticità.
Forse dopo otto anni di dibattito e di veti incrociati, di atteggiamenti pilateschi, sulla figura del garante è venuto il tempo di prendere chiara posizione.
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