Prendere atto che la legislatura è finita, si voterà appena fatta la nuova legge elettorale. Se le opposizioni si chiamano fuori, come Forza Italia ieri ha confermato a Mattarella, non resta che un governo a guida Pd e se sarà Paolo Gentiloni il premier incaricato «l’affinità politica con Renzi è del tutto evidente». Infine, il Pd deve andare a congresso e la leadership di Renzi ne uscirà rafforzata. Sono le riflessioni che il senatore Giorgio Tonini, renziano, ha affidato ieri in un’intervista al Corriere della Sera.
C. Bert, "Trentino", 11 dicembre 2016
Per Tonini serve un presidente del consiglio con un’autorevolezza sufficiente e Gentiloni, quale ministro degli esteri, lo è. Il mandato del nuovo governo, secondo il senatore, dovrà comunque essere «circoscritto alla legge elettorale»: «Bisogna prendere atto che la legislatura è politicamente finita», ha detto confermando quanto dichiarato al Trentino nei giorni scorsi, «si tratta di accompagnarla in modo ordinato alla conclusione e a un sistema di voto che consenta il massimo possibile di governabilità». In attesa che Mattarella nelle prossime ore decida, le acque restano più che agitate nel Pd e anche nel Pd trentino. Le ultime indiscrezioni dicono che all’assemblea nazionale di domenica prossima Renzi intende annunciare il congresso del partito a marzo, congresso che dovrà decidere non solo la nuova leadership del Pd ma anche il candidato premier alle prossime elezioni.
E in Trentino? I Dem sono usciti da pochi mesi da un congresso che si è tenuto (con le primarie) a fine maggio e ha visto la vittoria di Italo Gilmozzi sostenuto da un’ampia maggioranza del partito e da quasi tutti i suoi notabili: il mandato, da statuto, è di quattro anni. Ma a questo punto però è probabile che a cascata, insieme al congresso nazionale, si tengano anche i congressi locali. Al momento non ci sono certezze, ma lo stesso Tonini propende per questa ipotesi. Il segretario Gilmozzi ha già sondato il terreno e ora attende l’assemblea del 18 dicembre per capire qualcosa in più su cosa accadrà. Il presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti lo dà per scontato e ha già dichiarato, in un’intervista post-referendum al Trentino, che a suo avviso il congresso «dovrà riguardare anche il Trentino, per aprire un confronto sulla linea politica».
La vittoria del no al referendum non poteva essere del resto senza conseguenze sul partito di maggioranza relativa, visto che la dirigenza del partito, a partire dal segretario, aveva messo il sì alla riforma costituzionale al primo punto della mozione congressuale. Tanto che all’indomani del voto la presidente del partito Donata Borgonovo Re ha offerto le proprie dimissioni (respinte dal coordinamento). «Non ho assolutamente intenzione di dimettermi», ha detto invece Gilmozzi. Nei prossimi giorni sarà convocata l’assemblea provinciale e lì si capirà l’atteggiamento della minoranza interna che al congresso di maggio aveva sostenuto Elisabetta Bozzarelli alla segreteria. «Non serve che il segretario si dimetta, ma un’autocritica seria e una nuova gestione», è la richiesta avanzata finora da alcuni esponenti come l’ex segretario di Rovereto Fabiano Lorandi, promotore dell’appello per il no al referendum insieme all’assessora regionale Violetta Plotegher. Ma in un quadro tutto in movimento, dove ancora non si sa quando si tornerà a votare e con che legge elettorale, l’ipotesi di un nuovo congresso del Pd oggi appare meno remota.